Sviluppi

Stiamo perdendo la lotta contro il coleottero giapponese

L’insetto invasivo che preoccupa viticoltori e agricoltori sta mettendo radici nel Mendrisiotto e si affaccia sul Luganese - Per contrastarlo si proveranno trattamenti sperimentali con funghi, e i cani potrebbero dare una mano
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Federico Storni
26.09.2020 06:00

La lotta la sta vincendo il coleottero giapponese. È questa l’amara conclusione che si può trarre dagli ultimi, critici, tre mesi: quelli in cui l’insetto si alza in volo per l’accoppiamento e può coprire più facilmente le distanze. Gli esperti sono preoccupati: «L’avanzata è stata abbastanza cospicua – dice Cristina Marazzi, biologa del Servizio fitosanitario cantonale. – L’insetto si è ormai insediato sul territorio. Riesce a superare l’inverno, a costituire popolazioni. Non è più importato, ora è indigeno».

Presenza allarmante

L’insetto è stato identificato per la prima volta a Stabio nel 2015 e negli anni la sua presenza si è andata vieppiù rafforzando: «Rispetto ai focolai del Piemonte o a Malpensa, dove le popolazioni sono composte da milioni di esemplari – continua Marazzi, - le cifre in Ticino sono ridicole e tutto sommato relativamente contenute, ma enormi per la nostra realtà». Qualche mese fa la Sezione dell’agricoltura ha varato alcune misure per la lotta all’insetto, definendo delle zone focolaio (Stabio, Novazzano e Genestrerio) delle zone di lotta (quasi tutto il Mendrisiotto e il Basso Ceresio) e delle zone cuscinetto (il resto del Luganese). Nelle prime due è vietato movimentare piante e tappeti erbosi al di fuori di esse, salvo eccezioni. Nella zona focolaio poi il materiale e il compostaggio devono essere smaltiti in loco e vi è il divieto – di nuovo salvo eccezioni – di movimentare e spostare i primi 30 centimetri di suolo al di fuori di essa, perché è qui che il coleottero depone le sue larve, molto difficili da rintracciare poi a occhio nudo. Nella zona cuscinetto vi è invece l’obbligo di sorvegliare le proprie parcelle e i dintorni per vedere se l’insetto ha fatto capolino. E l’ha fatto: «Il coleottero è arrivato nel Luganese. Abbiamo avuto diverse segnalazioni, ma a livello individuale, non di popolazione. È una presenza sporadica ma già molto allarmante».

Il focolaio si amplia

Le misure della Sezione dell’agricoltura scadono a fine mese, ma si sta già lavorando a quelle nuove: «Le zone focolaio saranno sicuramente ampliate». Che la situazione stesse precipitando lo si è capito quando è stata trovata la prima popolazione indigena in un vigneto di Genestrerio, segno che l’insetto si era insediato, e che le larve erano già nel terreno mesi prima: «Dovremo varare una nuova serie di misure di contenimento per controllarlo almeno minimamente. È difficile farlo, perché si sposta anche tramite macchinari e persone. Serve uno sforzo concordato». A questo proposito, Marazzi afferma che finora la collaborazione con vivaisti, agricoltori, viticoltori e Comuni coinvolti (chiamati in particolare a far presente il divieto di spostare terra fuori dal territorio in caso di cantieri) è proficua: «Per ora abbiamo puntato tanto sull’informare gli addetti ai lavori, ma ora si entra in nuova fase. Ad esempio dall’anno prossimo tutti i vivaisti delle zone interessate dovranno avere punti vendita coperti, e implementeremo nuove direttive che dovranno essere applicate».

Tentativi di lotta biologica

Frenare l’avanzata dell’insetto sarà molto difficile, date le esperienze pregresse nel Norditalia, che dimostrano come il coleottero giapponese alle nostre latitudini si trovi bene, e dato che di metodi noti e approvati per sradicarlo a oggi non ce ne sono. Ma potrebbero esserci due assi nella manica. Il primo alza il livello dello scontro e ci porta nella lotta biologica: «Abbiamo ottenuto il permesso di fare trattamenti biologici sperimentali in terreni in cui ci è noto che ci sono le larve svernanti. Praticamente useremo dei parassiti di parassiti. Proveremo con dei funghi che hanno già avuto effetto contro i maggiolini (si tratta di trovarne uno che funzioni) e con dei nematodi». I nematodi sono piccoli vermi che si dovrebbero nutrire delle larve. Dovrebbero perché non si sa se questi trattamenti possano essere efficaci.

Il secondo asso nella manica è più in prospettiva, e prevede l’impiego di cani addestrati: «Sono un supporto per trovare le larve nel terreno. Sono già stati impiegati efficacemente contro il tarlo asiatico, ma purtroppo devono ancora essere formati per il coleottero. Stiamo lavorando con due gruppi, uno in Ticino e uno in Svizzera Interna».

Una battaglia è stata persa, ma la guerra ancora no.