Ora chiamatela capitale della ricerca
Non è un sogno irrealizzabile, perché le basi già ci sono, e sono sempre più solide. Bellinzona ha delle grandi ambizioni. E può permetterselo. In virtù dell’aggregazione, certo, che l’hanno trasformata nel polo indiscusso del Sopraceneri e le hanno dato un peso politico che prima non aveva. Ma anche e soprattutto alla luce delle scelte strategiche e politiche compiute negli ultimi anni, improntate sulla nascita, sullo sviluppo ed ora sul consolidamento del polo biomedico attorno ai due fari che illuminano le scienze della vita all’ombra dei castelli: l’Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) e l’Istituto oncologico di ricerca (IOR), insieme ai laboratori dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC) riuniti dalla scorsa fine di novembre nella moderna sede in via Francesco Chiesa dove sono attive oltre 250 persone.
Le idee ed il sostegno
Questi sono la mente, il cuore e i polmoni della ricerca nella capitale. Ma c’è e ci sarà altro, come vi spiegheremo nelle prossime righe. Tanto altro. A tal punto che non è per nulla avventato - come confermatoci ancora ieri - ipotizzare la creazione di un Centro nazionale di competenza nella ricerca, il cosiddetto NCCR, dall’acronimo inglese. Un polo, per intenderci, che raccoglie più istituti e/o università attorno ad un tema specifico in via di definizione. Un gruppo di lavoro composto dai vertici dell’IRB e dello IOR nonché da professori e ricercatori sta valutando la fattibilità dell’operazione. Il tempo non manca, ma non è nemmeno infinito; l’obiettivo è riuscire a condurre in porto il progetto entro 3 anni, così da poter godere degli aiuti elargiti dalla Confederazione e dal Fondo nazionale. Le Camere federali voteranno nel 2024-2025 un pacchetto da 100 milioni di franchi; non è affatto peregrino ipotizzare, per l’NCCR bellinzonese, un sostegno di 4 milioni annui per un quadriennio. Un contributo altrettanto sostanzioso dovrebbe arrivare dal Cantone, supportato da privati.
«Abbiamo un’eccellenza»
Oltre ad IRB e IOR si mira a convincere della bontà dell’iniziativa anche il Politecnico federale di Zurigo, che potrebbe insediare dei laboratori nell’innovativo quartiere che si svilupperà a tappe alle ex Officine FFS, come anticipato dal CdT negli scorsi mesi. Un comparto che accoglierà pure il Parco dell’innovazione e, con ogni probabilità, una sede della SUPSI. Per quanto riguarda il prestigioso ateneo zurighese non ci sono novità: i pourparler, che vedono in prima fila l’ex presidente dell’Università della Svizzera italiana Piero Martinoli, sono costanti e si svolgono nel massimo riserbo. Proprio il professore, da noi interpellato, osserva che «in Ticino si è oramai creata una comunità scientifica rinomata. Affinché le competenze, le conoscenze e le scoperte si possano rafforzare serve ora più che mai l’appoggio della politica a più livelli. Non dobbiamo sprecare la grande occasione di far progredire questa eccellenza».
I piani già quasi tutti occupati
Imprescindibile, a questo punto ed in prospettiva, è appunto il sostegno del Cantone, inteso come istituzione e come territorio in senso lato. Ciò vale pure per altri tre progetti destinati ad ulteriormente impreziosire la ricerca a Bellinzona. Il primo è legato allo stabile Fabrizia in via Vela (l’ex sede dell’IRB), rilevato dalla Città per 6 milioni in autunno. Il secondo ed il terzo piano sono stati affittati dalla start-up inglese Peptone specializzata nel campo delle proteine e pronta ad investire 40 milioni di dollari, mentre il primo piano sarà presto occupato dalla European School of Oncology e dall’International Extranodal Lymphoma Study Group, gruppo di ricerca che riunisce studiosi provenienti da tutto il mondo. Rimane libero il quarto piano, verosimilmente fino a metà 2023, in quanto vi sono già dei contatti con almeno due società interessate ad insediarvisi.
Choose Life
In via Pometta, per contro, dove c’è ancora qualche laboratorio dello IOR, prenderà momentaneamente casa la Choose Life Biotech. Fra gli scopi della società (con alla testa, tra l’altro, il direttore di un laboratorio dell’IRB) vi sono quelli di sviluppare, produrre e commercializzare prodotti nei settori della biotecnologia, farmaceutica, tecnologia medica, veterinaria, nutrizionale, diagnosi e terapia. Un’altra tessera del mosaico che si va man mano completando con la possibilità di dar vita a delle sinergie, a vantaggio della ricerca e della nostra salute.
L’ospedale universitario
La seconda iniziativa in divenire è quella concernente la nuova sede dello IOR accanto a quella dell’IRB, in quanto il primo istituto si è già accorto che vi sono dei problemi logistici. È in corso uno studio di fattibilità per valutare, da un lato, l’investimento necessario e, dall’altro, quanto spazio rimane nel comparto dell’ex campo militare. Il terreno sul quale lo IOR ha messo gli occhi è di proprietà della Città e, a Piano regolatore, è inserito quale riserva per un eventuale secondo edificio destinato alla ricerca medica. Quindi da questo punto di vista non ci sono problemi. Il terzo progetto sul tavolo, nel prossimo decennio, riguarda l’ospedale universitario, idea riportata in auge su queste colonne proprio dai vertici dell’IRBe dello IOR. L’EOC è orientata verso un nosocomio multisito, mentre ai Saleggi a Giubiasco come noto sorgerà entro il 2030 l’ospedale regionale.
Il professore visionario
Se la ricerca a Bellinzona è oggi così all’avanguardia lo si deve al professor Giorgio Noseda, dal 1997 al 2012 alla testa della Fondazione per l’IRB, il quale già aveva capito l’importanza delle scienze della vita. Nel 2000 l’inaugurazione dell’IRB, tre anni più tardi nasce lo IOR, mentre l’anno scorso è stata la volta del Centro di ricerche biomediche della Svizzera italiana (Bios+). Il 27 novembre 2021 sono stati tolti i veli alla nuova sede dell’IRB.