Processo

Si invaghì di un minore sui social, ma era una trappola: picchiato da un gruppo di giovani

Condannato un uomo che voleva avere un rapporto sessuale con un giovane dopo averlo conosciuto su un’app di incontri – Dietro la chat si nascondeva un gruppo di minorenni che adesca presunti pedofili per farsi giustizia da sé
L'imputato sapeva che il giovane aveva meno di sedici anni. © Shutterstock
Valentina Coda
03.10.2024 16:28

Si è iscritto su una nota app di incontri con l’intento di trovare l’anima gemella. Le cose hanno iniziato a complicarsi quando l’imputato, un 49.enne cittadino italiano che verrà poi condannato alle Correzionali per tentati atti sessuali con un fanciullo e ripetuta pornografia, si è invaghito di un minorenne. L’uomo conosceva l’età del giovane; quello che non poteva sapere, però, era di stare per cadere in una trappola. Sì, perché dietro quella chat e quel profilo (falso) si nascondevano altri minori che adescavano presunti pedofili per farsi giustizia da soli. Viene architettato un incontro a casa del giovane al fine di avere un rapporto sessuale con l’imputato. I due si danno appuntamento in un parco a Besso, nei pressi della stazione di Lugano. Ma quando il 49.enne arriva si palesano in quattro. Tenta di scappare. Lo prendono a botte.

Una prima in aula

Con ogni probabilità è il primo caso di questa natura a varcare la soglia di un’aula di tribunale. L’agguato, risalente allo scorso maggio, era stato filmato (il CdT ha potuto visionare il video, ndr) da un testimone oculare che aveva assistito alla scena dal balcone della propria abitazione e aveva chiamato la polizia. L’imputato era stato arrestato il giorno stesso e parallelamente erano partiti degli accertamenti su quanto accaduto. Il fenomeno di questi giovani «giustizieri» che vanno a caccia di pedofili (o presunti) sui social network è noto alle autorità. Così com’è noto il modus operandi. Come detto in aula dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, «non si può non considerare la provocazione da parte di alcuni ragazzini che ha poi generato questa situazione».

Varie le attenuanti tenute conto dall’accusa nella commisurazione della pena da infliggere all’imputato. «La gravità dei fatti è medio bassa, stiamo parlando di un singolo caso, la forma del reato è tentata e quindi non c'è stato alcun approccio reale fisico tra le parti. L’imputato si è iscritto all’app di incontri con l'intento di trovare l'anima gemella, ma ha avuto la malaugurata sorte di trovare ragazzini che volevano farsi giustizia da soli. Oltre a tutta una serie di scambi di immagini pornografiche», ha precisato la pp. La proposta di pena – di 10 mesi sospesi per due anni a cui si aggiunge anche l’espulsione dalla Svizzera per 5 anni – è stata pattuita insieme al patrocinatore del 49.enne, l’avvocato Walter Zandrini, che ha rimarcato come il suo assistito abbia subito «una aggressione importante riportando ferite alla testa». Il presidente della Corte, il giudice Amos Pagnamenta, ha infine confermato l’atto d’accusa concordando sia con le considerazioni sia con la proposta di pena espresse in precedenza dalla pubblica accusa. L’uomo, durante il breve interrogatorio, ha spiegato alla Corte di aver conosciuto il minorenne sulla nota app di incontri e poi di aver spostato la conversazione tra i due su WhatsApp. «Mi ha detto che aveva quattordici anni, e da quel momento ho iniziato a sbagliare. Non so spiegarmi perché sono andato avanti, sono stato stupido e ho sbagliato anche soltanto a venire in Svizzera».

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