«Sono parole inaccettabili»
«È inaccettabile che il consigliere di Stato consideri quello successo tra una ragazzina e il direttore come un reato quantomeno non violento nella misura in cui comporti un certo livello di consenso. Stiamo parlando di un’età in cui il consenso, in questo ambito, non si può formare. Ma se questo aspetto non è chiaro, bisogna discuterne approfonditamente». Animi accesi in Gran Consiglio sulle parole del direttore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS) Manuele Bertoli durante la discussione in aula di cinque interpellanze attorno al caso dell’ex direttore delle Scuole medie di Lugano Centro, arrestato lo scorso 7 settembre con l’accusa di atti sessuali con fanciulli. Parole che hanno lasciato «basiti» i firmatari degli atti parlamentari in questione e per cui quasi la totalità del plenum (61 voti favorevoli, 2 contrari e 8 astenuti) ha accolto la richiesta di discussione generale avanzata da Tamara Merlo (Più Donne).
Di malumori e precisazioni
Dopo aver dipinto quanto successo tra il 39.enne e la giovane allieva come «grave, inqualificabile e inaccettabile» e elencato sostanzialmente i due principali errori commessi nel 2017 – l’utilizzo della chat su Whatsapp e il mancato coinvolgimento dei genitori –, Bertoli è stato investito da un’insoddisfazione quasi generale per alcune sue risposte, soprattutto relative alla «violenza» e al «consenso» del rapporto tra l’ex direttore e la ragazza. «Sono allibita nel sentire parlare di consenso in una relazione tra una ragazza minorenne e il suo docente», ha esordito Angelica Lepori Sergi (MPS). Le hanno fatto eco la liberale radicale Cristina Maderni, Fiorenzo Dadò (Il Centro/PPD) e Sabrina Aldi (Lega), sottolineando che «è stata commessa una violenza forse ben più grave di un pestaggio» e soprattutto «come si possa sostenere che non ci sono state segnalazioni quando nel 2017 alcuni genitori avevano chiesto una serata esplicativa proprio perché stupiti nel leggere il contenuti inappropriato della chat». Su questo punto, il direttore del DECS ha più volte ribadito anche in precedenza che le segnalazioni ci sono sì state, ma che si sono fermate all’interno dell’istituto di Lugano. Malumori tra alcuni granconsiglieri anche per la mancata risposta a puntuali domande per via dell’inchiesta in corso. Non si sono fatte attendere le precisazioni del direttore del DECS, che ha sottolineato come non intendeva sminuire la colpa di quello che è stato fatto, ma solo sottolineato che «quando il procuratore pubblico apre un incarto e segnala un elemento di violenza (nel senso più stretto del termine), il reato sarà diverso, così come la colpa e la pena. Non volevo assolvere nessuno o fare giudizi di valore». Precisazioni, queste, che non sono servite a placare gli animi. Anzi, hanno dato il via libera alla discussione generale.
Paragoni poco apprezzati
«Sono rimaste troppe questioni aperte su questo caso, bisogna educare all’ascolto anche i docenti, evidentemente – ha detto Tamara Merlo azzardando un paragone che è stato poco gradito dal consigliere di Stato –. A volte si ha come l’impressione di essere nei momenti più brutti e bui della Chiesa, quando il prete che allunga le mani viene spostato in un'altra parrocchia, come se il problema fosse il chierichetto. Cosa succede nella nostra scuola? Prendiamo veramente il toro per le corna oppure anche qui c’è la tendenza a spostare?». Al dibattito in aula hanno preso parte sostanzialmente tutte le forze politiche, chi con interventi più moderati e incisivi, altri con frecciatine indirizzate all’operato del DECS. A placare gli animi e a spezzare una lancia a favore di Bertoli la socialista Anna Biscossa. «Certe richieste fatte in questa aula sono molto importanti, come il numero unico di emergenza e gli auspici per la cura e la comprensione degli aspetti premonitori di questi fatti. Siamo di fronte a un caso gravissimo, preoccupante, ma che deve essere affrontato dalle procedure giuridiche che daranno risposte precise a domande legittime che oggi non possono trovare risposta». Anche Lepori Sergi ha sollevato l’importanza di creare dei canali dove le vittime possano parlare e vengono ascoltate in un quadro protetto. «La storia si ripeta di frequente: ci sono delle vittime o che fanno fatica a parlare, oppure che parlano e non vengono ascoltate. E questo giustifica l’inazione di chi, poi, queste segnalazioni le ha ricevute». Dal canto suo, la democentrista Lara Filippini considera «incredibile come ogni volta che si viene a conoscenza di una vittima siamo qui a farci molte domande ma mai a cercare soluzioni». Soluzioni che secondo la liberale radicale Maristella Polli potrebbero essere trovate innanzitutto «chiarendo l’iter di controllo, ovvero chi controlla chi, affinché queste cose non succedano. Non è il silenzio degli innocenti, è il silenzio dei genitori con i propri figli. La responsabilità genitoriale è capire cosa succede al proprio figlio».
L'arresto e i dubbi del 2017
Il 7 settembre l’ex direttore viene arrestato con l’accusa di atti sessuali con fanciulli per aver avuto rapporti (ammessi) con un’allieva minore di 16 anni. Nei giorni successivi emergono testimonianze di genitori che nel 2017 l’aveva segnalato all’allora direzione delle Medie di Lugano Centro per un comportamento ritenuto «poco consono» durante un corso di educazione sessuale tenuto nelle ore di latino. Segnalazioni che non avevano però mai lasciato Lugano per approdare alla direzione del DECS.