«Per chi è sano vale più l’igiene della mascherina»

Giovan Maria Zanini, la disponibilità di mascherine oggi potrebbe essere sufficiente per quali categorie della popolazione ticinese?
«Le mascherine sono indispensabili per il personale sanitario. Inoltre le devono portare le persone infette se non possono mantenere la distanza di due metri dagli altri. Questo vale anche, per alcuni giorni, per chi è stato dimesso dall’ospedale. Posso dire che abbiamo disponibilità sufficienti per tutte queste persone. Fortunatamente disponevamo di scorte importanti già prima che tutto avesse inizio (in gennaio le riserve di mascherine del sistema sanitario ticinese erano circa sette volte superiori a quello che dovevamo avere secondo il piano pandemico della Confederazione). Stiamo parlando di più di 2 milioni di mascherine. Queste riserve, sommate alle forniture ricevute dall’esercito, ci hanno dato una certa tranquillità nel periodo in cui era praticamente impossibile comperarne (fino grossomodo a San Giuseppe)».
E negli ultimi giorni le cose come vanno?
«Adesso il mercato sta lentamente rispondendo e stiamo tutti ricevendo rifornimenti. Resta però molto problematico l’approvvigionamento della popolazione tramite le farmacie e i negozi».
Tre settimane fa si diceva «solo al persona medico», «all’aria aperta non è indispensabile», «la distanza sociale di 2 metri è sufficiente, la mascherina sarebbe superflua». Quale di queste affermazioni oggi si sentirebbe di stralciare?
«Il rispetto delle norme igieniche e della distanza sociale rimane fondamentale. Queste sono le misure più efficaci. Le mascherine vanno bene, anche per la popolazione sana, ma solo se si aggiungono a queste misure».


Sembra di poter dire che la teoria in materia su questo materiale di protezione è una cosa, la pratica un’altra?
«Le mascherine sembrano una cosa semplice da confezionare e facile da usare. In realtà non è affatto così. Ci sono delle precise norme tecniche che le mascherine, per poter essere definite tali, devono soddisfare. Ad esempio, devono fermare almeno il 98% delle emissioni del paziente. Chi le produce deve dimostrare con dei test di laboratorio che sono davvero efficaci; solo a questa condizione le mascherine possono essere certificate e messe in commercio. Quelle prodotte artigianalmente sono delle semplici coperture per naso e bocca, di cui nessuno sa quanto funzionino davvero».
Tanti (sempre più cittadini) la vogliono possedere e indossare, ma sappiamo usarla in maniera corretta?
«Basta guardarsi intorno: purtroppo ci sono in giro diverse persone con il naso fuori. Usate così, proprio non servono a niente. Inoltre ci si deve sempre lavare le mani prima di metterle e dopo averle tolte. E infine non dimentichiamoci che sono monouso, cioè usa e getta. Ma ben difficilmente chi le ha pagate 10-20 franchi sarà disposto a buttarle via dopo un solo uso».
Ma anche portata male e bistrattata rimane utile?
«Non faccio parte di quelli che pensano che una mascherina usata male – oppure una mascherina artigianale – sia meglio di niente. Se va ad aggiungersi alle regole d’igiene e al mantenimento della distanza, sicuramente il coprirsi un po’ bocca e naso è utile e positivo. Ma io temo che tante persone con il tempo tenderanno ad avvicinarsi di più agli altri e si concederanno sconti su lavaggio e disinfezione delle mani. Questo sarebbe peggio. La mascherina rischia di diventare una falsa sicurezza, soprattutto se non idonea e se usata male».


I popoli asiatici vivono con la mascherina e hanno la cultura della mascherina. Anche per questo si può dire che sia più utile a loro che a noi?
«In altre culture quando ci si saluta non ci si dà nemmeno la mano».
Quando la società inizierà ad aprirsi, la mascherina diventerà una sorta di costrizione per noi tutti?
«Con l’allentamento delle attuali misure dovremo insistere ancora di più sulle regole d’igiene e continuare a tenerci a debita distanza dagli altri ogni volta che ciò è possibile. Ma certamente le categorie di persone che avranno bisogno delle mascherine aumenteranno. Speriamo che il mercato riesca a soddisfare tutti i bisogni giustificati».


Si può dire che il nostro futuro sarà fatto di meno contatti sociali e maggiore protezione nell’interesse nostro e degli altri?
«Penso di sì, almeno nel breve-medio termine. Con il coronavirus le cose cambieranno solo se e quando arriverà un vaccino».
Quanto ci vuole nella ricca Svizzera (che aiuta a suon di miliardi un po’ tutti) a mettere in produzione su larga scala, ma fatte in casa, queste ricercartissime mascherine?
«Certo che essere autosufficienti come Paese sarebbe un grosso vantaggio, come vediamo bene per esempio con certi medicamenti da cure intense. Non è impossibile, ma per riconvertire un’azienda a produrre mascherine ci vuole del tempo. A Zurigo hanno comunicato che una ditta sarà attiva dalla metà di aprile. Secondo me il problema principale sarà l’approvvigionamento delle materie prime, dove dipendiamo sempre dall’estero».