«Quella volta che creammo il metaverso prima di Meta»
Con Cristina Giotto ci eravamo lasciati alcune settimane fa, all’indomani della nomina a presidente di ated – ICT Ticino, con una promessa: un’intervista a 360 gradi sulla trasformazione digitale nel nostro cantone e sui progetti, numerosi, portati avanti dall’associazione attiva nel campo delle nuove tecnologie. L’abbiamo, infine, raggiunta per una chiacchierata a ruota libera che ha toccato diversi temi. Dal doppio ruolo direttrice-presidente a Swiss Virtual Expo, passando per le nuove, interessanti professioni che stanno emergendo.
Togliamoci subito un
dubbio, meglio chiamarla direttrice o presidente? Battute a parte, che effetto
fa ricoprire un doppio incarico all’interno di un’associazione come ated?
«Non dico ci siano state alcune lamentele, ma alcune persone hanno sottolineato
questa cosa chiedendomi, appunto, come fosse possibile assicurare una buona
governance dell’associazione. Posso rassicurare tutti: è possibile, proprio
perché ated è sempre stata un’associazione onesta e trasparente. Lo dimostra,
in fondo, il nuovo comitato appena nominato, formato da persone che hanno a
cuore il territorio. Di sicuro, beh, essere donna e presidente è una prima storica:
un fatto che mi inorgoglisce, sebbene potrei dire di essermi presa la peppa
tencia».
In che senso?
«L’associazione sta vivendo un momento, diciamo così, particolare. Da un lato,
richiamando gli obiettivi fissati anni fa, quando nacque ated, siamo ritornati
con forza a fare formazione e, pensando al Ticino, a portare innovazione. Il tutto
con un ruolo di precursore ma facendo attenzione a non scontrarci o a non
entrare in competizione con altre realtà: prediligiamo le sinergie, ecco. Promuovendo
la politica del passo secondo la gamba ma, allo stesso tempo, puntando sulla
velocità di esecuzione. Dall’altro, siamo in pieno sviluppo del progetto Swiss
Virtual Expo. Un progetto incredibile, che ci sta dando tantissime
soddisfazioni e che, a mio avviso, è arrivato a un punto di svolta. Lo sforzo,
duplice, è notevole».
Fare formazione, nello
specifico, significa anche insegnare alle persone nuovi mestieri. Quali, in
particolare?
«Una prima formazione è già partita. Vi partecipano sei corsisti che, da
novembre 2023, saranno le prime figure di Cyber Security Specialist in Ticino.
La seconda formazione, invece, è in partenza ed è legata ancora di più alla
trasformazione digitale. Alla fine, conferirà il titolo di Digital Collaboration
Specialist. Sono, appunto, due nuove competenze che noi, come ated, porteremo nel
nostro cantone. Nel primo caso, sappiamo bene quanto sia importante e centrale
il tema della cybersicurezza. Tanto per le persone individuali che hanno a che
fare con la rete quanto per le aziende. Forse non c’è ancora abbastanza
consapevolezza in merito, ma se ne parla oramai da anni. Nel secondo caso, per
contro, parliamo di una figura nuova di zecca che, negli anni, occuperà un
ruolo di rilievo proprio nelle aziende. Questa formazione, mi preme
sottolineare, è equiparata a un bachelor. Era fondamentale, per noi, fare in modo
che queste competenze venissero riconosciute tramite un diploma. La Segreteria
di Stato per la formazione, la ricerca e l'innovazione, fra l’altro, si assume
il 50% dei costi».
Che cos’altro avete in
mente?
«Ulteriori formazioni, in particolare per la modellazione in 3D. Una necessità,
pensando agli spazi dello Swiss Virtual Expo. L’idea è portare in Ticino
persone già attive nell’ambito del gaming e della programmazione. E di formarle
affinché, a gennaio 2023, mettano mano alla nostra piattaforma. Immaginiamoli
come architetti. Partiremo con un programma destinato ai giovani talenti, poi
apriremo anche ai cosiddetti senior. Puntiamo con forza sul metaverso, insomma.
E non solo perché è la parola del momento».
Che effetto le fa,
però, sapere che Meta per la
prima volta ha fatto registrare un calo a livello di utili? Significa che
il metaverso si sta già sgonfiando?
