L'intervista

Speziali lancia il congresso PLR: «Pronto con una nuova squadra per un PLR più coraggioso»

Il presidente liberale-radicale a ruota libera: «I prossimi anni dovranno essere vigorosi»
©Gabriele Putzu
Gianni Righinetti
11.03.2025 06:00

Domenica a Biasca si riunirà il congresso del PLR, piatto forte il rinnovo alla presidenza di Alessandro Speziali. Lo abbiamo incontrato a casa sua domenica sera per una chiacchierata. Noi al PC, lui intento a cucinare una tartare al coltello: «La cucina e la politica sono le mie grandi passioni». 

Lei non lascia, raddoppia! Un presidente con il coltello in pugno potremmo dire. È tranquillo?
«Sono motivato e pronto. Il lavoro per rendere il PLR più agile, profilato e presente non manca mai. Diverse cose sono state fatte, altre non ancora, altre certamente criticabili. Il congresso, ma non solo, è un’opportunità per lanciare i prossimi anni. Che dovranno essere vigorosi».

Una critica che le viene mossa è di essere uomo e presidente di parole, argute metafore, con ridondanza e poca concretezza. Faccia il difensore di sé stesso.
«Compito del presidente non è difendersi, ma di migliorare. Dobbiamo incidere e far discutere il Paese su aspetti centrali della vita quotidiana di ogni cittadino: potere d’acquisto, costi della salute, ambiente, scuola, sviluppo economico. Ripercorrendo tutto quanto fatto in Parlamento e con il partito, la mole di lavoro è concreta e ragguardevole, anche e soprattutto grazie alla squadra e al gruppo PLR in Gran Consiglio. Cito solo la scuola, la fiscalità o la libertà di commercio. Ridondanza? Ripeto le nostre priorità e la visione di società alla base delle nostre scelte: libertà, responsabilità, doveri e non solo diritti. Nell’esprimermi, lo riconosco, mi piacciono le metafore, era già così a scuola. Ma questa è cifra stilistica, sono un presidente del fare, ma non un one man show. Nel PLR si lavora in squadra».

Ne siamo coscienti: criticare un presidente è più facile che fare il presidente. Lo vuole spiegare anche lei ai suoi «detrattori»?
«Nel mio ruolo sono esposto – giustamente – alle critiche, alle quali voglio rimanere il più possibile permeabile, perché spesso costruttive e di prospettiva. Rispecchiano un partito ricco di sensibilità, generazioni, approcci e interessi diversi. Non possiamo assecondarle tutte, anche perché non di raro in contraddizione, ma vedo un minimo comun denominatore: desideriamo entusiasmo, progetti, risultati. Dopodiché esistono pure critiche ingiuste, velenose o autolesionistiche. Sono come il freddo d’alta montagna: ti puoi vestire quanto vuoi, ma alla fine qualcosa nelle ossa ti entra. Ma con chi mi critica e propone, continuerò a cercare il dialogo».

Ha già cucinato anche il menu del congresso per non avere sgradite sorprese?
«Amo stare in cucina, ma non stabilisco il menu per i congressisti. Sarà un momento di scambio vivo e arricchente. Invito tutti a partecipare».

Si dia la pagella dalla sua entrata in carica ad oggi.
«Speravo non ci fosse questa domanda, ma non la eluderò: 4,5 – con l’invito del maestro (la mia base PLR) a migliorare, perché energie e idee non mancano».

Occorre un PLR meno Staatspartei (un problema che riscontriamo un po’ ovunque in Svizzera), ma più trainante nella lotta alla burocrazia, in una pianificazione della sanità coraggiosa, o per massicci investimenti nello sviluppo economico

Cosa intende cambiare per il 2027. Lo sappiamo, è alle elezioni lì che si gioca la credibilità di un presidente.
«Eh sì, che si gioca lì. Infatti sorrido quando sento pronunciare la famosa frase “dobbiamo, a costo di essere impopolari”, poi però si pretendono percentuali positive nelle elezioni, con un elettorato sempre più volubile. Occorre un PLR meno Staatspartei (un problema che riscontriamo un po’ ovunque in Svizzera), ma più trainante nella lotta alla burocrazia, in una pianificazione della sanità coraggiosa, o per massicci investimenti nello sviluppo economico: piccole imprese, turismo, valli e industrie».

