Revisione della legge edilizia, le basi traballano e il tempo stringe

Il lavoro in sottocommissione è terminato. Nelle scorse settimane, l’esito dell’esame della revisione della Legge edilizia cantonale (LE) è stato trasmesso in Commissione costituzione e leggi, dove i gruppi parlamentari stanno discutendo (ancora) alcune proposte di emendamento al disegno di legge governativo emerse in sottocommissione. Diciamolo subito: il clima non è dei più sereni, non da ultimo per la ventilata possibilità che il messaggio, dopo due anni di lavori parlamentari, possa essere rispedito al mittente. L’impressione generale, suggerita dai commissari a microfoni spenti, è che il lavoro si trovi in una fase di stallo e che gli stessi gruppi fatichino a trovare un’intesa al loro interno. Insomma, siamo ancora lontani dalla sintesi che consentirebbe di affrontare una discussione in aula. Il tempo, però, stringe. E i commissari lo sanno.
La bifase
In particolare, a dividere le forze politiche (fuori e dentro la sottocommissione) è la cosiddetta procedura bifase, ossia la possibilità data dalla revisione legislativa di dividere in due momenti l’iter della domanda di costruzione. Accanto alla procedura ordinaria, che rimarrebbe invariata, la nuova normativa prevede infatti la possibilità di presentare «una domanda di costruzione di prima fase», ossia limitata agli aspetti principali del progetto (come la conformità di zona, i parametri edificatori e l’inserimento nel paesaggio). Gli altri elementi di dettaglio (come l’impianto di combustione o l’incarto energetico, per esempio), verrebbero invece posticipati alla seconda fase. «Il vantaggio della procedura in due fasi - si legge nel messaggio governativo - va ricercato nella possibilità di presentare una domanda di costruzione senza una progettazione tecnica di dettaglio e, quindi, ottenere una licenza edilizia (di prima fase) che già sancisce – in modo certo – la fattibilità giuridica di una costruzione».
In altre parole, la procedura bifase consente di verificare la fattibilità giuridica di una costruzione, prima di sviluppare la progettazione di dettaglio, le cui spese possono, quindi, essere posticipate. L’onere finanziario della fattibilità tecnica può dunque essere rimandato in un secondo momento, quando la certezza di poter costruire è stata riconosciuta. Chiaramente, anche la seconda fase è sottoposta a verifica per l’ottenimento della «licenza edilizia di seconda fase», ma - e qui sta il nodo di tutta la discussione - nella seconda fase non potranno più emergere «elementi tali da impedire la realizzazione del progetto». Insomma, la fattibilità viene blindata nella prima fase. Del resto, uno degli scopi principali della revisione della legge era proprio di accelerare i tempi complessivi d’evasione delle domande di costruzione, ovviando così alla «ricorsite», di cui il nostro cantone è malato cronico.
«Procedura macchinosa»
Tutto bene? Non del tutto. Per la maggioranza della sottocommissione, infatti, la nuova procedura, anziché semplificare, renderebbe l’iter molto più macchinoso e burocratico. Inoltre, per poter mantenere il diritto di opporsi su aspetti tecnici relativi alla seconda fase, per legge, l’opponente sarebbe obbligato ad annunciare - cautelativamente - un’opposizione per la seconda fase già durante la prima fase. Insomma, qualsiasi buon avvocato consiglierebbe all’opponente di turno di presentare un’opposizione nella prima fase e di annunciarne un’altra per la seconda. Con un risultato, dal profilo dei tempi di evasione delle pratiche, catastrofico, fanno notare i commissari contrari alla bifase. In un primo tempo, ci sarebbe infatti tutta la trafila giuridica per gli aspetti della prima fase fino al Tribunale federale. Poi, si ripartirebbe con le eventuali questioni tecniche relative alla seconda fase. Di qui, la critica della maggioranza dei commissari: «Ciò che era stato pensato per snellire i tempi, in realtà rischia di allungarli».
Associazioni e partiti
In fase di consultazione, le associazioni di settore hanno accolto la proposta (60% a favore); mentre i partiti l’hanno respinta (60% contrari) con una percentuale che oggi, grosso modo, ritroviamo anche in sottocommissione. PS, Verdi, PLR e Centro/PPD hanno votato contro la bifase. Lega e UDC a favore. Ora, però, il tema - assieme ad altre proposte di emendamento su cui non è stata trovata un’intesa - andrà affrontato in Commissione, dove le sensibilità, anche all’interno dei singoli gruppi, divergono. Nonostante la chiara posizione espressa dai commissari sulla bifase, non è quindi escluso che la maggioranza venga ribaltata in Commissione.
Uno o due rapporti?
Non bastasse, accanto alla bifase, il disegno di legge governativo propone altre modifiche che stanno complicando (e non poco) la discussione parlamentare. Se la digitalizzazione dell’iter procedurale (vedi box a lato) ha raccolto la piena adesione dei commissari, altri aspetti della revisione piacciono decisamente meno. A cominciare dal cambio di nomenclatura (ossia, il nome delle procedure e il numero degli articoli di legge) che introdurrebbe, per alcuni commissari, un’inutile complicazione, specie per i riferimenti giurisprudenziali. Tenuto conto di questi aspetti problematici, in Commissione c’è anche chi ha proposto di rispedire il messaggio al mittente. È il caso del Centro/PPD, che nelle scorse settimane ha messo nero su bianco la sua posizione in un documento condiviso in Commissione. Se infatti l’intento della revisione era di semplificare e risolvere alcuni problemi, il risultato secondo il gruppo non sarebbe stato raggiunto. Gli altri gruppi, invece, temporeggiano, nel tentativo di definire una posizione condivisa. «All’interno dei singoli gruppi, ognuno la pensa a modo suo. Gli interessi sono molteplici, trovare un’intesa non è così semplice», ripetono i commissari. Un bel cortocircuito, che sta creando non poche tensioni all’interno del gremio che da oltre due anni lavora alla revisione totale di una legge piuttosto importante.
Ora cosa accadrà?
Ora, quindi, che cosa accadrà? Le bocche rimangono cucite. In un primo tempo, l’idea della sottocommissione era di uscire con un unico rapporto, redatto da Sabrina Gendotti (Centro/PPD) e Lara Filippini (UDC), mettendo poi al voto in Gran consiglio gli emendamenti al disegno governativo (come la bifase, per esempio) su cui non è stata trovata un’intesa. Ora, invece, le posizioni si sono ulteriormente distanziate, tanto che l’ipotesi di due rapporti (minoranza e maggioranza) non sembra più così remota, anzi pare quasi verosimile. Intanto, per cercare di mettere ordine, trovando una possibile intesa allargata sui punti più critici, la Commissione ha deciso di convocare il direttore del Dipartimento del DT, e promotore della revisione della legge, Claudio Zali. Anche perché il tempo utile per andare in aula, con uno o due rapporti, entro la fine della legislatura oramai stringe.