La storia

Si uccide ma non vuole morire: paradossi e segreti del Genée

A Rancate è ricomparso il fantoccio che inscena la sua impiccagione accompagnato da un cartello ironico - Si inserisce nel rito del Bandir gennaio ma col tempo la tradizione si è impoverita, pur di non svelare chi crea il pupazzo
Il pupazzo appeso da qualche giorno nel nucleo di Rancate, rigorosamente con mascherina. © Ti-Press/Elia Bianchi
Lidia Travaini
03.02.2022 06:00

Quest’anno si è fatto attendere un po’ più del previsto, facendo temere agli amanti di questa tradizione che, forse, la sua ora era giunta davvero. Ma è infine comparso nei giorni scorsi, come sempre nel nucleo, appeso al solito cappio che gli cinge il collo. Stiamo parlando del Genée di Rancate, il fantoccio che ogni gennaio da tempo immemore viene esposto nel centro storico del quartiere mendrisiense. Un pupazzo che inscena la sua impiccagione accompagnato da un cartello tra l’ironico e il polemico che tratta un tema caldo e attuale nella località.

Attorno a questo pupazzo regna un alone di mistero. La sua creazione si inserisce nella tradizione del Bandir gennaio (Genée vuol dire proprio gennaio) e fino a qualche anno fa la sua esposizione nel nucleo terminava con una cerimonia collettiva a cui partecipavano i ragazzi delle scuole e tutto il paese. A fine gennaio il Genée veniva liberato dal cappio e portato «in processione» per le vie del paese, con i bambini che «scacciavano gennaio» facendo rumore muniti di pentole, campanacci e altri oggetti. Il corteo culminava alle scuole dove il fantoccio veniva bruciato all’aperto per congedare l’inverno e aprire le porte alla primavera.

Una mail dal pupazzo

Questa parte della tradizione è però sparita. Malgrado ogni anno vengano lanciati appelli per ristabilirla. C’è chi cerca di coinvolge le maestre delle scuole, nella speranza che l’istituto scolastico possa farsi carico di questo evento, c’è chi chiede ad amministratori locali e politici di rilanciare la tradizione nel suo complesso, c’è chi al bar non parla d’altro e c’è anche chi si rivolge ai media. È successo anche a noi un paio d’anni fa, quando abbiamo ricevuto una mail firmata proprio dal Genée. Ci chiedeva di non farlo morire, o meglio di lasciarlo continuare a morire, e di aiutarlo a riportare in vita la tradizione nella sua integralità.

Segreto da custodire

In quell’occasione – e non era stata l’unica – avevamo cercato di scoprire chi ci fosse dietro la creazione del fantoccio. Inutilmente però. Impossibile scoprirlo o farsi anche solo indicare una persona informata su chi sia la mente. Nelle scorse ore però, grazie all’aiuto della vicesindaca Francesca Luisoni, che si è chinata sul tema qualche anno fa nell’ambito di un convegno dedicato al patrimonio immateriale a cui ha preso parte in qualità di collaboratrice scientifica del Centro di dialettologia e di etnografia del Cantone Ticino, abbiamo scovato informazioni interessanti. La prima è che se non riusciamo a scoprire chi crea il Genée, un motivo c’è: i suoi creatori vogliono restare segreti. E pur di mantenere l’anonimato accettano in qualche modo che la tradizione si riduca alla sola esposizione del fantoccio. «Oggi il fatto di bruciare il Genée non è più permesso e quindi il rito attorno al fantoccio ha dovuto gioco forza modificarsi», si legge nell’intervento di Luisoni. Questo «per una semplice questione di sicurezza. Dovete sapere che il Genée di Rancate tradizione vuole che venga realizzato da una persona (o da un gruppo di persone) che nessuno conosce (o quasi). I materiali di fabbricazione del fantoccio non possono essere appurati delle autorità (essendo questo appunto realizzato segretamente), quindi oggi nessuno tra docenti, polizia e pompieri si assume il rischio di bruciarlo perché potrebbe (certo ipoteticamente) anche contenere materiale esplosivo o inquinante».

Dalla piazza allo svincolo

L’usanza della cacciata di gennaio è diffusa soprattutto Oltralpe e lungo l’arco alpino. In Ticino ne esistono testimonianze in particolare nel Locarnese e in Leventina. Il rituale di Rancate è l’unica attestazione a sud del cantone, ci confermano dal Centro di dialettologia e di etnografia.

Il tema trattato quest’anno dal Genée è quello della piazza di Rancate, che da anni attende di essere riqualificata e per cui a breve potrebbero finalmente esserci novità. Novità a cui però sembra che il Genée non creda molto. Il suo messaggio è: «A füria da pensag sü per la növa piaza ul Genee al s’è tacaa sü».

Negli scorsi anni i temi trattati erano stati il coronavirus («Ul Genée al sé tacaa sü parché dal covid a san pò pü»), la sicurezza di via ai Grotti, quella dei «famosi» cubi di cemento («Ul Genée al sé tacaa sü parché ala sicüreza da via ai grott al ga pensa sempru sü») e il nuovo svincolo autostradale di Mendrisio («Ul Genée al sé tacaa sü in dala via spreandu che finii ul nov svincul ul trafic al porta via»).

Il nostro appello alle menti del Genée

Un messaggio al Genée però ora vogliamo trasmetterlo noi. La sua storia ci appassiona e vorremmo aiutarlo a ripristinare la tradizione nel suo complesso. Lo invitiamo quindi a contattarci ancora e a raccontarci meglio la sua storia, garantiremo il suo anonimato e cercheremo di aiutarlo a raggiungere il suo scopo. Intanto il Centro di dialettologia e di etnografia ogni anno ne conserva la foto a testimonianza di quanto sopravvive di questa tradizione invernale.