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Ospedale universitario: sì, il sogno è realizzabile

Bellinzona e il Ticino hanno le carte in regola per concretizzare un progetto dove la medicina possa andare di pari passo con l'aspetto accademico e la formazione - C'è però anche la volontà politica?
©Gabriele Putzu
Alan Del Don
08.03.2022 06:00

Bellinzona ha un sogno: l’ospedale universitario. Dalle colonne del Corriere del Ticino, nelle ultime due settimane, si è alzata per due volte una voce forte e chiara che caldeggia la creazione di un nosocomio simile anche in Ticino. A perorare questa causa sono stati nientemeno che il direttore dell’Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) Davide Robbiani ed il presidente della Fondazione per l’Istituto oncologico di ricerca (IOR) Franco Cavalli. Esperto in immunologia il primo, oncologo il secondo. L’IRB e lo IOR - ai quali vanno aggiunti i laboratori di ricerca dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC), che si trovano sotto lo stesso tetto all’ex campo militare - sono oramai delle eccellenze che travalicano i confini cantonali e svizzeri. Oltre 250 fra studenti e ricercatori sono quotidianamente al lavoro per il bene di tutti.

Le cinque eccellenze svizzere
Secondo i nostri interlocutori l’ospedale universitario è indispensabile per far ulteriormente crescere la ricerca bellinzonese e, in generale, ticinese. Dei cinque nosocomi svizzeri (Berna, Basilea, Zurigo, Ginevra e Losanna) quello dal quale prendere esempio è proprio quest’ultimo, il CHUV, fiore all’occhiello del Canton Vaud che conta poco più del doppio della nostra popolazione. Abbiamo dunque deciso di andare a vedere come è strutturato il nosocomio che è considerato fra i dieci migliori al mondo secondo la classifica 2021 della rivista «Newsweek». Il Centro ospedaliero universitario vodese si è piazzato nono, terzo in Europa dietro Berlino e Solna.

Collaborazioni a tutti i livelli
La chiave del successo è la collaborazione con la Facoltà di biologia e medicina dell’Università losannese. Ciò che potrebbe essere ripetuto pure a Sud delle Alpi, grazie alla Facoltà di scienze biomediche dell’USI alla quale IRB e IOR sono affiliati. Il CHUV conta 16 dipartimenti ed un budget di 1,8 miliardi di franchi. Ben 12.000 i collaboratori che annualmente si prendono cura di circa 50.000 pazienti. L’ospedale è riconosciuto internazionalmente per le cure e la ricerca medica, ma soprattutto per la formazione. Sono più di 2.000 gli studenti che seguono il corso di medicina e quasi 350 quelli che si stanno specializzando in scienze infermieristiche o sono iscritti ad un master. Nel 2020 si sono contati 33.391 giorni di stage da parte di studenti. Ma come è possibile tutto ciò? Alla lungimiranza che ha permesso di costruire una rete estesa di collaborazioni. Citiamo le principali: con l’ospedale universitario di Ginevra, con l’UNI, la Scuola politecnica federale e la Fondazione ISREC nonché il Ludwig Institute for cancer research (attivi entrambi nella lotta contro il cancro), tutti con sede a Losanna. Senza dimenticare i legami con gli altri nosocomi vodesi. L’aspetto clinico va di pari passo con quello accademico.

L’IRB e lo IOR, ma non solo
Sia Robbiani sia Cavalli ritengono che occorra sviluppare «un ospedale universitario vero e proprio» anche alle nostre latitudini. D’altronde, se facciamo il paragone con il Canton Vaud, le basi ci sono eccome. A Bellinzona l’IRB, lo IOR e i laboratori di ricerca dell’EOC sono una realtà consolidata; negli scorsi mesi è stata costituita l’associazione Bios⁺ con l’obiettivo di dar vita ad un centro di ricerca sulle scienze della vita; l’Humabs Biomed è una certezza; nei prossimi anni arriveranno delle startup e, forse, pure un’antenna del Politecnico federale di Zurigo; infine, entro il 2030, alla Saleggina sorgerà il nuovo ospedale regionale. La rete si completa con USI, SUPSI e gli altri istituti e nosocomi. La domanda è semplice: c’è pure la volontà politica?