Stadio nuovo, partita vecchia: Lugano vs. Cantone
Tra la Città di Lugano e il Cantone continua ad esserci una «relazione complicata», per citare un’espressione nota a chi frequenta le reti sociali. Ne è conferma il dibattito sul contributo messo a disposizione da Bellinzona per il progetto del polo sportivo: 7 milioni. La cifra ha creato malumore sulle rive del Ceresio, considerando che l’investimento complessivo (compresi i contenuti non sportivi) oltrepasserà i duecento milioni. Il consigliere di Stato Manuele Bertoli, nella sua intervista sull’edizione di ieri, ha fatto chiarezza su come si è arrivati a quella somma, che viene dal Fondo Sport Toto ed è quindi soggetta a determinati vincoli, inclusa la volontà del Cantone di garantire la parità di trattamento tra i diversi progetti che è chiamato a sostenere. Discorso chiuso allora? Macché.
Francamente deluso
Le parole del capo del Dipartimento Educazione Cultura e Sport hanno lasciato perplesso il suo omologo luganese Roberto Badaracco, secondo cui il contributo cantonale è «francamente molto deludente». «Credo che al Governo - incalza il capodicastero - manchi la consapevolezza dell’importanza a livello cantonale di quest’opera, che costituirà un fiore all’occhiello sportivo». Badaracco è critico in particolare sul concetto di parità di trattamento evocato da Bertoli. «È un discorso che viene usato a sproposito e a geometrie variabili. Parità di trattamento significa contribuire in modo proporzionale all’investimento fatto: in base a quanto garantito dal Cantone per la nuova Valascia o per il centro nordico di Campra, al polo sportivo dovrebbe essere concesso un contributo di almeno 20 milioni». Badaracco non è convinto nemmeno dal discorso sui vincoli giuridici, ritenuto in questo caso «una pura foglia di fico», perché «il Cantone può decidere di sostenere autonomamente il polo sportivo tramite un messaggio al Gran Consiglio», anche con un contributo «spalmato su diversi anni».
Un po’ di diplomazia
«Ho sempre detto che non dovevamo illuderci di portare a casa chissà cosa...», commenta, non sorpreso, il collega di Municipio Michele Foletti. Il responsabile delle finanze cittadine vede comunque dei margini di manovra. «La riqualifica naturale della zona al Maglio potrebbe essere sostenuta dal Dipartimento del Territorio, mentre a livello di promozione economica la vedo più dura: non mi sembra che Lugano possa essere considerata una zona ‘depressa’ ai sensi della legge federale in materia. Con un po’ di diplomazia è possibile che qualche altro aiuto arrivi - aggiunge il capodicastero - a patto di ascoltarsi a vicenda».
Locale?
La questione tuttavia va oltre i muri delle sale in cui si sono incontrati e s’incontreranno ancora il Municipio e il Consiglio di Stato. Che clima si respira, a livello cantonale, attorno al progetto luganese? «Interessa soprattutto ai tifosi del Football Club Lugano che sono sparsi per il Ticino, mentre ad altri non molto» commenta sempre Foletti, che siede anche in Gran Consiglio. Si riduce tutto a una questione di bandiera, quindi? «Mi sembra che sia vista come un’opera d’importanza locale, forse perché finora non l’abbiamo spiegata abbastanza bene». Ma un giudizio del genere, e il municipale concorda, fa a pugni con la realtà: comunque la si pensi, il progetto della Città andrà ad arricchire l’offerta di spazi e strutture sportive di tutto il Ticino. Per incontrare qualche scetticismo, tuttavia, non serve andare oltre il monte Ceneri. «Il progetto non ha mai goduto di un pieno appoggio da parte dei Comuni del Luganese, ad esempio per la scelta del luogo in cui realizzarlo. Alcuni avrebbero preferito il Vedeggio. E se ci sono perplessità già a livello distrettuale, è inevitabile trovarne anche su scala cantonale».
Sfumature di ricchezza
C’è un altro aspetto che non gioca a favore di Lugano: la sua forza finanziaria. Bertoli l’ha detto chiaramente: i contributi cantonali «possono essere calibrati in base alla disponibilità di chi li chiede». È un principio che la regina del Ceresio contesta da anni, se non decenni, soprattutto nei dibattiti sulla perequazione finanziaria. «Quando si parla di Città ricca bisogna capire cosa s’intende per ‘ricca’, come lo si misura - argomenta Foletti -. Il Cantone si basa sull’indice di forza finanziaria, ma ci sono altri valori di cui tenere conto: ad esempio il fatto che Lugano mette a disposizione infrastrutture utili a tutta la regione», o a tutto il cantone. Ecco perché è una relazione complicata.
E nel resto della Svizzera?
Per sostenere la sua tesi, Lugano ha frugato negli archivi. Nel messaggio sul polo sportivo, il Municipio ha citato un discorso pronunciato tredici anni fa dall’allora capo del DECS Gabriele Gendotti sull’idea di uno stadio unico per tutto il Ticino. La visione di allora è diversa rispetto a quella promossa oggi dalla Città, se non altro perché a Cornaredo giocherebbe solo il Lugano, ma a Palazzo civico interessa più un altro aspetto: quello finanziario. Secondo Gendotti, infatti, per uno Stadio Ticino il contributo cantonale sarebbe potuto andare «dal 25% al 30% della spesa». In aggiunta, l’Esecutivo mostra una tabella con i contributi di altri Cantoni per la costruzione di nuovi stadi. Ci sono sei esempi: per il Tourbillon di Sion il Vallese ha messo a disposizione 7 milioni, un terzo dell’investimento totale; il Sankt Jakob Park di Basilea è stato finanziato dal Cantone con 9 milioni sui 90 totali; per lo Stade de Genève sono stati messi sul piatto 24 milioni (costo totale: 102 milioni) più 4,7 dal Fondo Sport Toto; il Canton Zurigo ha partecipato con 30 milioni alla costruzione del Letzigrund, che ne è costati 110; il Canton Lucerna ha invece coperto 15 dei 100 milioni necessari per la Swissporarena, mentre 1 ulteriore milione è arrivato dai Cantoni di Zugo, Obwaldo e Nidwaldo; il Canton Berna, infine, ha concesso 11 milioni sui 77 necessari per la Tissot Arena e la pista di ghiaccio di Bienne. I Cantoni di Basilea, Berna, Ginevra e Zurigo, tra l’altro, grazie ai rispettivi progetti, hanno potuto ospitare le partite degli Europei di calcio del 2008, con le ricadute del caso. I dati citati dalla Città vanno comunque presi con le pinze: come rimarcava ieri Bertoli, per un confronto equilibrato bisognerebbe tenere conto dei diversi rapporti finanziari fra Cantoni e Comuni e della natura dei progetti (contenuti, coinvolgimento di privati, ecc). Lugano resta della sua idea: 7 milioni sono proprio pochini.