Sono loro a portare il Pardo in giro per la città
La bicicletta. Un mezzo molto apprezzato e utilizzato nei film. Da (solo per citarne due) il capolavoro neorealista Ladri di biciclette di Vittorio De Sica (1948) all’iconico volo notturno di Elliot con l’amico alieno in E.T. l'extra-terrestre (Steven Spielberg, 1982). E anche Locarno ne ha la sua buona dose. Se il Festival è giunto al 75. anno, da 24 c'è infatti qualcuno che, con le sue creazioni, porta i colori del Pardo in giro per la città (e non solo) su due ruote. Sono le persone dell'Atelier Ri-Cicletta di SOS Ticino. «Hanno il colore ruggente della savana, vestono i colori caldi dei girasoli, sfrecciano con il loro manto giallo e nero sotto le stelle»: le biciclette pardate sono una consolidata e apprezzata tradizione, divenuta uno dei simboli del Festival. E negli anni si sono aggiunti anche tricicli, monopattini, risciò.
Una bici, tante storie
Ri-Cicletta è uno dei piani occupazionali di SOS Ticino e ha sede a Rivera, dove si trova l’officina. Persone al beneficio dell'indennità di disoccupazione vi vengono assegnate dall'Ufficio del lavoro per un periodo di tre mesi (a meno che non trovino nel frattempo un nuovo impiego). Lì biciclette vecchie, di seconda o terza mano (provenienti dall'ecocentro o fornite dalla polizia) vengono recuperate, rimesse a nuovo e vendute, oppure spedite in Africa a scopo solidale. Quelle dedicate al Festival vengono «vestite» di Pardo: ogni passaggio viene fatto a mano, compresa la verniciatura e le decorazioni. Il che rende ogni pezzo unico. La bicicletta ottiene così «una seconda vita da leopardo», come è stata titolata una pubblicazione del 2014 realizzata nell'ambito di un'asta benefica.
Ma anche chi vi lavora, in un certo senso, sale in sella a qualcosa di nuovo. Perché ogni bici decorata è legata a una vicenda privata, che molto spesso parte dalla perdita del posto di lavoro. A Locarno incontriamo Ivan Malagrinò, da poco inserito nel programma occupazionale: «Mi sono trovato subito molto bene, sia con il progetto che ha uno scopo sociale, sia con le persone molto accoglienti. Mi sento a mio agio. Anche se mi trovo nella spiacevole situazione di essere senza lavoro, quotidianamente ora faccio qualcosa di utile». Non manca, poi, la soddisfazione: «Vedere in giro queste biciclette, realizzate con le nostre mani, mette allegria. La gente del Festival si ferma al nostro stand, fotografa le nostre opere, ma vuole anche sapere cosa c'è dietro».
«Abbiamo vestito Locarno di macchie»
Il responsabile dell'atelier, Pietro Di Conza, è conosciuto da tutto l'entourage di Locarno. «Dopo 24 anni la soddisfazione più grande è sapere di aver dato qualcosa al Festival, di farne realmente parte». Tra i suoi ricordi più cari trovano spazio dieci fotografie che ha scattato all'attrice Debra Winger (in giuria nel 2001) nell'allora spazio dedicato a Ri-cicletta all'interno della Magnolia. Ma anche la gratificazione di essere un luogo di passaggio per persone che perdono il lavoro e lì trovano una attitudine nuova per affrontare un momento difficile. E molte altre soddisfazioni: «Prima dell'arrivo delle nostre biciclette, le macchie del Pardo non si vedevano in città. Dopo i primi anni, alcuni commercianti hanno iniziato a chiederci dei prodotti da inserire nei loro negozi. Poi ne ho parlato con Manor, abbiamo allestito una vetrina ed è stato un enorme successo. Il seguito lo conoscono tutti: gadget di ogni tipo pardati. È stata una collaborazione molto bella che ha contribuito a rendere Locarno quella che è oggi durante il Festival».
Le biciclette pardate ora vengono noleggiate e acquistate. Tanto da essere presenti in Svizzera interna e in Italia. «So che almeno due solcano le strade della città di Venezia». Un ricordo indelebile che non è solo cinema. «Spesso i bambini si fermano entusiasti. Vogliono fare un giro con i nostri monopattini. Lo scorso anno il cantante Paolo Meneguzzi ne ha acquistati due, per sé e suo figlio. Vedere la gioia negli occhi dei più piccoli è un enorme risultato, per me e per chi lavora alla realizzazione di questi pezzi unici».