Mendrisiotto

Prima l’autonoleggio e la truffa; ora lo scaricabarile

Davanti alla Corte delle assise correzionali sono comparsi un 72.enne e una 55.enne, presunti autori di una truffa COVID (ma non solo) legata alla società che gestivano – Nessun dubbio per l’accusa: «Uno il braccio, l’altra la mente»
Stefano Lippmann
30.01.2025 19:31

«Lei la mente, lui il braccio». «No, lui cerca di scaricare tutte le colpe sulla mia assistita, lei si occupava semplicemente delle vendite e dei noleggi delle auto». Oppure ancora: «Il mio cliente sostiene di essere stato manipolato, era succube della donna». Insomma, davanti alla Corte delle assise correzionali di Mendrisio – presieduta dal giudice Amos Pagnamenta – oggi si è assistito allo scaricabarile. Alla sbarra un 72.enne italiano, residente da una sessantina d’anni in Svizzera – difeso dall’avvocato Roberto Rulli – e una 55.enne italiana, in Ticino dal 2004 – assistita dal legale Yasar Ravi –. Nel mezzo, le accuse formulate, a vario titolo e in parte in correità, dal procuratore pubblico Daniele Galliano: truffa aggravata, ripetuta falsità in documenti, amministrazione infedele aggravata, cattiva gestione, omissione della contabilità, riciclaggio di denaro, bancarotta fraudolenta, soppressione di documento e, furto. Un lungo elenco di ipotesi di reato legato a società di noleggio delle automobili e una carrozzeria. Fatti avvenuti, soprattutto, tra il 2019 e il 2021 con particolare riferimento, per quel che riguarda la truffa, al 2020 ovvero il periodo COVID e la relativa richiesta di accedere ai prestiti e alle indennità per il lavoro ridotto. Manca il luogo principale: un garage a Novazzano balzato agli onori della cronaca più volte negli ultimi anni. Nelle 20 pagine che compongo l’atto d’accusa si legge che i due avrebbero, in sostanza, ripetutamente ingannato più persone, procacciandosi un indebito profitto per oltre 150.00 franchi. Oltre al prestito COVID avrebbero anche aggravato la situazione finanziaria delle società, nel frattempo fallite.

Direttrice o impiegata?

Tutto ha inizio nel 2019 quando, fortuitamente, i due si incontrano: la donna si era recata nel garage dell’uomo per effettuare un controllo del gas di scarico della propria vettura. Dopo l’incontro sarebbe nata una relazione sentimentale, come pure professionale: il 72.enne ha infatti assunto la donna nella sua ditta specializzata nell’acquisto, vendita e riparazioni di automobili. Secondo quanto appurato dall’accusa, malgrado la società fosse già in declino, il contratto – come direttrice, responsabile vendita e responsabile del personale – prevedeva uno stipendio di 10.000 franchi al mese. Poi, con l’arrivo della pandemia, arrivano le richieste fraudolente di prestito (dichiarando ad esempio attivi per oltre 3 milioni di franchi) e, un anno più tardi, il fallimento. Finita qui? Nemmeno per sogno. Spunta un nuova società di autonoleggio – riconducibile alla donna – la quale acquista, senza a conti fatte pagarle, tutte le auto del 72.enne. Ma, come detto, il contratto non sarebbe stato onorato e – con i rapporti ormai deteriorati – l’uomo nell’agosto del 2021 si reca nella sede della nuova società e ruba 39 chiavi di veicoli, 37 licenze di circolazione e 5 auto. Infine, la denuncia, partita a seguito di una segnalazione dell’Ufficio fallimenti.

«C’era un piano comune»

Oggi, come detto, il caso è approdato davanti alla Corte delle assise correzionali. «Gli imputati si accusano a vicenda – ha spiegato il procuratore pubblico durante la requisitoria –. Oggi c’è odio, bisogna capire cosa sia successo». A mente dell’accusa «c’era un piano comune che è fallito e ora si scaricano le colpe». Per Galliano, però, la donna era la mente e l’uomo il braccio. Da qui le richieste di pena: 18 mesi di detenzione sospesi per due anni per la 55.enne; 20 mesi da espiare e l’espulsione per 5 anni dal territorio elvetico. L’avvocato Ravi – difensore della donna – si è battuto per il proscioglimento da tutti i reati. Il legale ha più volte parlato di «carente accertamento dei fatti» invocando il principio in dubio pro reo: «Non si è indagato bene in merito ai reati prospettati alla mia cliente e al suo ruolo. Lei si occupava delle vendite, i conti erano gestiti dall’uomo». Coimputato che, ha ripetuto Ravi, «ha cercato di scaricare tutte le colpe sulla mia assistita». Di più: «È vero che era un semplice meccanico, ma con pluriennale esperienza nella gestione di società». Il difensore del 72.enne, Roberto Rulli, ha invece sottolineato che il suo assistito «era succube della donna» e che da tutta questa faccenda «non ha guadagnato un franco, anzi». Poi è subentrata «la depressione, si è sentito sottomesso e ha cominciato a fare un sacco di pasticci». Chiedendo il proscioglimento da una parte delle accuse, Rulli si è battuto per una pena massima di 10 mesi (sospesi). E nessuna espulsione. La sentenza sarà pronunciata domani pomeriggio.

Il garage, il prostribolo e pure il sequestro

Il garage (con annessa abitazione) di Novazzano evocato in aula è stato al centro di numerose vicende. Nel 2013 l’intenzione, mai concretizzatasi, era quella di edificare un postribolo: la «Maison du plaisir». Nel novembre del 2022, invece, un blitz della polizia aveva scoperto una nuova «truffa dei garage» (gli spazi erano stati affittati ad un’altra società). E poi il 20 gennaio del 2014, quando tre malviventi avevano fatto irruzione nell’abitazione, minacciando il proprietario al fine di farsi aprire la cassaforte.