Orselina

«Quelle sirene delle ambulanze rimaste impresse nella memoria»

Frate Agostino, guardiano del Santuario della Madonna del Sasso, a tre anni di distanza ripercorre il periodo della pandemia
Frate Agostino Del Pietro, guardiano del Santuario della Madonna del Sasso di Orselina. © Ti-Press/D.Agosta
Mauro Giacometti
23.01.2023 06:00

Incontriamo il frate cappuccino a tre anni esatti dal diffondersi della pandemia. Dal suo osservatorio privilegiato uno sguardo alle sofferenze, ai timori, alle paure dei locarnesi che da poco hanno ricominciato a frequentare la chiesa di Orselina e a seguirne le celebrazioni religiose. Con dei grandi assenti, i giovani: «Li stiamo perdendo».

«Nel gennaio del 2020 - racconta - ero appena tornato al Santuario dopo un periodo sabbatico e di studio in Irlanda. E fu subito isolamento, paura, sofferenza. Un ritiro forzato, che aveva ben poco di spirituale. Era scoppiata la pandemia e da quassù le sirene delle autoambulanze si sentivano bene, erano un continuo lamento. Non dimenticherò mai quel periodo e quella sequela di suoni lancinanti nel silenzio di una città che pareva deserta, chiusa in se stessa». Frate Agostino Del-Pietro, classe 1957, guardiano cappuccino del Santuario della Madonna del Sasso, ripercorre con il pensiero quel periodo.

Era rientrato da poco a Orselina, dopo che dal 2001 al 2013 aveva vissuto in convento e aveva seguito tutte le fasi del restauro del Santuario. «Sono di origini leventinesi, ma gran parte del mio percorso di frate cappuccino l’ho passato a Lugano. Così Locarno, Orselina e tutta la regione del Verbano erano un po’ lontane dai miei riferimenti. Ma oggi non posso fare a meno di assaporare ogni giorno questa bellezza e la spiritualità che emana questo luogo», ci dice mentre ci fa accomodare nella sala riunioni del convento.

Vocazione tardiva

Una vocazione tardiva quella di frate Agostino: solo a 33 anni, infatti, decise di lasciare il lavoro di ferroviere per indossare il saio e servire Gesù. «Diciamo che ad un certo punto della mia vita ho cambiato binario», dice sorridendo mentre si accarezza la folta barba e ci guarda con occhi furbi e curiosi. Dopo il primo periodo, tre anni fa i confratelli cappuccini gli chiesero di tornare a Orselina e prendersi nuovamente cura del santuario mariano che, oltre alla chiesa, comprende anche il convento, il museo e una preziosa biblioteca recentemente restaurata. «È stato un periodo difficile, che da una parte ha avvicinato le persone alla spiritualità, ma dall’altro, una volta superata la fase più critica, le ha stranamente allontanate. Soprattutto i giovani sembrano abbiano smarrito la strada verso il pensiero religioso, la riflessione, la preghiera. Sinceramente sono preoccupato: la chiesa cattolica dovrebbe escogitare modalità per riprendere il dialogo con i giovani e farsi più interessante per loro», sottolinea. E a riprova di ciò ci racconta un episodio capitatogli di recente. «Quest’anno il sindaco di Orselina Luca Pohl ha avuto una bella idea: festeggiare i neo 18.enni del comune al Santuario. Non erano molti, cinque, ma ricordo il loro stupore nell’osservare la chiesa, gli affreschi, le vetrate. Abitano a poche centinaia di metri da qui, ma in 18 anni non erano mai stati nel convento e qualcuno di loro non sapeva nemmeno che esistesse», ci dice sgranando gli occhi, ripercorrendo la sorpresa che ha mostrato davanti ai suoi giovani e ignari ospiti.

Passione per il canto

Nonostante il suo distaccato punto d’osservazione, padre Agostino non perde di vista la realtà e la quotidianità di chi vive in città. E ogni tanto lascia il convento per scendere e incontrare i suoi compagni di coro, la «Vos di Locarno», che durante il periodo pandemico vedeva solo attraverso il web. «Riuscivamo anche a provare con un programma informatico condiviso, ma non è la stessa cosa che incontrarci di persona», sottolinea. E per quanto riguarda la città ai suoi piedi, come la vede? Secondo lei si vive bene a Locarno? «Non posso esprimere un giudizio politico, ma puramente estetico. Recentemente, sempre tramite gli amici della Vos, ho partecipato al mercatino di Natale in Città Vecchia. Ed è stata un’emozione ritrovare luci, rivedere e parlare con la gente, apprezzare la bellezza del centro cittadino. Mi pare che i locarnesi possano essere contenti di vivere qui», ci dice mentre ci accomiata sul sagrato della chiesa, con un’impagabile vista panoramica sulla città e il lago.