PS, Verdi e polemiche luganesi: «I rapporti non sono a rischio»
Le parole hanno un peso, e i sassolini che l’ex co-coordinatore dei Verdi Nicola Schoenenberger si è metaforicamente tolto dalla scarpa hanno avuto l’impatto di una palla di cannone. Perlomeno nell’area rossoverde che si appresta a definire la lista per il Consiglio di Stato. Sarà alleanza PS-Verdi? Sarà corsa in solitaria? E, soprattutto, quali saranno i nomi forti da schierare? Le trattative politiche da tempo sono entrate nel vivo e le dichiarazioni a La Regione di Schoenenberger - che ha definito la municipale del PS Cristina Zanini Barzaghi «non rappresentativa della sinistra», «debole», «non all’altezza del compito», senza coraggio e capacità «di opporsi all’andazzo maggioritario imposto dalla destra», priva di «capacità gestionale» e di «peso politico» - hanno portato un po’ di sconquasso sia all’interno del PS luganese che di quello cantonale. Da noi sollecitato mercoledì, il co-presidente sezionale Filippo Zanetti ha parlato di «riflessioni pesanti e ineleganti» e che «date le imminenti elezioni cantonali e i relativi contatti tra partiti di area, più che attaccare il PS luganese, sembra che Schoenenberger si stia mettendo di traverso a una candidatura di Greta Gysin al Consiglio di Stato». La collega Tessa Prati, pure chiamata in causa in quanto definita «inadatta» a ricoprire il ruolo da municipale nell’immediato futuro, ha dichiarato a La Regione che queste parole «avranno conseguenze sui rapporti tra i due partiti».
Ma che succederà, ora, a livello cantonale? Prima di pensare a unire (o meno) le forze per le prossime elezioni comunali in riva al Ceresio, tra poco meno di un anno c’è lo scoglio delle cantonali. E il dibattito in casa PS si è immancabilmente acceso, anche se dai vertici si getta acqua sul fuoco: «Dichiarazioni personali che non intaccano il rapporto con i Verdi».
«Sul merito hanno risposto molto bene Prati e Zanetti», ci dice la co-presidente del PS Laura Riget. «A livello cantonale il rapporto con gli ecologisti è positivo e ci sono discussioni in corso su come presentarsi alle prossime elezioni». L’uscita di Schoenenberger, precisa, «non mette a rischio queste trattative. Sui temi stiamo lavorando bene e non facciamo politica basandoci sui personalismi ma sui contenuti». Le fa eco il co-presidente Fabrizio Sirica: «Ci siamo aggiornati con i vertici dei Verdi e l’uscita personale di Schoenenberger non mette a repentaglio nulla. I rapporti sono ottimi e le discussioni su una possibile alleanza o meno sono in corso in assoluta armonia». Certo, ammette, «i toni mi hanno stupito ma Nicola ha voluto esprimere una sua opinione. Non lo giudico e la accetto».
Intanto, il dibattito è lanciato. Per il deputato Nicola Corti, che ha affidato il suo pensiero Facebook, «allargando il discorso dalle rive del Ceresio a Piazza della Foca, è giusto tematizzare opportunità, senso e portata di una corsa unita o separata fra rossoverdi in risposta al quesito: e dopo Manuele Bertoli? La presenza socialista in Governo, travagliata, talvolta fortunosa, dettata come la neutralità elvetica da scelte di altri, è in primo luogo una questione del solo PS», ha scritto. «Una questione di Partito e di Paese prima ancora che di persone. Uniti si vince, è vero, ma occorre prestare attenzione alle differenze e alle divergenze, non bastando unità d’intenti o alleanze di poca sostanza». Insomma, il PS può anche pensare di correre in solitaria: «Forse occorre avere il coraggio di chiedere al Paese la continuità della presenza socialista in Governo con sole proposte socialiste, declinate per sensibilità e peculiarità, come atto di responsabilità e di orgoglio sano, non sterile difesa di scranno. Perdere soli sarebbe un maremoto ma potrebbe ridare spina e spinta ai militanti: perdere malamente alleati potrebbe lasciare sbigottiti e frastornati ben più a lungo, senza capacità di riprendere un ruolo quale voce autorevole di chi vien altrimenti facilmente dimenticato, ma va protetto, risollevato».
Di tutt’altro avviso la deputata e già presidente cantonale Anna Biscossa: «Ho condiviso tante tue opinioni ma questa fatico proprio a sostenerla», ha replicato, sempre via social. «Credo che l’interesse del Paese, delle persone più fragili, dei lavoratori, della precarietà crescente, dell’incertezza sulle spalle delle future generazioni, delle urgenze e dei bisogni dell’ambiente nonché della giustizia sociale vengano prima di ogni altra considerazione. Il Ticino ha bisogno di un cambiamento forte e convincente e solo un’alleanza può permettere di pensare che un simile cambiamento sia possibile e realizzabile. Magari non si riuscirà a farlo questo fronte unito, è vero, ma sarà davvero un gran errore strategico e di Paese». In parole povere, secondo Biscossa «è nostro dovere lavorare per un’alleanza con convinzione e disponibilità, nonostante le mine messe apposta o casualmente sul nostro cammino».