Escursioni

Slavine sui monti del Luganese: attenzione

Le cime della regione sono prese d’assalto, ma è vietato sottovalutarle: registrate tre valanghe - I consigli di una guida
Può succedere anche a quote relativamente basse.  (Foto Shutterstock)
Giuliano Gasperi
27.01.2021 21:02

Chi pensa che le valanghe siano una minaccia solo per chi affronta escursioni impegnative in alta montagna e che sulle cime morbide e non troppo elevate del Luganese si possa camminare o sciare in tutta tranquillità, commette un grave errore. Le cose non stanno così, e il fatto che da qualche anno non succedano incidenti non sminuisce il pericolo. Ne sono conferma un’immagine e un filmato che circolano in questi giorni su Internet. La foto testimonia un grosso distacco di neve avvenuto nei giorni scorsi sul versante sud del monte Gradiccioli, una vetta malcantonese di 1.936 metri. Il video mostra invece una piccola slavina innescata da uno sciatore che scendeva in direzione sud-ovest dalla cima di Fojorina, 1.810 metri, in Val Colla.

Come prevenire
L’episodio sulla cima di Fojorina è stato segnalato sulla pagina Facebook di White Risk, il portale edito dall’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe e dalla SUVA che descrive questo fenomeno in tutte le sue sfaccettature e può essere uno strumento prezioso per tutti gli escursionisti: dalla famiglia con bambini a chi pratica sci-alpinismo sui pendii più rischiosi.
A ricordarci quali sono le regole di base è Tiziano Schneidt, guida alpina e presidente del Soccorso alpino ticinese. «La prima cosa di cui tenere conto è il bollettino valanghe, che viene pubblicato tutte le sere alle 17». I gradi di pericolo sono 5, ma solo i primi tre riguardano gli escursionisti. «Se abbiamo un grado 3 non dobbiamo pensare di essere a metà della scala, perché il 4 e il 5 sono pensati per chi deve gestire la chiusura di strade e l’evacuazione di villaggi», quando si temono le cosiddette valanghe catastrofiche. «Con il grado 3, che per gli escursionisti è già molto critico, dovrebbe uscire solo chi ha esperienza». Ma bisogna fare attenzione anche con i gradi inferiori, che non escludono i distacchi. «Per esempio scegliendo un tragitto che non preveda pendenze troppo elevate». Il valore di riferimento è 30 gradi: sotto questa quota è abbastanza improbabile che parta una valanga. «Sul posto occorre anche valutare l’eventuale presenza di neve fresca o ‘ventata’ - aggiunge Schneidt - Nel secondo caso bisogna prestare attenzione al vento da nord, che spesso crea accumuli».

Un altro punto fondamentale è l’equipaggiamento. «Chi vuole affrontare escursioni invernali deve dotarsi di ARTVA (dispositivo che permette di essere rintracciati anche sotto la neve, ndr), pala e sonda». In generale, non bisogna mai sottovalutare la situazione. «La banalissima passeggiata che si fa d’estate, d’inverno non è la stessa cosa. E non si può nemmeno fare un discorso di cime o zone più pericolose di altre. Anche la montagna più sicura, in certe condizioni, può nascondere una trappola».

Quel maledetto aprile

Come detto è da qualche anno che non succedono incidenti. L’ultimo però se lo ricordano in molti. Era il 6 aprile del 2010 quando sulle pendici del monte Bar moriva Tiziano Muzio, 55 anni, personaggio noto nel mondo dello sport ticinese per essere stato, per un trentennio, il preparatore atletico dell’Hockey Club Lugano. Partito per un’escursione con le pelli di foca, era stato travolto da una slavina in una piccola valle in zona Piandanazzo, a un’altitudine di circa millequattrocento metri.

Il giorno prima, sul Bregagno, un monte di 2.107 metri affacciato sul lago di Como, la stessa sorte era toccata a Maurilio Dell’Oca, 47 anni, investito da una valanga durante una salita con le ciaspole. Da allora le cronache non hanno registrato più nulla, ma gli ultimi due distacchi sono dei segnali. «Quest’inverno c’è stata una terza valanga, sul Tamaro - aggiunge Schneidt - È anche intervenuto il Soccorso alpino perché si temeva che potesse essere coinvolta una persona».