Non c’è truffa senza inganno, e infatti l’accusa è caduta
Torniamo a qualche mese fa, al giugno del 2021. Quando il giudice Amos Pagnamenta condannava a quattro anni un imprenditore italiano sessantenne e a tre anni e quattro mesi un compatriota dentista di 46 anni per aver messo in piedi quattro, rispettivamente tre, truffe legate ai prestiti Covid nel 2020, incassando a vario titolo impropriamente 1,5 milioni di franchi. Per entrambi era stata ordinata l’espulsione. Torniamo poi allo scorso dicembre, quando la Corte d’appello e revisione penale (CARP) ha comunicato di aver ridotto le pene ai due, prosciogliendoli anche da due ipotesi di truffa in correità: Tre anni e sei mesi all’imprenditore, due anni e sei mesi (quindici mesi sospesi) e la revoca dell’espulsione al dentista.
Torniamoci perché, di recente, sono giunte le motivazioni della sentenza della CARP, che contengono una decisione per certi versi sorprendente, quantomeno nell’ambito dei reati Covid: per una delle quattro presunte truffe i due sono stati infatti assolti non perché non avessero incassato impropriamente il denaro (tant’è che sono stati puniti per aver fatto carte false per ottenerlo), bensì perché la banca (in questo caso Credit Suisse) non ha fatto alcun controllo. In altre parole: le carte false erano palesemente false, ma nessuno si è dato la briga di verificarle in alcun modo. Prodigandosi, anzi, a versare mezzo milione di franchi di prestiti ai due.
Il campo da gioco
E veniamo al motivo per cui definiamo sorprendente la decisione. Quell’estate 2020, scrive la CARP, «era del tutto eccezionale». «La priorità assoluta delle autorità era quella di erogare i prestiti garantiti dalla Confederazione al più presto possibile, in regime d’urgenza (di regola il giorno stesso della domanda) e senza alcuna formalità, al fine di permettere alle imprese di far fronte ai problemi di liquidità causati dalla chiusura forzata e dal calo repentino (e quasi totale) della domanda. Pretendere dalla banca anche solo un controllo ridotto avrebbe significato pregiudicare l’obiettivo di rapidità voluto dal Consiglio federale».
«Nulla (ma proprio nulla!)»
Come si può quindi incolpare la banca di non aver fatto i dovuti controlli? Perché a maggio 2020 c’era stato un lieve cambiamento. La SECO aveva diramato le direttive attuative del piano anti abusi del Consiglio federale, che prevedevano fra l’altro - in caso di prestiti concessi a nuovi clienti - l’obbligo per la banca di identificare il cliente. E quando i due hanno tentato di ottenere il prestito era giugno, e il dentista (a cui faceva capo la società utilizzata) per Credit Suisse era un nuovo cliente. Ciononostante sei giorni dopo aver aperto un conto, aveva ricevuto prestiti Covid per mezzo milione. Inoltre, nota la CARP, lo scopo sociale della società del dentista come risulta dal registro di commercio «non ha nulla (ma proprio nulla!) a che vedere con l’attività che il dentista aveva indicato al momento dell’apertura del conto: un’incongruenza macroscopica e significativa che, da sola, avrebbe imposto alla banca dei chiarimenti prima di aprire il conto e, a maggior, ragione, prima di concedere il credito Covid».
«Invece - continua la CARP - Credit Suisse ha chiuso gli occhi su queste evidenti incongruenze mancando clamorosamente agli obblighi - peraltro poco più che elementari - che gli erano imposti dalla legislazione citata. Con il che, in concreto, a causa della negligenza della banca difetta il requisito oggettivo dell’inganno astuto». Requisito necessario affinché sia dato il reato di truffa.
Una prima?
A nostra conoscenza potrebbe essere la prima volta che un Tribunale esclude l’esistenza dell’inganno astuto in ambito di truffe Covid, dunque la sentenza potrebbe fare giurisprudenza. L’argomento era stato sollevato dall’avvocato Costantino Castelli - difensore del dentista - già di fronte al giudice Pagnamenta, che però l’aveva respinto, diversamente da quanto fatto dalla CARP. Lo stesso argomento è stato peraltro portato da Castelli anche per l’altra truffa per cui i due sono stati prosciolti, ma non è stato all’origine della loro assoluzione. La CARP ha infatti sottolineato che, in quell’altro caso, la truffa era avvenuta ad aprile, quando il piano anti abusi non c’era ancora, e il dentista era già cliente della banca. Il proscioglimento è stato dovuto ad altro: il dentista ha restituito i soldi ricevuti indebitamente.