Parla Samuele Gobbi, il ticinese da record: «Il mio drone? C'è chi lo vede come un'arma, ma non è così»

Tolti i piloti di aerei, è probabilmente uno dei ticinesi più veloci mai esistiti. Piccolo particolare: Samuele Gobbi viaggia a oltre 550 km/h rimanendo comodamente seduto a terra, praticamente immobile.
Venticinquenne di Cugnasco, il giovane ingegnere ha recentemente battuto il record mondiale di velocità con un drone quadricottero da lui sviluppato, il Fastboy 2, raggiungendo i 557,64 km/h. Una prestazione registrata dal rinomato Guinness World Record.

La passione per l’aviazione e la tecnologia hanno caratterizzato tutto il suo percorso di studi: un apprendistato elettronico alla Schindler a Locarno, poi via verso il bachelor alla Scuola di ingegneria e architettura di Friburgo (HEIA-FR), seguito dal Master of Science and Engineering (MSE) di Losanna, dove ha sviluppato il suo velocissimo drone.
Un progetto, spiega Samuele, nato all’esterno dell’ambito scolastico, in un garage, insieme agli amici Antonio Zecchin e Giacomo Coretelli. La prima versione del velivolo dei record, chiamato Fastboy 1, è stata realizzata quando sul mercato hanno iniziato ad arrivare motori, batterie e tecnologie sempre più performanti. Da lì, i giovani hanno deciso di creare un velivolo ad alta velocità. «Con il primo prototipo siamo riusciti a superare i 350 km/h. Questo mi ha motivato a continuare il progetto anche nell’ambito scolastico», racconta il 25.enne, aggiungendo che grazie al master ha potuto creare il velivolo e ottimizzarlo, fino a raggiungere il record mondiale di 557,64 km/h.

Pilotare droni non è certo qualcosa che si può fare dall’oggi al domani, anche se in Svizzera non ci sono particolari restrizioni: «In Svizzera non ci sono leggi che impediscono a un drone di viaggiare a una certa velocità», racconta Samuele, evidenziando come la sicurezza sia stata una questione fondamentale nel suo lavoro: «Abbiamo garantito il massimo livello di sicurezza per le persone e gli oggetti circostanti. Questo è un tema molto importante, che abbiamo controllato durante tutta la realizzazione del progetto». E ancora: «Trattandosi di un volo in FPV (first person view, in prima persona), nel quale si utilizzano degli occhiali, c’è bisogno di una persona che sia accanto al pilota e tenga di vista l'aeromobile. Questa è una evidente limitazione alla distanza che è possibile coprire con il drone. Per legge non è possibile raggiungere una certa altezza (120 metri, ndr) e una determinata distanza (la persona che affianca il pilota in FPV deve sempre avere un contatto visivo diretto con il drone, ndr)».
Ma cosa si prova a viaggiare a oltre 550 km/h orari osservando tutto in prima persona? La vicinanza con i videogiochi sembra piuttosto evidente: «Effettivamente c’è una sorta di legame con il mondo del gaming, mai io non ho mai utilizzato videogiochi in prima persona con il visore VR», sottolinea il nostro interlocutore, che prosegue: «Più che ad una passione videoludica, il mio interesse è piuttosto legato al desiderio di “entrare”, in qualche modo, dentro la macchina. Cioè, non essere più un pilota che guarda volare il suo drone, ma piuttosto esserci direttamente dentro. È qualcosa di molto più immersivo». E a livello fisico, cosa si prova a viaggiare a velocità così elevate, sorvolando gli alberi, però restando piantati a terra? Lo studente prova a farcelo capire: «Non si percepisce quello che effettivamente “sente” il drone. Sarebbe troppo estremo, specialmente nelle accelerazioni e durante le virate. Nell’aviazione, il pilota non si rende conto della velocità, perché, quando si viaggia a una certa altezza, non ci sono più ostacoli e si ha una minore sensazione di velocità. Nonostante questo, deve esserci molta pianificazione, perché quando vedi un oggetto sul tuo percorso, ti sembra distante, ma poi lo raggiungi in pochi secondi. Bisogna prestare molta attenzione nelle manovre».

Il gioiello da record di Samuele non è certo passato inosservato. C’è già chi ha mostrato interesse verso il Fastboy 2, anche se il 25.enne non nega che il tema possa essere delicato, visto il massiccio utilizzo di droni in guerra. L’Ucraina è certamente l’esempio più immediato: «Questo progetto si colloca in una zona abbastanza sensibile. Io non ho alcuna intenzione di militarizzare il mio drone. Però vedo che suscita molto interesse e il tema è davvero polarizzante. C’è chi parla di un’arma, ma ci sono anche importanti applicazioni civili. Per me è fondamentale che questo progetto non venga associato ad alcuno scopo bellico». E il 25.enne ha ragione, basti pensare alla velocità con cui si potrebbe trasportare un organo umano a una persona che necessita un trapianto d’urgenza: «Non conta tanto l’oggetto finale, quindi il drone che va a oltre 550 km/h, ma piuttosto l’evoluzione delle tecnologie e tutto quello che si è imparato durante il percorso di sviluppo, come ad esempio il modo di raffreddare l'elettronica o la gestione della stabilità. Queste funzioni possono essere applicate in situazioni di emergenza, come ad esempio nel settore sanitario», puntualizza il nostro interlocutore.

Fastboy 2, secondo il suo ideatore, ha delle particolarità che lo rendono unico, come «il metodo di raffreddamento dell'elettronica. Utilizzando dell'acqua, la quale è contenuta nel drone, non c'è bisogno di prendere aria dall'esterno e, di conseguenza, il velivolo diventa molto più aerodinamico. La stessa aerodinamica è un punto di forza: il drone è differente da quello dei competitor che hanno tentato questo approccio». Una forma elegante, messa a punto dopo numerosi test di volo e simulazioni al computer. Ma dopo questo record mondiale, dove vuole arrivare Samuele? È presto per dirlo. Certamente, confida il giovane al CdT, «vorrei lavorare nel mondo dell’aviazione e della robotica, le mie grandi passioni. Il drone è un capitolo del mio percorso che si chiude e, in questo senso, tengo molto a ringraziare MSE Lausanne, HEIA-FR e tutte le persone che mi hanno supportato durante il progetto. Per quanto riguarda il futuro, vedremo. In ogni caso vorrei restare in Svizzera, anche se in Ticino ci sono meno opportunità di lavoro nei settori di mio interesse. A Zurigo, ad esempio, c’è una maggiore concentrazione di società tecnologiche».
