Lugano

«Salvate il ristorante Ciani»

Davide Enderlin interviene sulle difficoltà del locale che ha gestito per nove anni - «C’è stato un tracollo imprevedibile del settore, la Città deve aiutare di più i privati»
La terrazza esterna del Ciani di Lugano. (Foto Maffi)
Giuliano Gasperi
03.01.2019 06:00

LUGANO - La polemica sui mandati per il catering al Palazzo dei congressi di Lugano (si veda il CdT del 31 dicembre) ha portato alla luce la crisi del Ristorante Ciani: una situazione, quella del locale di proprietà della Città, che è destinata a far discutere. Il Municipio ha deciso di venire incontro ai suoi gestori (una cordata del Mendrisiotto di cui fanno parte l’imprenditore vitivinicolo Luigi Zanini e in qualità di amministratore l’ex sindaco di Mendrisio Carlo Croci) abbassando l’affitto da 280 a 200 mila franchi annui e garantendo al Ciani una corsia preferenziale per i buffet legati ai congressi (cosa che ha fatto andare su tutte le furie altre aziende attive nel settore) ma sarà sufficiente? Ne abbiamo parlato con Davide Enderlin, che il ristorante lo conosce bene: con la sua GSI Suisse l’ha gestito dal 2005 al 2014 e recentemente è tornato ad interessarsene, «ma solo perché mi è stato chiesto un consiglio», assicura lui.

Malato cronico
Per capire meglio la crisi del Ciani bisogna partire proprio dal passato. «Dopo il periodo del Mövenpick, che aveva una sua clientela affezionata della Svizzera tedesca, i fatturati sono scesi in modo spaventoso. E parliamo di milioni in meno ogni anno» racconta Enderlin. Questo, secondo l’ex consigliere comunale, è da dipeso da vari fattori. «Per cominciare il Mövenpick aveva l’esclusiva su tutto: se un artista chiedeva un’acqua minerale dal suo camerino, dovevano portarla loro. Poi le cose sono cambiate, sono arrivate altre aziende di catering e il Ciani, pur continuando a fare la parte del leone, ha visto diminuire i propri ricavi, anche perché nel tempo il Palacongressi ha perso appeal come location e il ristorante ha visto calare la clientela italiana che lo prendeva d’assalto, ad esempio, durante i ponti. Senza dimenticare che il locale, essendo molto grande, genera costi elevati. In più ha avuto bisogno di grossi investimenti». Gli attuali titolari infatti ci hanno speso un paio di milioni. «Considerando tutto questo, è difficile chiudere in pareggio. Bisognerebbe avere entrate per circa cinque milioni di franchi all’anno. Quando ci sono riuscito con la mia società (pagando alla Città un affitto di 320 mila franchi annui, ndr) è stato grazie alla gestione di catering esterni, come quello per il mondiale di ciclismo».

Zavorra sul bilancio
Considerando tutto questo, che fare? «Le misure adottate dalla Città possono aiutare, e il Ciani dovrà fare una cura dimagrante, ma secondo me sono solo palliativi». In generale, secondo Enderlin, c’è un problema di fondo: gli investimenti strutturali che i gestori devono affrontare all’inizio. «Lugano dovrebbe seguire una formula usata molto nella Svizzera interna, dove i Comuni effettuano tutti i lavori del caso e consegnano ai gestori una struttura pronta, in modo che non partano con una zavorra sul bilancio. Il caso del Ciani poi è particolare – aggiunge il nostro interlocutore – Essendo legato a un’attività d’interesse pubblico come quella del Palazzo dei congressi va considerato come un servizio, non come un ristorante qualsiasi».

La gatta frettolosa
Ora torniamo all’estate del 2015, quando il ristorante aveva chiuso i battenti a causa del crollo della Kuty Mag, la società venuta dopo quella di Enderlin. A quel punto la Città si era trovata di fronte a due strade: organizzare un concorso pubblico o trovare qualcuno che subentrasse alla Kuty Mag.

Temendo le lungaggini di una gara d’appalto, Palazzo civico aveva optato per la seconda via e l’aveva percorsa con una certa fretta, dato che l’imminente fallimento della Kuty Mag avrebbe reso obbligatorio il concorso. L’accordo con la cordata locale di Zanini e Croci era stato salutato con grande entusiasmo, ma alla luce delle ultime notizie viene da chiedersi se i gestori, e con loro il Municipio, a suo tempo siano stati troppo ottimisti nella valutazione di costi (l’affitto soprattutto) e ricavi (la crisi della ristorazione non è iniziata ieri) sottoscrivendo un contratto poi travolto dagli eventi.

«Ma negli ultimi due anni la ristorazione ha vissuto un vero tracollo e questo era imprevedibile – osserva Enderlin – I nuovi gestori sono partiti, come detto, con un grosso investimento e con tanto personale. Poi hanno deciso di chiudere alcune sere durante la settimana, ma non credo che fosse la soluzione migliore. Hanno commesso degli errori, è vero, ma se lasciassero le chiavi sotto lo zerbino sarebbe un male per tutti. E se la Città dovesse rimettere a concorso la gestione del Ciani, il rischio è che non trovi nessuno, o che trovi qualcuno che non sappia come muoversi. Teniamoci stretti i gestori attuali!».

Un mezzo ritorno
Enderlin sostiene quindi la cordata momò, ma è di parte e non lo nega. Tre anni fa aveva fatto da intermediario per il citato subentro del gruppo ticinese (anche perché la sua GSI voleva recuperare dalla Kuty Mag un credito a cinque zeri contestato dalla controparte) e di recente è stato registrato un suo riavvicinamento a questa attività. È un ritorno? «No, assolutamente – replica il diretto interessato – mi è capitato che gli attuali gestori, che sono degli amici, mi abbiano chiesto dei consigli, ma niente di più». Un mezzo ritorno, possiamo dire così.

UNA PACCA SULLA SPALLA DEL MUNICIPIO
Se le aziende di catering impegnate finora al Palacongressi sono furenti con la Città per la scelta di privilegiare il ristorante Ciani (che non avrà l’esclusiva, ma una corsia preferenziale che gli consentirà di aggiudicarsi un banchetto a parità di offerta) Gastro Ticino e Gastro Lugano si mostrano comprensive con il Municipio. «La decisione di rivolgersi al Ciani sembra la più logica – esordisce Massimo Suter, presidente di Gastro Ticino – È chiaro che alle altre ditte non fa piacere, lo posso capire, ma non mi sento di criticare la Città. Se l’ente pubblico ha rispettato la legge, alla fine ha ragione». Sulla stessa frequenza il presidente di Gastro Lugano Daniele Meni: «Se nel tuo appartamento devi tinteggiare le pareti e nel tuo palazzo c’è un bravo pittore, ne chiamo un altro? – esemplifica il nostro interlocutore – Al Palacongressi hanno lavorato diverse ditte di catering, alcune delle quali italiane, e onde evitare malumori la Città ha giustamente scelto di rivolgersi a chi ha ‘in casa’. È vero che i modi e i tempi della decisione potevano essere diversi (le disdette sono state comunicate a fine dicembre e avranno effetto da fine gennaio, ndr) ma è un errore di forma, non nel merito della questione». Sullo sfondo di questa querelle resta una crisi da cui la ristorazione non riesce ad uscire. «Nulla di nuovo all’orizzonte – sintetizza Suter – la gente nei ristoranti ci va, ma la spesa pro capite è calata, mentre i nostri costi no».