Quando fu bloccata la «fabbrica dei veleni»

La battaglia portata avanti dai sindacati, dall’Associazione Giù le mani e dalla Commissione del personale delle Officine FFS di Bellinzona per far piena luce sugli operai morti dopo essere stati esposti all’amianto fa tornare alla mente quanto capitò nella seconda metà degli anni Settanta a Balerna. Allora la popolazione del Comune momò, guidata dal compianto ferroviere Bruno Raggenbass, si mobilitò in massa per evitare l’insediamento della Boxer Asbestos, fabbrica che produceva laminati e guarnizioni in asbesto che avrebbe dovuto trovar posto su un terreno adiacente lo scalo merci delle FFS (per intenderci dove oggi c’è la Chicco d’Oro). Sarebbero stati impiegati 50 dipendenti.
La domanda di costruzione per l’edificazione del capannone era stata depositata nell’agosto del 1975. «Non è vero che i cittadini non possono fare niente di fronte a delle ditte potenti», ha affermato martedì sera una donna durante la serata promossa dai rappresentanti delle maestranze del sito industriale cittadino. Nel Mendrisiotto ce l’hanno fatta, lanciando ben due petizioni (che raccolsero complessivamente quasi 3.000 firme) all’indirizzo non solo delle autorità comunali ma anche di quelle cantonali e federali. Non mancarono pure delle proteste pacifiche, come l’occupazione dello stabile di quella che venne definita la «fabbrica dei veleni».
«A volte il coraggio paga»
Nel 1977 i lavori di costruzione, praticamente ultimati, vennero sospesi. L’azienda si appellò a tutti i gradi di giudizio (Consiglio di Stato, Tribunale cantonale amministrativo ed infine al Tribunale federale). I giudici di Losanna nel 1982 diedero ragione alla Boxer Asbestos che comunque decise di abbandonare definitivamente il progetto tre anni più tardi alla luce delle resistenze degli abitanti e delle autorità. «Se non ci fossero state persone coraggiose e lungimiranti Balerna avrebbe potuto diventare come Casale Monferrato», ha precisato la donna.
La storica sentenza
Il riferimento è alla città piemontese che ospitava lo stabilimento della Eternit, il più grande d’Europa. Lì le conseguenze dell’asbesto sono state drammatiche: i decessi dovuti all’esposizione alla pericolosa sostanza sono stati oltre 2.500. La popolazione ancora oggi vive nella paura. A questo proposito facciamo notare che in Francia la Corte di Cassazione lo scorso aprile ha riconosciuto il «danno da ansietà». Di cosa si tratta? In pratica si tiene conto dello stato di apprensione perennemente vissuto dagli operai non malati ma che temono tuttavia che presto o tardi possa insorgere un tumore. La giurisprudenza elvetica non lo prevede, come evidenziato sempre martedì sera dall’avvocato zurighese Martin Hablützel, il quale ha seguito i casi di molti collaboratori colpiti da mesotelioma e rappresentato numerose vittime della subdola sostanza durante dei processi celebrati in Svizzera.
