Salerno

Sequestro record di anfetamine, condannato l’imprenditore italo svizzero

Il 45. è stato ritenuto colpevole in Italia di aver movimentato dalla Siria tramite una sua società luganese 14 tonnellate di captagon, la droga della jihad - Dovrà scontare 10 anni, ma si andrà in Appello
Milioni e milioni di pastiglie. ©REUTERS/ALESSANDRO GAROFALO
Federico Storni
11.02.2022 19:00

Il Tribunale di Salerno ha condannato a dieci anni di carcere un imprenditore italo svizzero di 45 anni reo di aver organizzato il trasporto di un’ingente quantità dell’anfetamina captagon - detta anche la «droga della jihad» - dalla Siria al porto di Salerno tramite una società con sede a Lugano da lui controllata. Quanto ingente? 14 tonnellate: il più grande sequestro di questo tipo di droga mai effettuato al mondo.

Si andrà in Appello

Il 45.enne è stato processato e condannato con la formula del rito abbreviato, da lui stesso scelta, lunedì scorso, cosa che nell’ordinamento italiano comporta uno sconto di pena di un terzo, a prescindere (sconto già considerato nell’irrogazione dei dieci anni). È quindi in buona sostanza stata accolta la tesi accusatoria, secondo cui l’imprenditore - con alle spalle reati finanziari - era ben conscio di quello che stava facendo. Diversa la tesi dell’uomo - che si è sempre professato innocente - ribadita ancora in aula lunedì scorso, come riporta il quotidiano salernitano «La Città». Il suo avvocato Michele Iudica ha infatti insistito sulla buona fede del 45.enne, che dell’ingente partita di droga non avrebbe saputo nulla, insistendo in particolare e sul fatto che non abbia cambiato telefono dacché il carico è stato sequestrato nell’aprile del 2020 e lui è stato arrestato nell’agosto del 2021. Telefono il cui numero era indicato nella documentazione relativa all’esportazione e dunque in mano agli inquirenti, che di fatto l’hanno poi intercettato. La vicenda in ogni caso non si chiude qui per l’imprenditore, in quanto l’avvocato Iudica ha già annunciato che farà Appello contro la decisione.

I tre spedizionieri

L’imprenditore non ha in ogni caso agito da solo. In attesa di processo c’è anche uno spedizioniere italiano, che pure si professa innocente. Stando alle carte dell’inchiesta, poi, sono coinvolti un ignoto spedizioniere siriano che parlerebbe un perfetto italiano e che sarebbe la persona che avrebbe chiesto all’imprenditore di portare il container a Salerno, nonché un non meglio precisato spedizioniere italiano attivo in Libia che avrebbe «reclutato» il collega arrestato e in attesa di processo. Il porto di Salerno era probabilmente una tappa di un processo di triangolazione per coprire la provenienza della droga, che poi sarebbe tornata in Medio Oriente.

La SA ora è in liquidazione

Come accennato, l’imprenditore italo svizzero ha operato tramite una società di Lugano a lui riconducibile. Ma il suo nome non appare a Registro di commercio. Appare quello di una donna, che però sarebbe estranea alla vicenda e che sarebbe stata suggerita al 45.enne dalla fiduciaria luganese presso cui ha sede la società. SA che a fine 2021 è stata messa in liquidazione «con decisione dell’assemblea generale», come si legge sul Foglio Ufficiale. La SA era attiva principalmente nell’ambito «dell’’assistenza di terra per compagnie aeree e navali, in particolare a livello internazionale». Ed è proprio nell’ambito aereo che la società compare nell’altra inchiesta che tocca il 45.enne (ci torniamo fra un secondo). L’uomo abita a Lugano da oltre un decennio, e nei mesi scorsi aveva destato qualche domanda il fatto che nessuno si fosse accorto che aveva avuto guai giudiziari in Italia. Questo può però essere spiegato con il fatto che, all’epoca del suo arrivo, non vi fossero ancora condanne definitive da iscrivere a casellario.

E poi c’è la cocaina

L’imprenditore italo svizzero, oltre alla condanna, è in attesa di giudizio per una vicenda emersa proprio in seguito al suo arresto, o quantomeno al monitoraggio delle sue telefonate. Avrebbe cercato di importare in Italia dal Brasile, facendo capo all’esperienza della sua società luganese, sei quintali di cocaina tramite aerei cargo. Il trasporto non si è però concluso anche per l’arresto dell’imprenditore, cosa che aveva fatto infuriare i suoi mandanti, una banda di albanesi, che hanno chiesto la restituzione di mezzo milione di euro che gli avevano affidato per l’affare dietro minaccia ai familiari o a lui stesso di ucciderlo. In questa vicenda, e in un altro tentativo pure fallito di importare dal Marocco importanti quantità di hashish, sono coinvolti anche altri tre italiani residenti in Ticino, fra cui un nome noto delle recenti cronache giudiziarie locali. A questa indagine hanno collaborato anche le autorità elvetiche, tra l’altro trovando 125.000 euro in contanti nascosti nella lavatrice dell’abitazione ticinese di uno dei tre.