Ticino

Referendum finanziario: su cosa voteremo il 26 settembre?

Il popolo ticinese sarà chiamato a esprimersi sull’iniziativa popolare costituzionale «Basta tasse e spese, che i cittadini possano votare su certe spese cantonali» e sul controprogetto del Gran Consiglio – L’argomento in votazione in sette domande (e risposte)
© CdT/ Chiara Zocchetti
Nico Nonella
30.08.2021 06:00

Il 26 settembre il popolo ticinese sarà chiamato a esprimersi sull’iniziativa popolare costituzionale del 6 marzo 2017 «Basta tasse e spese, che i cittadini possano votare su certe spese cantonali» e sul controprogetto del Gran Consiglio. Dovrà cioè decidere se introdurre o meno lo strumento del referendum finanziario.

Su cosa voteremo il 26 settembre?
Il Ticino dovrà decidere se essere il diciannovesimo Cantone in Svizzera ad adottare lo strumento del referendum finanziario obbligatorio. Ovvero se portare alle urne le spese uniche e quelle ricorrenti, approvate dal Parlamento, superiori a una certa somma. Sul tavolo ci sono l’iniziativa popolare (12.342 le firme raccolte) lanciata nel 2017 da Sergio Morisoli (UDC) «Basta tasse e spese, che i cittadini possano votare su certe spese cantonali» e il relativo controprogetto, approvato lo scorso 23 febbraio dal Gran Consiglio. Sulla scheda di voto figureranno tre domande: «volete accettare l’iniziativa?», «volete accettare il controprogetto?» e la domanda eventuale: «Nel caso in cui entrambi gli oggetti venissero accolti, quale testo dovrà entrare in vigore?».

Cosa prevede l’iniziativa popolare?
Propone di introdurre il referendum finanziario diretto. In caso di approvazione, in futuro verranno portate automaticamente alle urne tutte le spese uniche oltre i 20 milioni di franchi e quelle annuali superiori ai 5 milioni per almeno quattro anni.

Cosa prevede il controprogetto?
Il controprogetto approvato dal Gran Consiglio con 42 voti contro 38 introduce invece un referendum finanziario indiretto, ossia su attivazione parlamentare. Per portare i cittadini alle urne servirà anche il voto favorevole da parte di almeno un terzo dei deputati presenti e almeno 25 parlamentari. Inoltre, la proposta elaborata in Commissione Costituzione e leggi da Lara Filippini – e sostenuta da Lega, UDC, MPS, la maggioranza del PPD e parte dei Verdi – rivede al rialzo le soglie, portandole a 30 milioni per le spese uniche e a 6 milioni per le spese annuali.

Perché votare «sì» all’iniziativa?
Perché «è uno strumento che in 18 cantoni ha confermato la sua validità come calmiere per la spesa, come garante di una bassa pressione fiscale e come limite all’esplosione del debito pubblico». Già nel suo intervento in Parlamento, Morisoli aveva sostenuto che il referendum finanziario obbligatorio in forma diretta avrebbe giovato ai conti pubblici: «I Cantoni che lo usano hanno le finanze più in ordine e con meno debiti». Inoltre, questo sistema «coinvolgerebbe maggiormente i cittadini e li riavvicinerebbe maggiormente alla politica». I favorevoli sostengono inoltre che in caso di introduzione del referendum diretto saranno in media 3 o 4 gli oggetti a essere sottoposti a votazione popolare. «Lo scopo non è mandare continuamente il popolo al voto, bensì il contrario. Sapendo che devono sottostare a un limite di spesa, Governo e Parlamento devono fare tutto il possibile per rispettarlo prima di andare davanti al popolo».

Perché votare «sì» al controprogetto?
Anche per i sostenitori del controprogetto non c’è il rischio di andare troppo spesso alle urne oppure di bloccare l’attività politica. «In base alla statistica ticinese degli ultimi 20 anni, in caso di referendum indiretto saranno in media 2,2 gli oggetti in votazione ogni anno», si legge nell’opuscolo informativo. Inoltre, «tutti i 125 oggetti delle ultime tre legislature (tranne uno accolto comunque a maggioranza) sono stati approvati dal Gran Consiglio con oltre i due terzi dei favorevoli». Insomma, «viste le statistiche saranno rari i casi in cui questo strumento verrà effettivamente utilizzato».

Perché respingere entrambi gli oggetti in votazione?
Sul fronte dei contrari all’iniziativa e al controprogetto si erano schierati PS, PC e PLR. A queste forze politiche si aggiunge anche il Consiglio di Stato. In occasione del dibattito parlamentare, il direttore del DFE Christian Vitta aveva evidenziato come il referendum obbligatorio potrebbe moltiplicare le votazioni su oggetti che non sollecitano l’interesse dei cittadini (per i contrari gli oggetti sarebbero circa una quarantina in caso di referendum diretto), portando a una banalizzazione del voto popolare. Nell’opuscolo informativo viene inoltre precisato che l’attuale assetto legislativo – su tutti la legge sul freno al disavanzo e il referendum finanziario facoltativo – fornisce già gli strumenti necessari per garantire una politica finanziaria «equilibrata». Inoltre, l’aumento del ricorso a consultazioni popolari genererebbe costi sproporzionati per l’ente pubblico.

Com’è la situazione nel resto della Svizzera?
In Svizzera ci sono 18 Cantoni che utilizzano questo strumento: la maggioranza in forma diretta, mentre a Zurigo, Zugo, Berna e Obvaldo il referendum è attivato tramite il voto del Parlamento. Eterogenei sono anche i limiti finanziari fissati da ciascun Cantone. Alcuni prevedono il referendum quando la nuova spesa o la spesa ricorrente superano una percentuale prestabilita. Altri hanno stabilito limiti al di là dei quali si innesca il voto popolare.