Sissi è chiusa in un deposito: «Riportatela alla luce»

Dov’è finita ora, principessa? Scompare, riappare e poi di nuovo scompare, la scultura in gesso dedicata da Antonio Chiattone all’imperatrice Elisabetta d’Austria. A interessarsi del suo destino, nei giorni scorsi, è stato Elio Bollag, forse uno dei luganesi più affezionati alla statua della sovrana assassinata da un anarchico italiano sul lungolago di Ginevra una sera di settembre del 1898. «L’opera, rinforzata e restaurata, giace dimenticata in un magazzino» constata con amarezza l’ex consigliere comunale. «In omaggio al nostro scultore Chiattone, alla bellezza del suo capolavoro e alla principessa Sissi, mi permetto di suggerire che sia riportata alla luce».
Potrebbe tornare, ma dove?
Ma come nasce il legame tra la principessa e Lugano? Elisabetta era solita frequentare la città e conosceva Chiattone, al quale aveva commissionato alcune opere. Dopo la sua uccisione, fu la Città di Montreux a incaricare lo scultore di realizzare una statua in marmo della principessa. Quella si trova tuttora sulle rive del Lemano, mentre il gesso, che è una sorta di bozza, è rimasto per un secolo nel cortile del palazzo Chiattone che ospitava la storica osteria Indipendenza. Là, tuttavia, Sissi era coperta solo da una tettoia: troppo poco per proteggerla dai segni del tempo, in tutte le sue declinazioni. A salvarla da un lento ma inesorabile degrado ci aveva pensato un imprenditore che, dopo aver acquistato gli edifici vicini, aveva scelto di donare la scultura alla Città affinché fosse esposta al pubblico. Così era stato. Dopo un progetto di restauro portato avanti dalla SUPSI e dal Museo d’arte della Svizzera italiana con il contributo del Soroptimist International Club Lugano e della Fondazione Araldi Guinetti, l’opera aveva trovato spazio nelle sale al pianterreno di Palazzo Reali. Per un periodo. Poi la cittadinanza aveva perso di nuovo le sue tracce.
Al momento, come confermatoci dal municipale responsabile della cultura Roberto Badaracco, Sissi si trova in un deposito a Chiasso. «La scultura è in gesso, è molto delicata, e per esporla bisognerebbe trovare un luogo abbastanza grande e che garantisca le giuste condizioni climatiche. Non è facile, ma stiamo facendo delle valutazioni». Qualche anno fa si era parlato anche di un suo possibile trasferimento al LAC, ma non se n’era fatto nulla perché la scultura era stata giudicata «ingombrante e fuori contesto».
Quel nome cancellato
In attesa di conoscere il destino della statua, Bollag segnala un dettaglio sfuggito ai più. «Avevo ammirato il modello in gesso dell’opera e ricordo lo sguardo trasognato della giovane principessa. Un braccio era abbandonato lungo il fianco e con la mano teneva un libro chiuso, un dito tra le pagine. Sulla copertina era ben visibile in lettere maiuscole il nome dello scrittore: Heine». Heinrich Heine, poeta tedesco di famiglia borghese ebrea. «Da mie indagini, tuttavia, avevo scoperto che sull’opera definitiva il nome Heine mancava, lasciando la copertina del libro nuda. Intrigato da questa piccola differenza – racconta sempre Bollag – venni a sapere che prima di mettersi a scolpire l’opera definitiva in marmo di Carrara, Chiattone aveva interpellato i discendenti della principessa per avere il nullaosta, ottenendolo a una condizione: cancellare il nome di Heine dalla copertina del libro. L’antisemitismo era già nato».