Ha detto «burocrazia» e devo ricordarle il fallimento della vostra iniziativa ritirata in corsa…
«Ha buona memoria… Il tema rimane, ma quell’approccio era troppo ampio e il momento infelice con l’impegno elettorale. Ma la questione è concreta e rimane nella mia agenda».

Intende rinnovare la squadra. Nello sport si dice «squadra che vince non si cambia». Ergo, la sua è l’ammissione della sconfitta?
«Assolutamente no. Il primo ciclo si è concluso con una squadra che ha permesso di lavorare su temi centrali come la scuola, la fiscalità ma anche per un PLR più libero nella dialettica istituzionale. Ora c’è pronta e motivatissima una nuova squadra. Quella di prima era più attiva dietro le quinte. Quella nuova avrà una presenza politica notevole».

Vedremo un PLR arrembante e con più profili mediatici?
«Lasciatevi sorprendere».

Il partito forte è quello che fa pubblicamente parlare di sé?
«È un partito presente nel dibattito pubblico, che incide davvero nei Comuni, nel Cantone e a livello federale. E lo fa assumendosi le responsabilità. Poi possiamo parlare per ore dell’effetto di alzare i toni o polarizzare il confronto. Ma spesso lo si fa per ottenere i riflettori ed evitare che si posino altrove. Lo sappiamo bene».

Un partito vivo s’interroga, discute e aggiorna i propri temi ed è capace di assicurare i ricambi generazionali

Il partito vivo è quello che sforna proposte che dettano l’agenda politica?
«Un partito vivo s’interroga, discute e aggiorna i propri temi ed è capace di assicurare i ricambi generazionali. Tutto questo pone poi le basi per essere presente nell’agenda politica. Sappiamo però che il clamore mediatico spesso è associato alla vitalità. E noi vogliamo essere sempre più vivi in questo senso».

Il PLR che partito è oggi?
«È il primo partito a livello comunale, idem in Parlamento a livello cantonale, cercando sempre di coltivare nuove leve. Su alcuni temi siamo sempre presenti, su altri dobbiamo fare meglio. E nel nostro caso, è anche un partito che non si piega costantemente alla demagogia e all’opportunismo, che tra un po’ presenteranno il conto, a tutti. Questo non significa però trincerarsi dietro alla retorica benpensante o evitare di rompere tabù, come su immigrazione o distorsioni sul mercato del lavoro».

E come dovrà essere il PLR di «Speziali-bis»?
«Un Partito presente, forte e ambizioso. Abbiamo ancora molto da dare a questo Cantone, ed è importante stimolare l’enorme rete che abbiamo sul territorio, impreziosendo meglio spunti, sensibilità, visioni delle moltissime persone che abitano il partito ma anche la società. Un partito che intende promuovere un Cantone intraprendente e non solo votato a piangersi addosso. Tout va bien Madame la Marquise? No. Ma parlare solo dei problemi non è mai stata una soluzione».

Premessa: non mi dica che non ci ha ancora pensato (non ci crederei). Il 2027 (fatta salva la volontà di Christian Vitta) potrebbe essere l’anno della svolta politica in Governo e via dalle finanze che vi costringono ad essere ligi, antipatici, finanche «bacchettoni»?
«Nel 2027 saremo pronti a prenderci maggiori responsabilità, che sia a Bellinzona o a Berna, anche perché le persone di spessore non mancano di certo, profili interessanti che hanno voglia di esserci. Noi sappiamo parlare di finanze sane, ma anche e soprattutto di sviluppo economico, infrastrutture, formazione. Christian Vitta ha uno dei compiti più ardui in Consiglio di Stato, quello vigilare sulla tenuta finanziaria, in un Cantone dalle pretese e dalla spesa facili. Ma non è il momento di metterci sotto pressione».

