Scoperte

Se una grotta è testimone della lotta contro il male

Il Mendrisiotto è noto per i ritrovamenti archeologici, da Tremona a Castel San Pietro – Anche le numerose grotte locali sono però teatro di rinvenimenti – Alcuni fatti in tempi recenti riportano alla luce le credenze popolari nelle forze maligne
Uno scatto dalla grotta Tana Bögiana. ©Sergio Veri
Lidia Travaini
24.01.2025 06:00

Le grotte possono nascondere tesori. Non solo naturalistici, ma pure archeologici. Anche alle nostre latitudini la loro esplorazione può far incappare gli appassionati in manufatti antichi che testimoniano i tempi che furono e sono indicatori di abitudini e stili di vita. Ne è esempio un falcetto in ferro rinvenuto nella caverna del Torrione, sulle pendici del San Giorgio. Un oggetto rimasto seppellito per circa 1.500 anni e trovato quasi per caso da Sergio Veri, tra i maggiori esperti ticinesi di grotte e di luoghi nascosti.

Capita però anche che i ritrovamenti fatti esplorando le (numerose) grotte che si celano nel sottosuolo riportino alla luce oggetti a primo impatto incomprensibili, ma in realtà veicoli di superstizioni o pratiche legate alla credenza nel soprannaturale, sovente nel male e nelle forze negative. Alcuni tra i ritrovamenti più recenti in questo ambito sono stati raccontati (e svelati) nell’ultimo numero della rivista svizzera dedicata alla speleologia «Stalactite» (pubblicazione in cui aveva raccontato a suo tempo anche del falcetto). E si tratta di ritrovamenti fatti nel Mendrisiotto.

San Giorgio e Generoso

Teatro delle scoperte una manciata di grotte del Mendrisiotto: la Tana Bögiana a Rancate, la grotta Monte Cristo sempre a Rancate, la grotta delle Cantine Superiori poco distante dalle altre due, una grotta sempre sul San Giorgio, la cui ubicazione è per ora segreta per consentire ulteriori indagini archeologiche, e le grotte di Doragno alle pendici del Generoso.

Protagonisti delle scoperte sono invece degli oggetti dall’apparente valore pressoché nullo. Anzi, a primo impatto potrebbero essere catalogati come oggetti finiti nelle grotte quasi per caso o come rifiuti. Ma così non è. Stando alle ricerche e alle conclusioni di Veri, quei manufatti erano lì per uno scopo preciso: dovevano tenere lontane quelle che potremmo chiamare forze del male.

Vi chiedete di che oggetti parliamo? Chiodi dalle forme strane (attorcigliati o piegati) o avvolti con il fil di ferro, vecchi mattoni conficcati verticalmente nel terreno, una vecchia scarpa (la terza rinvenuta nelle cavità del San Giorgio dallo stesso ricercatore) e una chiave antica.

Gli scopi

Iniziamo dai chiodi. Scartata la soluzione fin troppo semplice che facessero parte di qualche recinzione, le ricerche hanno portato Veri a concludere che fossero stati conficcati nelle pareti delle grotte (vicino all’ingresso) perché in passato si attribuiva loro una «funzione protettiva apotropaica»: dovevano bloccare, allontanare o intrappolare il maligno (per questo erano piegati o avvolti dal fil di ferro). Simile la finalità ricostruita dei mattoni conficcati in verticale: deposti in punti strategici di passaggio, dovevano bloccare l’accesso degli spiriti maligni verso le vicine comunità. Chissà cosa (o chi), aggiungiamo noi, potesse celarsi nel sottosuolo e risalire grazie alle grotte.

Passiamo alla scarpa, nel frattempo consegnata al Centro di dialettologia e di etnografia, rinvenuta con dei segni di taglio nel cuoio simili a una doppia V. Forse è l’abbreviazione di Virgo Virginum – si legge nell’articolo – un termine usato un tempo per allontanare le forze negative. Nascondere le scarpe per scongiurare il male è stata un’usanza in molti Paesi. Le calzature venivano murate anche nelle case, per tenere lontana la negatività e proteggere lo spazio, quindi l’abitazione, in cui erano celate.

L’ultimo ritrovamento descritto è quello di una chiave in ferro, «molto robusta e insolitamente ricurva». A questo oggetto l’autore assegna la funzione di volontà di controllo e protezione. Finalità che Veri ritrova anche in incisioni e scritte trovate nelle stesse caverne e che ci danno strumenti diversi e originali per scoprire qualcosa del nostro passato e delle nostre origini. Ma anche per capire come certe credenze siano state mantenute e tramandate nel tempo: «dal Medioevo sino ai primi decenni del XX secolo».