La testimonianza

«Non possiamo lasciare la Vallemaggia isolata in questo modo»

Così Germano Mattei (MontagnaViva): «La speranza è di avere una soluzione provvisoria nel giro di una settimana»
© Germano Mattei
Federica Serrao
01.07.2024 16:23

A Visletto, sul ponte pedonale, vicino a ciò che rimane di quello crollato sotto la forza delle intemperie, c'è un via vai di gente. «Ci sono diverse persone che stanno abbandonando la valle a piedi», ci spiega Germano Mattei al telefono. «Dall'altra parte ci sono autobus e macchine private che li aspettano. C'è tanta gente, ma è tutto ben organizzato. Bisogna fare i complimenti a tutte le autorità coinvolte, dai pompieri alla polizia, perché hanno fatto un lavoro ottimo e puntuale», confessa il fondatore di MontagnaViva, che riusciamo a contattare proprio mentre si trova a Visletto. L'unico punto in cui, al momento, la linea telefonica sembra funzionare abbastanza bene per poter interagire con il mondo esterno. Anche se la comunicazione, spesso, si interrompe improvvisamente. 

A più di 24 ore dal maltempo che si è scagliato sulla regione, l'Alta Vallemaggia è ancora isolata. In alcune località, mancano ancora elettricità e acqua. A Cavergno, per consumarla, bisogna necessariamente farla bollire per almeno cinque minuti.

«Siamo un po' tagliati fuori dal resto del mondo. Per telefonare dobbiamo venire qui a Visletto, altrimenti non abbiamo altri mezzi per comunicare con l'esterno. Ora, però, ci sono gli operai della Swisscom che stanno lavorando per ripristinare la linea telefonica. La speranza è che entro sera si riesca a ristabilirla, insieme a internet», ci dice Mattei. Visletto, dunque, nelle ultime ore, è l'unico «posto sicuro» per rassicurare chi si trova fuori dalla valle. «Ci sono molte persone che vengono qui solo per contattare le proprie famiglie. C'è ancora preoccupazione. Io stesso, ieri, non riuscivo a comunicare con i miei figli che si trovano all'estero. Erano in panico, perché non riuscivano a raggiungerci». 

Mentre ci parla al telefono, il fondatore di MontagnaViva ci racconta quello che sta succedendo a Visletto, lì dove la strada si è interrotta. «Al momento vedo operai che stanno scavando nel fiume, qui sotto al ponte demolito. Hanno costruito una pista per arrivare vicino alla parte rovinata del ponte, penso per demolirla». La speranza, ora, è che si trovi presto una soluzione per ripristinare, almeno in parte, i collegamenti con le valli isolate. «Immagino che verranno prese delle decisioni a breve. Forse verrà installato un ponte provvisorio, un ponte militare. Qualcosa di simile. Sarà necessario, però, avere un servizio di questo tipo. Non possiamo lasciare la valle isolata in questo modo. Ormai è successo, non possiamo chiede dall'oggi al domani che il disastro venga sistemato, ma penso che nel giro di una settimana si possa riuscire ad avere una soluzione provvisoria. Non so ancora quale, di preciso, ma sono sicuro che ci sarà». 

Per chi è nato e cresciuto in valle, vedere la devastazione del maltempo è un colpo dritto al cuore. «Questa mattinata ho percorso la Lavizzara con una certa emozione. Anche lì, la situazione è disastrosa. Più tardi andrò all'imbocco della Bavona, fino a Fontana, dove ha colpito la frana». Ma Germano Mattei, purtroppo, sa già cosa aspettarsi. «Mi hanno descritto la situazione. In quell'area il paesaggio è totalmente sconvolto. È un paesaggio lunare». Parte del villaggio, con i suoi rustici, e la strada sottostante sono stati sepolti dall'enorme frana ruzzolata giù dalla montagna, fino al fiume. «Per noi che siamo cresciuti in questa realtà, fa davvero male», ci dice Mattei, commuovendosi. «Io sono della Valle di Peccia, ma sono stato per quindici anni segretario della fondazione Valle Bavona. Penso che tutti, chi più e chi meno, abbiamo questa valle nel cuore». La mente, poi, corre al passato. E alle tragedie precedenti. «Ho avuto il mio studio di architettura per 50 anni, qui in valle. Questi sono colpi tremendi. Ho già vissuto quattro alluvioni sulla mia pelle. Non saprei dire se questa sia stata, davvero, la peggiore. Ciò che è certo è che non c'è mai un momento giusto per vivere questi disastri». 

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