«Meta, per ora, ha solo annunciato il metaverso. Ci sta lavorando, arriverà fra
qualche anno stando alle stime di Mark Zuckerberg. Noi, invece, un metaverso lo
abbiamo già creato. Siamo in rete e assieme a noi, collegati, ci sono altri
cinque mondi. Fra poco otto. Il futuro, ribadisco, è tracciato. E non ci
spaventa».
Quindi ated batte Meta,
volendo esagerare un pochino?
«Ricordo che, quando Facebook annunciò il cambio di nome e Zuckerberg descrisse
il metaverso, all’interno di ated ci scambiammo un paio di occhiate: ma è
quello che abbiamo fatto noi. Con i dovuti paragoni, ovviamente. Il problema è
che noi stavamo per presentare il progetto al Premio Möbius. Ci siamo detti: no,
non possiamo dire le stesse cose. Detto di questo aneddoto, in tanti stavano
lavorando a questa cosa. In modi differenti ma con il medesimo scopo: creare
dei mondi. Non a caso, tantissime aziende e tantissimi marchi stanno, ad oggi,
sperimentando interazioni con il virtuale. Noi, nel nostro piccolo, con Swiss
Virtual Expo abbiamo fatto qualcosa di molto bello. Siamo partiti da un’esposizione
virtuale dato che eravamo in piena pandemia, garantendo una visibilità diversa
e più immersiva alle aziende. Ora, però, ci siamo allargati con altri progetti
nell’ambito del virtuale, come la replica fedele degli spazi della Scuola Tecnica
di Gordola, affinché gli studenti possano partecipare da remoto alle lezioni in
un ambiente ‘vero’ o quantomeno fedele all’originale».
C’è, insomma, sempre
un legame con la realtà che viviamo in presenza, giusto?
«Forniamo servizi, sì. E non vogliamo scimmiottare. Alle aziende diciamo di
sperimentare, oggi, il futuro. Perché non si torna indietro, l’ho detto.
Indipendentemente dai risultati di Meta, metaverso è la parola e il concetto
del domani. E noi siamo fortunati ad aver creato una base simile e solida».
Detto delle nuove
professioni che stanno emergendo, che ruolo può avere ated nella formazione
scolastica?
«Non possiamo sovrapporci al Cantone, questo è chiaro. Ma questa tecnologia, è
evidente, vogliamo mostrarla. Di più, vogliamo farla vivere. Non a caso creiamo
incontri itineranti, permettiamo ai giovani (ma non solo) di entrare
fisicamente nella nostra piattaforma tramite gli oculus, i visori per la realtà
virtuale. Vogliamo, davvero, far capire a tutti il potenziale di questa cosa.
Dirò di più: per i giovani il metaverso è una possibilità eccezionale per fare
di una passione il proprio mestiere. Di mestieri, ve lo garantisco, ne nascono
continuamente. Tre anni fa, quando siamo partiti, c’erano 17 professioni che
ruotavano attorno alla piattaforma di Swiss Virtual Expo. Oggi sono 22».
Che cosa risponde a
chi dice che la tecnologia, presto o tardi, sostituirà l’uomo in quasi ogni
attività?
«In realtà, i nuovi mestieri che stanno emergendo ne stanno sostituendo altri.
Va detto, proprio per rassicurare la popolazione. La tecnologia toglie, è vero.
Ma allo stesso tempo offre. E le opportunità che offre sono di qualità».
Torniamo ai cinque
anni, più o meno, che serviranno a Meta affinché il suo metaverso si affermi. Che
Ticino sarà quello del 2027?
«Dall’andare in banca alle possibilità di svago, il metaverso offrirà
praticamente tutto. Non potremo fare solo quello che non immaginiamo. Noi, fronte
ated, stiamo lavorando a varie cose oltre a quanto già esposto. Penso a una
piattaforma che consentirà la fruizione di musica classica tramite avatar.
Quello che non vogliamo, come associazione, è sostituirci al mondo fisico, agli
incontri in presenza, alle strette di mano. Al piacere di stare assieme. Detto
ciò, il virtuale aprirà delle finestre uniche sul mondo. E darà modo a chiunque
di ridurre la propria impronta carbonica: tanti viaggi d’affari, infatti, già oggi
possono essere virtualizzati. Risparmieremo tempo, a patto di codificare bene
questi mondi digitali».