Il caso

«Quel sorriso dice tutto, ora ci sentiamo libere»

La gioia di Kahleda e di sua figlia per la decisione dei giudici del Tribunale amministrativo federale che consente loro di continuare a vivere in Valle Verzasca - «Dopo aver temuto che in ogni momento potessimo essere riportate ancora una volta in Slovenia, adesso possiamo scegliere una casa tutta per noi»
La spensieratezza di due anni fa oggi è consolidata dalla decisione del tribunale. © Ti-Press / Pablo Gianinazzi
Spartaco De Bernardi
03.12.2024 16:34

«Le si sono illuminati gli occhi e sul suo volto è comparso un grande sorriso». Un sorriso che vale più di mille parole quello della ragazzina di dieci anni che, fuggita dall’Afghanistan con la mamma Khaleda, lunedì ha saputo dalla sua maestra delle elementari che potrà restare in Valle Verzasca dove vive dal 2022. Come abbiamo riferito nell’edizione di ieri, il Tribunale amministrativo federale (TAF), ha infatti accolto il ricorso presentato da madre e figlia, per il tramite dell’avvocato Paolo Bernasconi, contro la decisione della Segreteria di Stato della migrazione (SEM) di non accogliere la loro domanda d’asilo in Svizzera e di rispedirle in Slovenia. Quello è stato il primo Paese dell’area Schengen nel quale Khaleda e sua figlia si sono registrate nel 2021 e nel quale erano state rispedite in aereo dopo che la loro prima domanda d’asilo in Svizzera era stata rifiutata. Ma la donna, che fra meno di due settimane compirà 37 anni, non si era persa d’animo: nell’ottobre del 2022 aveva di nuovo raggiunto la Svizzera presentando una seconda domanda d’asilo. Anche questa rifiutata dalla SEM. Da qui il ricorso al TAF che, con sentenza del 28 novembre scorso, ha infine dato ragione alle due donne afghane ribaltando la decisione della SEM di rispedirle in Slovenia. Ora per loro si prospetta una nuova procedura che verosimilmente si concretizzerà con il rilascio del permesso di rimanere in Svizzera per ragioni umanitarie.

Due anni con il fiato sospeso

«È un bel sollievo, soprattutto dopo che abbiamo vissuto questi ultimi due anni nell’incertezza», racconta al CdT la maestra della ragazzina afghana che oggi frequenta la quarta elementare a Brione. «Non appena abbiamo sentito la sua storia e quella di sua mamma ci siamo subito mobilitate affinché potessero rimanere a vivere in Valle», prosegue una delle «sentinelle dei diritti umani», come le ha definite l’avvocato Bernasconi. «Con i suoi compagni oggi abbiamo parlato di quello che ha passato prima di arrivare da noi, in particolare del viaggio lungo cinque anni che l’ha portata insieme alla mamma dall’Afghanistan fino in Slovenia e poi da lì alla Svizzera», continua la docente delle elementari, la quale ha ora un solo auspicio: «Speriamo che ora possano avere un bel futuro davanti a loro».

Un turbinio di emozioni

«Siamo contentissime. Per noi è una liberazione». Khaleda è ancora travolta dalle emozioni. La sentiamo mentre con un’amica sta visitando un appartamento nel quale potersi stabilire insieme a sua figlia. «Adesso possiamo scegliere una casa tutta per noi. Gli ultimi due anni non sono stati affatto facili. Li abbiamo vissuti con il timore che in ogni momento qualcuno ci dicesse che non potevamo più restare in Verzasca e che dovevamo essere trasferite ancora una volta in Slovenia», rammenta la donna.

Gli amici, la scuola ed il lavoro

«Abbiamo trovato tanti amici che ci hanno aiutato ad integrarci nella comunità verzaschese. Da chi mi ha insegnato, e lo sta ancora facendo, l’italiano (a dire il vero lo parla molto bene, ndr.), a chi ci è stato sempre vicino in questi mesi, anzi anni, contraddistinti dall’incertezza», racconta Khaleda che per raggiungere la Svizzera alla fine del 2021 ha compiuto un vero e proprio viaggio della speranza partito cinque anni prima da Kabul. «Mia figlia vuole continuare a frequentare la scuola a Brione insieme ai suoi compagni che l’hanno subito accolta benissimo. Il mio sogno? Aprire una sartoria», conclude la donna che, come sua figlia, può dunque sperare in un futuro radioso.