Minorenni

Sedicenne con la scacciacani in centro a Lugano

Aperta un’inchiesta nei confronti del minorenne che avrebbe sparato nei pressi di un bar - Sul caso dell’arma all’Elvetico ci sono due procedimenti: uno a carico del bimbo che l’ha portata in classe
La pistola scacciacani è una replica di un’arma vera e in Svizzera viene considerata tale dalla legge federale in materia.
Chiara Nacaroglu
14.03.2019 06:00

LUGANO - Pistole in mano ai minorenni: il delicato tema è stato portato alla ribalta nelle scorse settimane dal caso del bambino di quinta elementare dell’Istituto Elvetico di Lugano recatosi a scuola con l’arma, seppur scarica. Ora emerge un nuovo episodio che ha avuto luogo circa un mese e mezzo fa nei pressi di un bar-ristorante del centro cittadino, dove la polizia è intervenuta per un ragazzo di sedici anni che avrebbe sparato con una pistola scacciacani. Nei confronti del giovane – come conferma al CdT la Magistratura dei minorenni – è stata aperta un’inchiesta per infrazione alla legge sulle armi. Non è chiaro se il colpo (o i colpi) sia stato sparato all’interno o all’esterno del ritrovo del centro città: la dinamica dell’accaduto è al vaglio degli inquirenti. Quella in mano al minorenne, tuttavia, non sarebbe stata l’unica arma trovata dagli agenti nel corso della serata. Da fonti vicine all’inchiesta sembra infatti che siano stati controllati gli appartamenti di altri ragazzini che si trovavano insieme al presunto sparatore e che al loro interno sarebbe stato rinvenuto almeno un altro paio di pistole scacciacani. Sempre stando a nostre informazioni i ragazzi intercettati – quattro o cinque oltre al presunto sparatore, che è stato denunciato – sarebbero tutti minorenni tranne uno. La pistola scacciacani o «a salve» è una pistola semiautomatica dotata di un sistema di munizionamento in grado di produrre un botto simile a quello emesso dalle pistole vere e proprie. Si tratta quindi di una replica di un’arma. Tuttavia, stando alle norme in vigore in Svizzera, è considerata alla stregua di una qualsiasi arma da fuoco. Secondo l’articolo 4 della legge federale sulle armi, infatti, per armi s’intendono anche «imitazioni, scacciacani e armi soft air che per il loro aspetto possono essere scambiate per armi vere».

L’episodio della pistola non è il primo che ha visto l’intervento degli agenti della comunale nei pressi del ritrovo pubblico. Il locale – che ha chiuso i battenti per un breve periodo nelle scorse settimane per poi riaprire qualche giorno fa con una nuova gestione – sarebbe stato oggetto di almeno un paio di controlli della polizia in materia di somministrazione di bevande alcoliche a minorenni e in un’occasione sarebbe anche stato oggetto di una multa.

Indagini sui fatti della scuola

Tornando al sopraccitato caso dell’Istituto Elvetico, l’accaduto sta avendo degli strascichi giudiziari. Stando a nostre informazioni è stato aperto un procedimento dal Ministero pubblico per fare chiarezza sulla vicenda. Da noi interpellati gli inquirenti non rilasciano altre informazioni, ma è verosimile che le verifiche abbiano l’obiettivo di capire come l’arma sia potuta finire nelle mani del bimbo. È presumibile quindi che verranno sentiti i suoi familiari, se non è già stato fatto. D’altro canto invece la Magistratura dei minorenni – come confermato al CdT – ha aperto un’inchiesta nei confronti del ragazzino con l’accusa di infrazione alla legge sulle armi. Il bambino, lo ricordiamo, aveva portato in classe non una pistola giocattolo ma un’arma vera, che però non era carica e non è stata brandita contro nessuno.

A suo tempo la scuola privata di Lugano, tramite il suo direttore don Claudio Cacioli, che questa volta non ha voluto rilasciare dichiarazioni «dato che le autorità competenti stanno ancora operando», aveva spiegato al CdT che non c’era stato «alcun pericolo» e che si era trattato di «una bravata». Su quella vicenda, che aveva scosso l’opinione pubblica e i genitori dell’istituto, restano parecchi interrogativi aperti. Tra questi vi sono il movente del gesto – cosa abbia spinto l’allievo ad appropriarsi dell’arma per portarla in classe – e le modalità con le quali il piccolo sia riuscito ad entrare in possesso della pistola. Perché insomma un bambino così piccolo sia potuto arrivare ad impossessarsi di un’arma e di alcuni proiettili anche se, lo ricordiamo, non compatibili. Proprio un proiettile aveva permesso alla scuola di capire cosa era successo. Un compagno del ragazzino ne aveva con sé uno e quando gli era stato chiesto da dove provenisse aveva raccontato tutto. La scuola a quel punto aveva compiuto tutti i passi necessari, tra cui un esposto penale. Saranno le inchieste a dire se la ricostruzione dei fatti corrisponda alla realtà.