La scheda

Punto per punto la riforma di legge italiana che potrebbe cambiare lo status fiscale dei «vecchi frontalieri»

L'obiettivo del Governo di Roma è aumentare la platea dei contribuenti - Le norme sono attualmente in discussione alla Camera dei Deputati
L'Italia pensa di cambiare lo status fiscale di tutti i frontalieri. © CdT / Gabriele Putzu
Dario Campione
05.01.2024 06:00

Secondo quanto ammesso dallo stesso Governo italiano nel dossier parlamentare che accompagna lo schema di riforma delle norme in materia di fiscalità internazionale, le nuove disposizioni «che individuano la residenza fiscale delle persone fisiche» hanno il «fine di ampliare il novero dei contribuenti IRPEF». L’Italia è insomma alla ricerca di fondi ulteriori per il proprio bilancio.

Di seguito, in dettaglio, come si potrebbe arrivare alla possibile “uscita” dei vecchi frontalieri dal loro attuale sistema fiscale.

Che cos’è un decreto legislativo

Tra gli atti aventi valore di legge, in Italia, il decreto legislativo è particolare in quanto adottato dall’organo costituzionale che ha il potere esecutivo (il Governo) e non da quello che detiene il potere legislativo (il Parlamento). La deroga alla separazione dei poteri sottostà a uno specifico passaggio: prima che il Governo decida, infatti, il Parlamento approva una legge delega in cui sono contenuti ed elencati i princìpi e le norme da inserire nel decreto legislativo.

La legge delega in materia fiscale

Con la Legge 9 agosto 2023, nr. 111, il Parlamento italiano ha conferito al Governo la delega per la revisione del sistema tributario chiedendo (articolo 3) il riordino anche delle norme in materia di fiscalità internazionale.

Che cosa dice l’articolo 1

La norma che potrebbe riscrivere, dal punto di vista fiscale, lo status dei frontalieri è contenuta nell’articolo 1 dello schema di decreto legislativo sull’attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale, il quale testualmente: dice: «Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato, ovvero sono ivi presenti. [...] Per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente».

Un «accanimento normativo»

Nella discussione preliminare in commissione Finanze, il deputato PD eletto in Svizzera Toni Ricciardi ha fatto notare che «in mancanza di ulteriori precisazioni si rischia di creare condizioni paradossali: alla luce dell'attuale interpretazione, infatti, i soggetti residenti in zone di frontiera del Paese, pur trascorrendo l'intera giornata lavorativa in Svizzera, dal punto di vista fiscale manterrebbero la residenza in Italia». Secondo Ricciardi, questa legge, assieme ai commi da 237 a 240 della Finanziaria appena approvata, «denota un atteggiamento che sembra configurarsi come un vero e proprio accanimento normativo» contro i frontalieri, qualcosa «che rischia di comportare l'implosione di un intero sistema».

La «tassa sulla salute»

La Finanziaria italiana 2024 ha confermato, nei commi da 237 a 240, la cosiddetta “tassa sulla salute” a carico dei “vecchi” frontalieri. Questi ultimi saranno «tenuti a versare alla Regione di residenza una quota di compartecipazione al Servizio sanitario nazionale […] compresa fra un valore minimo del 3% e un valore massimo del 6% [del] reddito netto [...] percepito in Svizzera». La tassa, «da applicare a decorrere dall’anno 2024», è destinata «al sostegno del servizio sanitario delle aree di confine e prioritariamente a beneficio del personale medico e infermieristico», che potrà vedere in busta paga un aumento «non superiore al 20% dello stipendio tabellare lordo».

La scure del protocollo d’intesa

Al momento, per i “vecchi frontalieri” nulla dovrebbe comunque cambiare sul terreno fiscale. In base all’articolo 9.1 dell’intesa votata lo scorso anno, infatti, «i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe ricevute dai lavoratori frontalieri residenti in Italia che alla data di entrata in vigore (17 luglio 2023, ndr) svolgono - oppure che tra il 31 dicembre 2018 e la data dell’entrata in vigore hanno svolto - un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera in Svizzera per un datore di lavoro ivi residente, una stabile organizzazione o una base fissa svizzere, restano imponibili soltanto in Svizzera». Nulla, però, vieta all’Italia di chiedere in futuro l’applicazione del punto 1 del protocollo aggiuntivo dell’intesa, quello che recita: «Qualora uno degli Stati contraenti dovesse modificare sostanzialmente il proprio sistema d’imposizione, i due Stati contraenti si consulteranno immediatamente vicendevolmente al fine di valutare possibili modifiche necessarie dell’Accordo. In particolare, viene ad esempio considerato un cambiamento sostanziale il passaggio da un sistema d’imposizione mondiale dei residenti a un sistema d’imposizione territoriale».

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