Circolazione

Quella chat ticinese in cui segnalano i radar

È un canale Telegram con oltre 17 mila iscritti in cui vengono annunciati i controlli: dopo i duecento denunciati a Berna, ne abbiamo parlato con la polizia
© CdT/Chiara Zocchetti

Segnalare controlli radar tramite chat pubbliche su WhatsApp e Facebook può scongiurare qualche multa se si pigia un po’ troppo il piede sull’acceleratore o addirittura salvare qualche patente, ma il rischio – se si ricorre a questi canali per avvisare amici o colleghi – è quello di incappare comunque in un procedimento penale. Ne sanno qualcosa le duecento persone che recentemente sono finite al centro di un’indagine della polizia cantonale bernese. Tutte sono sospettate di aver annunciato pubblicamente via WhatsApp numerosi controlli della velocità e del traffico. Non è la prima volta che questo tipo di chat finiscono nel mirino delle forze dell’ordine, e alle nostre latitudini c’è chi si è organizzato abbandonando i servizi di Mark Zuckerberg per affidarsi al servizio di messaggistica istantanea Telegram.

Un canale alternativo

A differenza di WhatsApp e Facebook, Telegram non raccoglie i dati sugli utenti. I dati delle conversazioni vengono disseminati in una rete delocalizzata di server cloud in diverse località, rendendo molto difficile il lavoro degli inquirenti. Per ottenerli, le autorità dovrebbero infatti contattare il servizio stesso, che a sua volta dovrebbe richiedere l’autorizzazione a procedere da molti paesi, ciascuno con diverse norme sul trattamento dei dati personali. La chat ticinese riscuote un particolare successo e ad oggi vanta oltre 17.000 iscritti. Ogni giorno vengono pubblicate una trentina di segnalazioni, la maggior parte delle quali riguarda proprio i controlli radar. Seguono i posti di blocco sulle strade ticinesi. A questo proposito va detto che il canale ha anche un proprio «codice etico» e non segnala, ad esempio, «i posti di blocco armati, la presenza di guardie di Confine o di Finanza».

Diverse persone denunciate

Da noi contattata, la Polizia cantonale ha innanzitutto evidenziato che «la segnalazione di controlli radar, sia tramite i social media sia con i metodi tradizionali (ad esempio cartelli) da parte di privati è illegale». Altrettanto vietati sono i cosiddetti antiradar, ossia gli apparecchi che rilevano la presenza dei controlli della velocità tramite detezione delle onde radio, o i GPS che dispongono di una banca dati con le posizioni delle postazioni fisse». La Polizia cantonale «è al corrente di queste pratiche illegali e, in diverse occasioni, ha perseguito i gestori dei siti e/o i membri di chat che sono stati identificati, denunciandoli all’autorità competente, trattandosi di un’infrazione di rilevanza penale». In quest’ambito, la Polizia cantonale sottolinea come «l’effettuare i necessari accertamenti d’inchiesta relativi alle chat di messaggeria richieda molteplici sforzi a fronte delle complessità di natura giurisdizionale e tecniche». Un aspetto da non sottovalutare è che «questo tipo di segnalazioni generano problemi legati alla prevenzione di incidenti nella circolazione stradale e alla sicurezza del territorio in generale. In effetti in molti casi i posti di blocco segnalati non hanno nulla a che vedere con dei controlli di velocità e rendendoli pubblici si va a minare, ad esempio, l’efficacia di un dispositivo messo in atto a seguito di una rapina».

La segnalazione pubblica è vietata dalla legge

A partire dal 1. gennaio 2013 la legge sulla circolazione stradale vieta la segnalazione pubblica ma non specifica a partire da che soglia un gruppo chiuso è considerato pubblico.

Il Tribunale federale (TF) ha stabilito che «un’azione è pubblica se non avviene nella cerchia familiare e delle amicizie o in un gruppo di persone legate da relazioni personali o di particolare fiducia». Nel novembre del 2017, rispondendo a una mozione del consigliere nazionale Christian Imark (UDC) che chiedeva di non più sanzionare lo scambio di segnalazioni all’interno di gruppi chiusi, il Consiglio federale aveva spiegato che «la decisione di classificare una segnalazione come pubblica dipende dal caso concreto, a prescindere dallo status di un gruppo nei social media». Secondo il Governo, «anche i cosiddetti gruppi social chiusi possono avere carattere pubblico, soprattutto se il numero di iscritti è elevato e la valutazione al riguardo deve rimanere nella discrezionalità dei tribunali». La mozione era stata respinta dal Nazionale il 12 settembre 2009. Di norma la Magistratura approfondisce la fattispecie in caso di gruppi che contano più di 30 partecipanti.