Salvo un tassello del Green Deal, ma l’Europa è sempre più divisa

In bilico non c’era solo un regolamento comunitario. La posta in gioco a Strasburgo andava oltre il singolo provvedimento legislativo: un’eventuale bocciatura della Legge sul ripristino della natura avrebbe indirettamente minato l’architettura del Green Deal, il patto verde europeo composto da una serie di iniziative con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Un vero e proprio banco di prova per tutta la politica ecologica europea e, in ultima istanza, per la Commissione a guida di Ursula von der Leyen.
Di qui, le tensioni dentro e fuori l’Eurocamera in vista del voto per una legge che oggi, dopo un percorso commissionale piuttosto claudicante, ha ricevuto il via libera finale: con 336 voti a favore, 300 contrari e 13 astenuti, il Parlamento europeo ha approvato la legge sul ripristino della natura. Al centro di una battaglia politica ingaggiata dal Partito popolare europeo (Ppe), in piena campagna elettorale per il 2024, il Parlamento ha dapprima bocciato per soli 12 voti una mozione che chiedeva di respingere in toto la proposta della Commissione. Un regolamento che in sostanza (vedi box a lato) mira a recuperare gli ecosistemi degradati attraverso una serie di provvedimenti vincolanti.
La legge del disaccordo
A favore della legge si sono schierate le associazioni ambientaliste, mentre gli agricoltori l’hanno ampiamente contestata. Tanto da portare i due gruppi - guidati il primo da Greta Thunberg e il secondo dalla Copa-Cogeca, l’associazione che riunisce le cooperative europee - a manifestare a Strasburgo, alla vigilia del dibattito e del voto, davanti all’Eurocamera. Non meno diviso, come detto, l’Emiciclo parlamentare, tanto che nei mesi scorsi la legge è diventata il simbolo di uno scontro politico tra una maggioranza che ha sostenuto la Commissione e una cospicua minoranza in cerca visibilità e alleanza in vista delle prossime elezioni di giugno 2024.
La fotografia del voto
Come previsto, il Partito popolare europeo (Ppe) ha votato a maggioranza contro il testo, insieme alle destre dei Conservatori e riformisti (di cui fa parte la delegazione di Fratelli d’Italia) e di Identità e Democrazia (di cui fa parte la Lega) che ha votato compatta contro. A sostenere la proposta i Socialdemocratici, i Verdi, la sinistra radicale e la maggioranza dei liberali di Renew Europe, di cui solo 20 eurodeputati hanno votato contro. In definitiva, i deputati hanno sostenuto la proposta della Commissione di mettere in atto misure di ripristino entro il 2030 che coprano almeno il 20 per cento di tutte le aree terrestri e marittime dell’Unione europea. Ma la legge si applicherà solo quando la Commissione avrà fornito dati sulle condizioni necessarie per garantire la sicurezza alimentare a lungo termine e quando i Paesi dell’UE avranno quantificato l’area che deve essere ripristinata per raggiungere gli obiettivi di ripristino per ciascun tipo di habitat. Il Parlamento prevede inoltre la possibilità di posticipare gli obiettivi in presenza di conseguenze socioeconomiche eccezionali.
Con l’adozione del mandato negoziale da parte dell’Eurocamera, ora possono iniziare i negoziati tra Parlamento e Consiglio. Gli Stati membri UE hanno adottato la loro posizione lo scorso 20 giugno, annacquando la proposta della Commissione; 20 Stati membri su 27 hanno sostenuto il mandato, con Italia, Finlandia, Polonia, Paesi Bassi e Svezia che hanno votato contro, e Austria e Belgio che hanno deciso di astenersi.
Ma al di là dei singoli provvedimenti inseriti nella legge - tra gli obiettivi c’è anche una riduzione dell’uso di pesticidi; una pesca più sostenibile; una diversificazione delle aree coltivate per favorire farfalle, insetti impollinatori e uccelli - il voto di oggi e più in generale tutto il processo di avvicinamento hanno mostrato il solco di una spaccatura politica che sul tema del cambiamento climatico e degli sforzi che si vorrebbero mettere in campo, si è fatto viepiù profondo, in un crescente clima di opposizione verso la politica green voluta da Bruxelles.
Intanto in Europa
Svezia, Polonia, Olanda e Finlandia ne sono un esempio. Arrivato al Governo, il centrodestra, in Svezia, ha cancellato il ministero per l’ambiente. Al suo posto ha creato un dicastero per il Clima, che tuttavia dipende da quello per l’Energia e l’Industria. Un assoggettamento che mostra chiaramente le priorità di un Esecutivo che oltre a tagliare la spesa per la protezione della natura, ha interrotto gli incentivi per le auto elettriche. Un provvedimento che in Polonia ha assunto contorni di un ricorso presentato dall’Esecutivo alla Corte di Giustizia europea per bloccare lo stop di auto a benzina e diesel dal 2035. In Olanda, invece, spicca nei sondaggi in vista delle elezioni che si terranno in autunno il Movimento dei Contadini, una formazione politica che a marzo ha marciato con i trattori a l’Aia per protestare contro le politiche green del Governo e dell’UE. L’Europa, sul tema, è sempre più divisa.