Il caso

Più di 3 mila franchi per fare il custode a Lugano? «Ci hanno truffati, dalla Svizzera non te lo aspetti»

La denuncia di una coppia di Milano che ha trovato una (falsa) offerta di lavoro di Lugano Region: «Hanno chiesto 180 euro per l'assunzione di mio marito, i malfattori usano i documenti del Canton Ticino»
Michele Montanari
15.08.2024 06:00

Dopo l’EOC, l’USI e la SUPSI, arriva la truffa legata a Lugano Region. Ovviamente l'Ente Turistico del Luganese non c’entra nulla: sono i soliti malfattori che si approfittano della gente in cerca di un lavoro, chiedendo soldi in cambio di un impiego ben retribuito in Ticino. Questa volta a cadere nella trappola è stata una coppia di Milano, Giovanna e Alberto (nomi di fantasia, abbiamo garantito loro l’anonimato), attirata da uno stipendio decisamente interessante.

La segnalazione ci è arrivata proprio da Giovanna dopo aver versato 180 euro ai malfattori per l’assunzione fasulla di suo marito: «Avevamo un'azienda di biciclette e moto a Milano. Mio marito ci è cresciuto nel mondo delle due ruote, lavorando come tecnico e come venditore. Era un’attività importante, con tre dipendenti, ma alla fine del 2022 si è presentata l’opportunità di vendere a una società per azioni che voleva la nostra posizione, vicino al centro», racconta la donna, aggiungendo: «Abbiamo ceduto l’azienda dietro compenso, e ci hanno assunto come dipendenti per un determinato periodo, così da fare il passaggio dal punto di vista tecnico perché i compratori non erano del settore. Abbiamo fatto con loro un anno e mezzo, poi è avvenuto un licenziamento consensuale e ora percepiamo una indennità mensile di disoccupazione (la NASpI, Nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego)».

Giovanna e il marito però avevano ancora voglia di lavorare: «Io ho 59 anni, mio marito 60, ma siamo tipi che non stanno mai fermi. Abbiamo pensato alla Svizzera, anche perché molti nostri clienti venivano da lì per riparare le bici. Ci hanno sempre detto che si sta molto bene in Ticino e che alcuni lavori vengono pagati bene», racconta la nostra interlocutrice, aggiungendo: «Poi noi siamo di Milano e tutto sommato non siamo lontani. Abbiamo cercato su vari portali online di offerte di lavoro, finché non ne abbiamo trovata una sul sito Bakeca.it: nell’annuncio cercavano un custode per un demanio a Lugano. Sembrava un annuncio serio, con orari precisi, tanti dettagli e soprattutto un buono stipendio. Parliamo di 3.240 franchi, con vitto e alloggio anche per una coppia, nonché straordinari pagati (31 franchi all’ora) e trasporto rimborsato dal datore di lavoro. Però non c’era scritto di allegare alcun curriculum. Bisognava semplicemente indicare le proprie generalità e inviare una breve descrizione». La truffa è molto simile a quelle di cui avevamo già scritto, a cambiare è il datore di lavoro: Lugano Region appunto. 

I truffatori hanno chiesto al marito di Giovanna di compilare con i propri dati personali diversi documenti con l’intestazione «Repubblica e cantone Ticino». Questi, dopo averli visionati, risultano originali e sono facilmente reperibili online (come, ad esempio, quello relativo al casellario giudiziale). Inviata la documentazione, il giorno successivo arriva la risposta: Alberto è stato selezionato, inizierà il 21 agosto.

Giovanna prosegue il suo racconto: «Abbiamo telefonato a uno dei due numeri indicati nella mail (entrambi con prefisso +420, della Repubblica ceca) e ha risposto un uomo che parlava in italiano. Sembrava straniero, ma la lingua la conosceva bene. Ha detto che non c’era bisogno di presentarsi per un colloquio, perché in Svizzera le assunzioni per i lavori di basso profilo non necessitano di un incontro di persona. Inoltre, ha affermato che avevano già fatto delle ricerche su mio marito ed era tutto in regola». In serata però sono iniziati i dubbi, sembrava tutto troppo facile. La donna aggiunge: «Ho chiesto informazioni a una mia conoscente che lavora a Lugano. Le ho inviato i moduli (che sono quelli originali reperibili sul sito Ti.ch) e sia lei che un suo amico, a cui li ha mostrati, li hanno ritenuti credibili». A quel punto sembrava davvero di aver fatto il colpaccio: Giovanna ha messo mano al portafoglio. La nostra interlocutrice racconta di aver versato 180 euro con una carta ricaricabile: 120 euro di «Cassa malattia» e 60 euro di «rappresentanza giuridica», che sarebbero stati rimborsati dal datore una volta iniziato il lavoro.

La nostra interlocutrice racconta l’amarezza dopo aver capito di esser caduta nella trappola: «Alla sera mi ha richiamato la mia conoscente e mi ha detto: “Non pagare, ho trovato un articolo del Corriere del Ticino: è una truffa!”. Siamo rimasti molto delusi e ci siamo sentiti degli stupidi. Tra l’altro, dopo il pagamento, la mattina seguente i truffatori ci hanno pure chiesto di versare altri soldi perché abitavamo a tot chilometri dal confine e quindi la tariffa per noi era maggiorata. Io ho preso la palla al balzo e gli ho chiesto di restituirmi la somma, così avrei fatto un unico versamento, ma non ne hanno voluto sapere».

Non conoscendo la realtà svizzera, purtroppo è facile cadere in errore di fronte a concetti come i tre pilastri, la cassa malattia o istituzioni come la Segreteria di Stato della migrazione (SEM), tutti citati nei documenti inviati alla coppia.

«Per noi sarebbe stata ideale come soluzione, tant’è che stavamo già pianificando tutto sugli orari settimanali e gli spostamenti, con i rientri a casa il venerdì sera. Stavamo pure cercando di capire come gestire il nostro cane. Mai avremmo immaginato una truffa, perché ci hanno inviato documenti con l’emblema della Confederazione, la bandiera del Canton Ticino e alcuni avevano il logo della Polizia cantonale. Per noi, che non conosciamo la realtà elvetica, sembrava tutto credibile, in più non ti aspetti un raggiro dalla Svizzera!», ha sottolineato Giovanna.

Oltre alla beffa e al danno economico non sono mancati i disagi. La donna racconta: «Ho subito contattato la banca perché avevo fornito i numeri della carta ricaricabile al truffatore, e ho sporto querela presso i Carabinieri di Milano. Mi sono costituita parte civile: se i truffatori dovessero essere italiani, le autorità cercheranno di rintracciarli e portare avanti le indagini. Qualora venissero identificati, beh, l’arresto per truffa in Italia prevede pene fino a 5 anni». Al di là della perdita di denaro, la coppia ha voluto denunciare ai media quanto avvenuto per evitare che altre persone cadano nella trappola: «Spero che la mia testimonianza possa servire a qualcun altro. Alla fine, noi non avevamo così tanto bisogno di quell’impiego, ma molta gente non ha lavoro, non ha nulla».