Il caso

Ristorni dei frontalieri, i Comuni di confine non ci stanno: «Così Roma ci penalizza»

L'Associazione Comuni italiani di frontiera e diversi politici chiedono al Governo di ritirare un emendamento che «sottrae milioni di euro» a Varesotto e Comasco: «La tassa sulla salute era solo l'antipasto contro i territori di confine»
©Gabriele Putzu
Michele Montanari
16.12.2024 09:00

Non è solo la «tassa sulla salute» dei frontalieri a creare malcontento a ridosso del confine tra Svizzera e Italia. Ora c'è pure un emendamento alla Legge di bilancio 2025, presentato venerdì 13 dicembre, con cui il Governo italiano ha «chiesto di riportare per l’attribuzione diretta dei ristorni ai Comuni, il rapporto tra numero di frontalieri e popolazione residente dal 3% al 4%, e ha modificato le casistiche di utilizzo della quota dei ristorni di parte corrente (fino al 50% dei ristorni attribuiti ad ogni Comune), introducendo quale modalità prioritaria la destinazione per iniziative volte a compensare le ricadute socio-economiche derivanti da crisi aziendali insistenti sul territorio di competenza». Si legge in una lettera inviata dall’Associazione Comuni italiani di frontiera (ACIF) al Parlamento italiano, con la quale si chiede ai deputati di «stralciare questo emendamento, palesemente contro i Comuni di frontiera». 

Di fatto, per avere diritto ai fondi, bisognerà rispettare il rapporto del 4% tra il numero di frontalieri e la popolazione residente, ovvero l’1% in più rispetto ai requisiti in vigore fino ad oggi. Una differenza che rischia di escludere molti Comuni della fascia di confine dall’assegnazione dei contributi che ogni anno il Ministero delle Finanze italiano assegna in base alle trattenute alla fonte in Svizzera dei lavoratori frontalieri.

La missiva, che parla di «provvedimenti contro i Comuni di frontiera», prosegue sottolineando come l’emendamento vada a modificare «una legge di ratifica di un trattato internazionale votato all’unanimità dal Parlamento italiano solo 18 mesi fa», contraddicendo «il decreto del Ministro dell’Economia che solo 4 mesi fa stabiliva per gli anni 2024 e 2025 il rapporto frontalieri-popolazione di un comune al 3% e nessun vincolo per l’utilizzo in parte corrente».

Secondo l’ACIF, «l’emendamento mortifica il lungo lavoro portato avanti dagli enti locali e in particolare dai Comuni di frontiera per oltre 5 anni per arrivare alla stesura condivisa dell’Accordo Internazionale (2020) e della Legge di ratifica (2023), attraverso un provvedimento presentato senza alcuna condivisione con i Comuni e con il Territorio», contraddicendo «l’articolo 9 del Trattato, che stabilisce che i ristorni siano versati a beneficio dei comuni italiani di confine e che i criteri di riparto e di utilizzo siano definiti di intesa con i competenti organi regionali», nonché «il principio sussidiario e di autonomia gestionale dei Comuni».

Nella lettera, firmata dal sindaco di Lavena Ponte Tresa e presidente dell’ACIF Massimo Mastromarino, si legge inoltre che «l’emendamento vanifica il processo, esito di una lunga e feconda riflessione “dal basso”, di incontri tra le parti, della firma del Protocollo d’Intesa del 2020, dell’audizione in Commissione al Senato del 2022, dell’allargamento della platea dei comuni direttamente beneficiari dei ristorni, che, dopo 50 anni, ha con la Legge di Ratifica abbassato a non oltre il 3% il limite del rapporto frontalieri/abitanti».

E non solo. La mossa del Governo italiano «penalizza e mette in difficoltà, oltre alla città di Varese, soprattutto i piccoli Comuni di confine delle Province di Como e di Varese (come ad esempio Azzate, Azzio, Barasso, Gazzada Schianno, Laveno Mombello, Lomazzo, Lurago Marinone, Morazzone, Tavernerio, Venegono Inferiore e molti altri), privati dei ristorni, che attraverso il loro utilizzo in parte corrente rispondono ai bisogni dei propri cittadini. L’emendamento mette in difficoltà i Comuni, che con impegno e fatica hanno predisposto i bilanci di previsione per il prossimo anno, sicuri di poter far conto su risorse a loro già assegnate con i criteri stabiliti dal decreto del Ministro dell’Economia prima richiamato, emanato il 13 agosto di quest’anno».

Alfieri: «Sottratti 4 milioni di euro a Varese»

Negli scorsi giorni il senatore Alessandro Alfieri era stato tra i primi ad alzare la voce contro i provvedimenti di Roma. Citato dalla Prealpina, l’esponente varesino del PD aveva criticato che il «Governo di destra, spinto dalla Lega, ha rovinato tutto riportando indietro le lancette dell’orologio. Non contenti di aver istituito nella scorsa legge di bilancio una tassa della salute sui lavoratori frontalieri che non sanno neanche come applicare, ora hanno presentato un emendamento in bilancio che con un tratto di penna sottrae 4 milioni di euro a Varese e svariate centinaia di migliaia di euro a diversi Comuni delle nostra Provincia». 

Maria Chiara Gadda, vicepresidente dei deputati di Italia Viva, interpellata da Varesenews, ha parlato di «doccia fredda» che «arriva senza un minimo di dibattito parlamentare», aggiungendo che «la tassa sulla salute era evidentemente l’antipasto del governo Meloni contro i territori di confine, ma oggi il piatto servito è ancora più indigesto. Il ministro dell’economia Giorgetti conosce bene la materia perché viene, come me, da Varese, la responsabilità è quindi doppia».

Galimberti: «Decisione incomprensibile»

Ieri anche il sindaco di Varese, Davide Galimberti, si è schierato contro l’emendamento alla Legge di bilancio, denunciando come Roma intenda «sottrarre risorse ad alcuni Comuni del nord e della Provincia di Varese, in barba a qualsiasi parola sull’autonomia ed al lavoro trasversale fatto per diverso tempo dai parlamentari del territorio di gran parte degli schieramenti politici, le organizzazioni sindacali e l’associazione dei Comuni di frontiera».

Secondo il primo cittadino della città lombarda, «i ristorni dei frontalieri soprattutto in questo momento di tagli dello Stato agli enti locali dovrebbero essere distribuiti direttamente a tutti i Comuni senza alcuna percentuale in rapporto al numero degli abitanti, come avviene da sempre in Piemonte, coerentemente in funzione del principio di sussidiarietà ed autonomia. Dovrebbero usufruire dei ristorni diretti tutti i Comuni dell’area di confine all’interno della fascia dei 20 km e dovrebbe essere completamente eliminata la percentuale del 3-4% come richiesto da molti sindaci del territorio. Dal Governo in questo momento, e soprattutto per questa parte del nord del Paese e della Lombardia in cui si parla molto di autonomia, mi sarei aspettato proprio l’eliminazione delle percentuali che impediscono a molti Comuni di Varese e Como di usufruire di queste risorse ed invece di un ulteriore taglio all’autonomia dei Comuni».

Galimberti ha concluso chiedendo a Roma un «ripensamento della decisione», affermando che «tale scelta appare ancora più incomprensibile se abbinata alle molti crisi aziendali aperte sul territorio che rischiano di coinvolgere sempre di più i Comuni da sempre interessati da politiche di sostegno in presenza di queste situazioni».