Quando lo stalker colpisce via GPS

Una donna che si sentiva "braccata" aveva un rilevatore attaccato alla sua auto
Red. Online
25.03.2014 06:00

LUGANO - Uscire di casa per andare a leggere il giornale al bar, sedersi al tavolino, comandare il caffè e dopo pochi minuti vedere la persona che vi sta assillando da settimane entrare al bar e andare a prendere posto due tavolini più in là senza rivolgervi la parola. Prendere l'autostrada e dopo qualche chilometro vedere una macchina che si affianca alla vostra: al volante lui. Entrare al supermercato per fare la spesa e poco dopo ritrovarselo tra gli scaffali come se nulla fosse. Provate anche solo a immaginare i sentimenti di chi vive questa situazione: il sentirsi "braccati" ogni volta che si mette piede fuori casa, l'insicurezza, l'ansia, il fatto che la vostra vita non vi appartenga più. Già perché questi sono i sentimenti di chi è vittima di stalking e gli episodi che abbiamo raccontato non sono la trama di un film, ma quello che è realmente accaduto in Ticino a una vittima. Episodi di per sé surreali tanto che lo stesso procuratore pubblico Andrea Pagani a un certo punto ha quasi smesso di credere alla vittima. "A un certo momento io ero arrabbiatissimo con la signora perché chiamava e scriveva praticamente tutte le settimane ma io non riuscivo più a crederle" spiega Pagani aggiungendo che non sembrava possibile che davvero tutte le volte che la vittima usciva di casa si imbattesse nel suo stalker. "Una volta poteva essere un caso, ma sempre non mi pareva credibile". E invece lo era. Come? Lo stalker aveva applicato all'auto della vittima un rilevatore GPS che se attivato trasmetteva la posizione e quindi rendeva controllabile ogni movimento della vittima. O della «preda» perché il termine stalker deriva dal linguaggio venatorio e significa, letteralmente, «fare la posta».Al contrario di Italia e Germania, in Svizzera lo stalking non costituisce un reato penale specifico, ma viene punito attraverso il reato di coazione (fa giurisprudenza una sentenza del tribunale federale del 2003). «Quando si riescono a dimostrare delle molestie assillanti allora si ritiene che la vittima viene indotta a fare, omettere o tollerare un atto» rileva Pagani facendo riferimento al cambiare ad esempio il numero di telefono, alla sorveglianza di una ditta privata. E con molestie assillanti, continua, si intende un ventaglio molto ampio che include tutti i comportamenti dell'uomo che possono essere: pedinare, mandare biglietti, telefonare, «farne di tutti i colori» insomma. Ma per essere considerato stalking, le molestie devono avere un'ampiezza temporale e di intensità affinché possano venir definite assillanti. Perché se la molestia non è associata all'insistenza, non è stalking.