Nuovo capogruppo dopo la rinuncia di Alessandra Gianella è Matteo Quadranti, persona capace, impegnata, ma un profilo che guarda al passato. Giusto?
«Direi invece che Matteo trae la sua forza dal passato, inteso come conoscenze e competenze. Come politico negli anni ha vissuta una notevole evoluzione, aggiornando i temi d’interesse e dedicandosi continuamente a temi d’attualità: giustizia, sanità e territorio. E quando c’è da lavorare, è uno dei primi a indossare la tuta».

I partiti si stanno impegnando a essere migliori. Non è facile: convivono generazioni diverse, mentalità diverse, visioni altrettanto diverse

Se il Governo è «stanco» (Speziali dixit), in che stato si trovano i partiti e il suo PLR?
«I partiti si stanno impegnando a essere migliori. Non è facile: convivono generazioni diverse, mentalità diverse, visioni altrettanto diverse. Spesso sono anche accusati ingiustamente (anche perché va di moda autoaccusarsi a ogni piè sospinto). Se alziamo lo sguardo, vediamo una società profondamente cambiata, sempre meno legata alle autorità, alle istituzioni, alla comunità, alle associazioni».

Che genere di Governo sogna per la prossima legislatura?
«Un Governo carismatico, trainante, capace di convincere e incidere. E che propone un piano di investimenti e riforme che ci spiazzi per coraggio».

E che PLR vorrebbe a partire dal 17 marzo?
«Coerente con il profilo costruito finora e che insiste a lavorare sui temi, tra cui la qualità di vita per un ceto medio che fatica sempre più. Ci vuole una bella dose di entusiasmo, presenza e creatività, in cui tutti remiamo insieme – perché abbiamo moltissimo da dare, come lo mostrano le nostre Sezioni in tutto il Cantone».

La Legislatura, a metà del guado, è già morta. Di chi è la colpa?
«Perché morta? Dobbiamo convivere già da tempo con la campagna elettorale permanente. L’esasperazione della comunicazione pervade la politica, vero, ma diversi investimenti e progetti continuano. Probabilmente fanno meno notizia, come il grosso lavoro che il nostro consigliere di Stato sta facendo per una migliore perequazione federale e un aiuto più consistente alla Vallemaggia».

PLR e Centro devono unire le forze sui temi e in vista delle elezioni federali?
«PLR e Centro hanno in comune temi importanti per il Ticino, dove le posizioni sono molto vicine: scuola, territorio o sviluppo regionale, per citarne alcuni. Sulla base dei risultati, i cittadini potranno confermare i risultati positivi. A sinistra e a destra non vedo un rafforzamento di seggi e percentuali a scapito del PLR e del Centro, anzi».

Ma sono sereno, il partito non è una caserma, chi si profila anima anche il dibattito all’interno del partito che rimane florido grazie alle diverse sensibilità

Quando vede uno dei suoi solleticato dalle sirene argomentative dell’UDC a sostegno di iniziative popolari, cosa si dice nel suo intimo di presidente e politico?
«Tre cose. La prima: nel partito c’è un’ampia parte della base sensibile su determinati temi. La seconda: un partito non governativo e più massimalista è più agile. La terza, più importante: la nostra fabbrica liberaleradicale di proposte non deve mai andare in ferie, anzi, dobbiamo migliorare il fiuto concreto».

L’UDC ha convinto le associazioni economiche (Camera di commercio e AITI) a sostenerla nella battaglia per diminuire il numero dei funzionari. E voi ne subirete le conseguenze politiche?
«Non si tratta di subire le conseguenze, infatti i rappresentanti delle associazioni si dichiararono molto favorevoli alla riforma fiscale o alla legge sui negozi, a forte traino PLR. Molto più semplicemente, le associazioni economiche – come peraltro anche cittadini, aziende e partiti – stanno chiedendo da tempo una gestione dell’amministrazione cantonale diversa, più moderna e anche più stimolante per i funzionari stessi. A un certo punto però, passato troppo tempo, prendono forma queste iniziative che sono un bypass del sistema. Ma sono sereno, il partito non è una caserma, chi si profila anima anche il dibattito all’interno del partito che rimane florido grazie alle diverse sensibilità».