Pandemia

Se i frontalieri rischiano la denuncia

Il decreto del Governo italiano che riguarda questa categoria di lavoratori dà per scontato il ritorno in Italia, non il pernottamento in Svizzera e il rientro nei fine settimana
© CdT/Gabriele Putzu
Andrea Colandrea
23.03.2020 06:00

Tra i numerosi problemi legati a queste terribili giornate d'emergenza pandemica internazionale, c'è un nodo ingarbugliatissimo che con il passare delle ore potrebbe mettere a dura prova la diplomazia italo-svizzera se non, addirittura far deragliare i rapporti bilaterali tra i due Paesi: quello dei frontalieri (per i quali i rapporti sono già, come noto, sufficientemente tesi in materia fiscale). Nel Cantone Ticino, secondo quanto noto, attualmente continuerebbero a lavorare con la loro presenza fisica alcune decine di migliaia dei 68 mila lavoratori frontalieri complessivamente notificati, di cui 4.500 circa nel settore sanitario pubblico e privato.

Una parte di queste persone attive nei differenti settori economici rimaste sul territorio cantonale per svolgere mansioni ritenute essenziali dall'autorità nonostante l'emergenza coronavirus - in primis medici, infermieri, addetti del personale tecnico e alle pulizie nelle strutture ospedaliere - ha scelto di continuare a lavorare come prima dell'emergenza. L'altra, per contro, di seguire le sollecitazioni dei propri datori di lavoro. Vi sono dunque frontalieri che ogni giorno continuano a recarsi avanti e indietro lungo le frontiere rimaste aperte - e soggette a minuzioso monitoraggio di qua e di là del confine - e coloro, invece, che si sono temporaneamente "insediati" in Ticino e che, appunto, pernottano in Svizzera per poi rientrare in Italia il fine settimana.

La loro inevitabile vicinanza alla fonte dei contagi da coronavirus costituisce un punto molto delicato. In sostanza, più si sta vicini alla fonte del pericolo e più, teoricamente, aumentano i rischi di infezione. Un avvocato italiano, il varesino Furio Artoni, ha sollevato questo problema in punta di diritto, con i decreti ministeriali alla mano, spingendo il tema dei frontalieri che pernottano in Ticino nel cuore del Parlamento a Roma, che già oggi potrebbe cercare una soluzione.

Nei vari decreti emanati dal premier Giuseppe Conte, infatti, il permesso accordato ai frontalieri di poter continuare a svolgere il proprio lavoro oltre confine non specifica la durata della permanenza sul territorio svizzero. Il rientro a casa è dato per scontato. I frontalieri che vorrebbero ritornare in Italia sabato e domenica, per questa ragione, potrebbero violare le disposizioni straordinarie in vigore. Nel decreto del presidente Conte si stabilisce infatti che deve essere comunicato sia il viaggio sia il rientro al Dipartimento di prevenzione sanitaria competente per territorio, nonché al proprio medico.

In concreto, per quanto possa sembrare assurdo, per i frontalieri che pernottano in Svizzera il rischio - una volta giunti in dogana e controllati - è quello di incappare in una denuncia penale per il reato previsto e punito dall'articolo 452 del Codice penale italiano, secondo quanto espresso dall'avvocato Artoni, ossia la violazione della normativa che rientra nei delitti colposi contro la salute pubblica per i quali sono previsti fino a dodici anni di carcere.

Il deputato lombardo del Movimento 5 Stelle Nicolò Invidia, che nei giorni scorsi si è sentito anche con lo stesso Artoni, ha invitato le autorità italiane ad emettere una nota interpretativa per definire la posizione dei lavoratori frontalieri una volte per tutte. La soluzione al problema, come detto, potrebbe essere già affrontata nelle prossime ore.

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