«Più risorse o costi da tagliare»: il bivio del Festival del Film

Ci sono numeri e numeri, a Locarno. Ci sono i numeri che dimostrano come il Festival del cinema sia sempre di più, e di gran lunga, la manifestazione culturale più importante della Svizzera. E numeri che impongono una seria riflessione sul futuro: i numeri del bilancio, che anche nel 2023 si è chiuso con quasi mezzo milione di disavanzo.
L’assemblea generale convocata oggi pomeriggio al Gran Rex è filata liscia. Consuntivo e preventivo sono stati approvati all’unanimità, nessuna voce critica si è alzata dalla platea. Tutto bene, insomma. O quasi. Perché le preoccupazioni e le inquietudini, pure soffuse e pronunciate in toni non allarmanti, sono arrivate direttamente dal palco. Dagli oratori chiamati a presentare i conti e a indicare le strategie.
Il punto in questione è molto semplice: il Festival costa oggi 18 milioni di franchi. Centesimo più, centesimo meno. La capacità di autofinanziamento si attesta attorno ai 17 milioni. I calcoli sono facili da fare. Se qualcosa, nei prossimi mesi, non cambierà, si imporranno scelte «difficili». Il preventivo 2024, d’altronde, non lascia margini: l’ipotesi è di chiudere a -736 mila franchi. In sostanza, l’attuale riserva di liquidità presente nelle casse dell’organizzazione.
Il vicepresidente del Festival, Luigi Pedrazzini, che ha diretto l’assemblea in assenza della presidente Maja Hoffmann, fotografa la situazione con molto realismo e senza nascondere i problemi: «A medio termine - dice Pedrazzini al Corriere del Ticino - ovvero a partire dal 2025, dovremo sicuramente far quadrare i bilanci. Gli ultimi due esercizi hanno prodotto deficit, peraltro pianificati e funzionali alla crescita del Festival. Adesso si tratta di metter mano alle finanze in modo che si ritorni a una situazione di equilibrio. Anche perché non possiamo più far capo alle riserve». Secondo Pedrazzini, «l’indirizzo principale va rivolto ad aumentare le entrate: vogliamo comunque sviluppare l’offerta che in questi anni ci ha permesso di stare tra le eccellenze dei festival internazionali. Se dovessimo intervenire soltanto sulle uscite, inevitabilmente finiremmo per indebolire il Festival. Sarebbe una reazione sbagliata».
Agire sulle entrate significa trovare nuovi finanziatori. O avere di più dai vecchi. Dalle istituzioni pubbliche, ad esempio. Un passaggio che Pedrazzini non giudica percorribile. «Io credo che il pubblico sia stato bravissimo e abbia fatto molto, non pensiamo che in questo momento possa aumentare in maniera significativa il suo apporto. Bisogna necessariamente guardare al privato. Cercare partner, più che sponsor, con cui costruire qualcosa di positivo per noi e per loro».
Obiettivo chiaro, ma non facilmente raggiungibile. Un primo passo in questa direzione sembra essere stato fatto. Nel videomessaggio inviato all’assemblea e proiettato all’inizio dei lavori, Maja Hoffmann ha parlato dell’intesa raggiunta con la Bloomberg Philantropies, la fondazione voluta da Mike Bloomberg che già collabora, ad esempio, con la Biennale di Venezia.
«Il dialogo con Bloomberg Philantropies è stato avviato dalla presidente Hoffmann - dice al Corriere del Ticino il managing director del Festival, Raphaël Brunschwig - cominciamo a conoscerci e nel futuro si lavorerà a fare cose insieme. La presidente è stata chiara: abbiamo ambizioni internazionali ancora maggiori, vogliamo rendere Locarno un momento ancora più rilevante nel calendario dei grandi appuntamenti culturali a livello mondiale. Le potenzialità ci sono tutte, ma il fundraising è un lavoro impegnativo, che richiede tempo, un lavoro di squadra».
Pure l’analisi di Brunschwig è chiara, diretta, verrebbe da dire persino spietata. «La trasformazione profonda del cinema, delle sale cinematografiche, della cultura, dei media, ci costringe a una continua evoluzione. Negli ultimi anni abbiamo arricchito la nostra offerta, e questo ha portato a molte nuove opportunità, a nuovi modi di interazione con il pubblico, ma anche a un aumento della complessità e dei costi per gestire questa complessità. Siamo in una situazione paradossale: da una parte le relazioni con i nostri partner sono più forti di prima, da loro abbiamo più soldi che mai. Che però non bastano. Perché c’è un deficit strutturale da affrontare».
Di fronte a tutto questo, ammette Brunschwig, «è chiaro che non si può non essere preoccupati, sebbene nulla ci sia di drammatico. Abbiamo due soluzioni, tutto sommato semplici: o si trovano più risorse o si tagliano i costi. Quest’anno presentiamo un festival che costa intorno ai 18 milioni di franchi: nella peggiore delle ipotesi, l’anno prossimo ne presenteremo uno da 17 milioni. Farà male? Sì. Sarà visibile dall’esterno? Sì. Sarà fattibile? Sì. Alla fine, il nostro ruolo è prendere decisioni non facili rispetto al contesto, mettendoci tutto quello che possiamo». Il primo taglio, intanto, è stato già deciso: non ci sarà più l’assicurazione contro la pioggia. «Costava troppo ed era sostanzialmente inutile».
L’obiettivo è delineato. Il percorso, forse, è ancora incerto. Mentre è molto chiaro chi dovrà occuparsene. Il prossimo 4 ottobre, ha annunciato Pedrazzini, sarà convocata un’assemblea straordinaria chiamata a modificare gli statuti del Festival e a formalizzare le nuove strutture che affiancheranno la direzione operativa. In quell’occasione sarà anche completato il Cda, ridotto a 7 componenti lo scorso anno ma sin qui composto da sole 5 persone. «Dobbiamo assicurare solidità finanziaria al Festival e salvaguardare il livello raggiunto - ha detto Pedrazzini all'assemblea - bisogna perciò migliorare le forme di gestione, anticipare l’approvazione di consuntivo e preventivo, agire di continuo sull’adeguamento del piano dei conti per meglio gestire i destini finanziari della manifestazione».
Una direzione indicata anche da Giovanni Cavallero, responsabile del controllo cantonale delle finanze, il quale dal palco ha invocato l’adozione di «misure per raggiungere il pareggio dei conti», annunciando nel contempo l’invio a breve al Cda di un «rapporto dettagliato».