Quegli opposti quasi inconciliabili, l’era del 1995 e la via del compromesso

Nella seconda metà degli anni Novanta, sentir dibattere Marina Masoni e Pietro Martinelli sul ruolo e sul senso dello Stato era cosa assai comune. I due consiglieri di Stato, una liberale/liberista e l’altro socialista, entrambi molto fermi sulle proprie posizioni ideologiche, nel corso degli anni hanno dato vita ad accesi confronti. Tuttavia, malgrado le ovvie differenze, in alcuni casi sono riusciti a fare una sintesi pragmatica delle proprie idee per portare avanti progetti concreti e riforme condivise. Ai nostalgici, se ci passate il termine, avrà dunque sicuramente fatto piacere poterli vedere nuovamente discutere e animarsi attorno al «senso dello Stato». Entrambi, infatti, sono stati ospiti – assieme al leghista della prima ora e oggi sindaco di Lugano Michele Foletti – della trasmissione La domenica del Corriere per una puntata un po’ speciale, dedicata (a trent’anni di distanza) all’elezione cantonale del 1995. «Un passo indietro nella storia», come l’ha definito il vicedirettore del Corriere del Ticino Gianni Righinetti, per tornare indietro all’anno in cui la Lega dei ticinesi entrò in Governo con Marco Borradori e, al contempo, il Consiglio di Stato per la prima volta vide una donna (Marina Masoni, appunto) entrare nella stanza dei bottoni.
Un cambiamento che, qualche anno fa, lo stesso Martinelli in un’intervista sul nostro giornale definì «drammatico». È ancora di quell’opinione? «Certo, non possono negare quanto capitato trent’anni fa, appartiene alla ‘piccola storia’ del nostro Cantone», ha spiegato Martinelli durante la trasmissione. «Da un Governo in cui mi sentivo a mio agio – con Dick Marty e Renzo Respini – passai a un Governo con una liberista e un leghista, fu un bel colpo». Non è un caso, ha ricordato Righinetti, che nei primi mesi di quel Governo lo stesso consigliere di Stato socialista decise di dare del «lei» ai due nuovi colleghi, mentre nella stanza dell’Esecutivo era usanza darsi del «tu». «Li sentivo come estranei e quindi dissi: ‘Iniziamo a darci del lei, e poi vediamo...». Fu poi lo stesso Martinelli, come da lui ricordato, a iniziare un po’ per caso, «e in maniera naturale» a dare del «tu» anche ai novelli «ministri» Borradori e Masoni. «Costruire questo rapporto di collaborazione è stato impegnativo», ha ricordato a tal proposito l’ex consigliera di Stato. Ma poi, con il passare del tempo, «le divergenze di fondo, sulle quali non andremo mai d’accordo, non ci hanno impedito di introdurre gli assegni per i figli, fare una riforma dell’amministrazione che non fece male a nessuno, portare avanti sgravi fiscali e creare l’università». Insomma, «siamo riusciti a costruire un programma e a realizzarlo».
Foletti con simpatia ha invece ricordato che, in quella particolare elezione, siccome parteggiò per Borradori (e non per Flavio Maspoli), quando entrò in Gran Consiglio (la sua entrata in Parlamento risale proprio al 1995) fu messo «in purgatorio» dal movimento, poiché capogruppo della Lega in quegli anni era proprio Maspoli. Al netto di ciò, anche il sindaco di Lugano ha ricordato quanto di buono fatto dall’Esecutivo nel corso degli quegli anni: «In quella campagna la Lega presentò il suo decalogo, che conteneva la creazione dell’università, il raddoppio del San Gottardo, il tema dei casinò. Beh... se guardo indietro quelle cose sono poi state fatte. Quel Governo ebbe il coraggio di fare l’università, non era evidente in quegli anni».
In merito alle riforme più di carattere fiscale e sociale, Martinelli ha poi ricordato che esse, in qualche modo, sono nate un po’ per caso. In quegli anni «venne approvata la legge federale sull’assicurazione malattia, che garantiva al Cantone la copertura dei sussidi. Noi avevamo già una legge molto simile, e la voce dei sussidi costava circa 60 milioni all’anno. Improvvisamente, dunque, con quella legge buona parte dei sussidi sarebbe stata coperta dalla Berna federale». Detto altrimenti: si sbloccarono circa 60 milioni di franchi per il Cantone. «Chiesi una sola cosa: di utilizzare al massimo i sussidi (ndr. messi a disposizione dalla Confederazione)» e poi quei 60 milioni si sarebbero potuti utilizzare «per fare uno sgravio, ma a condizione che fosse a favore del ceto medio, ossia quella classe di reddito che non riceve il sussidio ma che non è ricca». Ebbene, ha quindi ricordato l’ex consigliere di Stato, «da lì è partita una collaborazione che mi ha permesso di portare avanti diverse riforme sociali che sono importanti ancora oggi».
In questo contesto, Masoni ha invece ricordato l’accento messo in quegli anni sulle «finanze sane, necessarie per realizzare progetti», con «risparmi di 450 milioni di franchi fatti su tre anni, quando la spesa pubblica era di poco meno di due miliardi».
Guardando al futuro
Ma qual è stato – ha chiesto Righinetti in chiusura di trasmissione – l’insegnamento dei quegli anni che potrebbe essere utile pure oggi? «Il confronto costruttivo – ha risposto Foletti –, che con senso di responsabilità ha permesso di fare qualcosa di utile per il Paese. Oggi, invece, il confronto non è costruttivo. Si cerca di imporre la propria ragione e far sapere via social media chi è più bravo. E soprattutto chi è più bravo a regalare soldi a qualcuno». Non c’è speranza, dunque? «La speranza bisogna sempre mantenerla», ha invece ribattuto Martinelli. «Spero che in Governo ci siano persone che applichino quella che Max Weber chiamava ‘etica della responsabilità’: non pensare solo alle proprie ragioni, ma anche alle conseguenze delle proprie decisioni a medio termine». Masoni, invece, osservando quanto sta capitando in questi anni, ha messo l’accento sull’importanza di prendersi il tempo di riflettere, senza correre dietro alla rapidità del mondo moderno: «Auspico e auguro a questi governi e alla politica in generale di riuscire a guadagnarsi il suo spazio, al di là della rapidità e aggressività che vediamo sui social media. Occorre prendersi il tempo di approfondire i temi», anche «se purtroppo oggi le dinamiche sono molto differenti, e il lavoro è molto più difficile». Quasi quasi, ha chiosato Foletti con la sua ironia, «servirebbe qualcuno di folgorato sulla via di Bellinzona».