Lugano

Philipp Plein: saltano 61 posti e scatta la segnalazione

Nonostante gli aiuti della Confederazione lo stilista tedesco ha messo in atto una ristrutturazione nel quartier generale sul Ceresio - Il sindacato OCST si è rivolto all’Ispettorato del lavoro: «È tutto in regola?»
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Chiara Nacaroglu
10.06.2020 06:00

Da 140 a 79 dipendenti. È il risultato della riorganizzazione aziendale iniziata l’anno scorso e conclusa (forse) con il coronavirus che ha portato ad un’importante diminuzione dei posti di lavoro da Philipp Plein a Lugano. Dopo essere stato al centro di forti polemiche due anni fa, quando il caso della pizza consegnata a tarda notte fece emergere una serie di denunce riguardo alle condizioni di lavoro nell’azienda, - circostanze da lui smentite anche su queste pagine - lo stilista tedesco basato in città non smette di far discutere. In un’intervista apparsa sul «20 minuti» di ieri, lo stesso Plein spiega le difficoltà che ha incontrato lo scorso anno, quando ha dovuto ridurre i dipendenti degli uffici luganesi da 140 a 110, e di quelle attuali. «Il lockdown è stato un colpo durissimo e la ripartenza non è più semplice» spiega. Così Plein ha dovuto ridurre l’organico del 20 per cento nei negozi a fronte di un calo del fatturato dell’80 per cento. E a farne le spese, nonostante gli aiuti della Confederazione e il ricorso al lavoro ridotto, sono stati anche i dipendenti a Lugano, diminuiti ancora da 110 a 79.

«Non licenziare? Immorale»

Stando a Plein, «in assenza di prospettive, non licenziare è immorale. Perché tenere un dipendente a spese dei contribuenti sapendo già che lo lascerò a casa una volta terminati gli aiuti?». Le sue dichiarazioni non sono piaciute al sindacalista dell’OCST Paolo Coppi, preoccupato dalla dimensione dei tagli messi in atto. «Passare da 140 dipendenti a 79 nel giro di sei mesi vuol dire aver messo in piedi una riorganizzazione di circa il 50% e, quando si effettuano ristrutturazioni del genere, un interrogativo sorge spontaneo: sono state rispettate le regole? In queste situazioni, stando al Codice delle obbligazioni, è necessario comunicare le misure di ristrutturazione agli uffici competenti, aprire un procedimento ed essere trasparenti, ad esempio sulla disponibilità a stabilire un piano sociale». Per questo ieri il sindacato cristiano sociale ha segnalato il caso all’Ispettorato del lavoro di Bellinzona. «Non vogliamo essere moralisti, – continua Coppi - ma in Ticino ci sono delle regole che definiscono una via da seguire per i lavoratori e per i datori di lavoro. E viene spontaneo chiedersi perché Plein debba essere sempre al di sopra delle regole». La speranza è però l’ultima a morire. «Spero di sbagliarmi e che l’Ispettorato ci dica che sono stati intrapresi tutti i passi corretti».

«Dichiarazioni inaccettabili»

Anche perché in un momento come quello attuale, segnato dalla crisi economica dovuta al coronavirus, sono molti gli imprenditori ticinesi in difficoltà. «Sì, e proprio perché lo stilista tedesco dice di amare il contesto in cui lavora è importante che le regole valide per migliaia di imprenditori valgano anche per lui. Plein afferma che è immorale non licenziare quando non c’è certezza nel futuro e questa - incalza il sindacalista - è una dichiarazione inaccettabile: è come dire che è immorale curare una persona gravemente malata. È stato detto a più riprese che i soldi concessi da Berna servono proprio a non licenziare, o almeno a posticipare il più possibile quel momento. Si tratta di un aiuto che dovrebbe dare un po’ di respiro agli imprenditori per prendere eventuali decisioni più avanti, dopo aver valutato con calma la situazione». A non piacere al sindacato cristiano sociale è pure il fatto che Plein, nell’intervista, non citi mai i lavoratori. «C’è una fase oscura nelle gestione dei dipendenti di cui non si parla, mentre sarebbe ora di giocare a carte scoperte» dice ancora il nostro interlocutore.

«Disposti a discutere»

Per questo l’OCST, che più volte si è occupata delle condizioni di lavoro in azienda, rinnova l’offerta di collaborazione: «Siamo disposti a discutere un regolamento del personale o un contratto che mostri trasparenza. Se davvero lo stilista ha a cuore il territorio è ora di dimostrarlo, altrimenti il suo operato sarà sempre discutibile». Inoltre, i sindacati sono al lavoro per verificare se le condizioni di chi è rimasto a lavorare in azienda in questi mesi tormentati siano rimaste uguali oppure no. Un aspetto, questo, su cui non abbiamo per il momento informazioni certe.

Per l’e-commerce invece si assume

Non solo licenziamenti. Stando infatti a quanto dichiarato dallo stilista, l’azienda «ha creato nuovi impieghi nell’online e nei negozi, che però sono fuori dal Ticino». Da una veloce ricerca sul sito in effetti risultano posizioni aperte, in realtà anche a Lugano, in settori legati all’e-commerce.