Il punto

Strade e ferrovia, «non siano accantonate le opere ticinesi»

Il DATEC ha commissionato un rapporto al Politecnico di Zurigo per capire quali progetti devono essere rinviati: «Occorre fissare delle priorità» – La parola a Simone Gianini e Bruno Storni
©ANTHONY ANEX
Martina Salvini
28.01.2025 19:30

Altolà, fermi tutti. Dopo il rifiuto popolare all’ampliamento delle autostrade e i maggiori costi per l’infrastruttura ferroviaria, la Confederazione ora vuole prendersi una pausa di riflessione, in modo da misurare bene i prossimi passi e fissare i progetti prioritari per gli anni a venire. «Siamo dinanzi a nuove sfide», ha ammesso oggi in conferenza stampa a Berna il consigliere federale Albert Rösti, annunciando che il suo Dipartimento, il DATEC, ha incaricato il Politecnico federale di Zurigo (ETH) di fornire alcuni indirizzi strategici che serviranno poi al Consiglio federale per decidere le mosse future. Il rapporto dovrebbe essere pronto entro l’autunno. Per quanto riguarda l’ampliamento delle ferrovie, ha ricordato Rösti, il nodo sono i costi: le Camere federali hanno già approvato 16 miliardi di franchi, ma in novembre è stato comunicato che il potenziamento costerà ben 14 miliardi in più. Per le autostrade, invece, la bocciatura nella votazione popolare di novembre dei sei progetti di ampliamento ha spinto il Consiglio federale ad avviare una riflessione. «Il popolo ha ritenuto che il passo fosse troppo lungo», ha detto il consigliere federale, illustrando quindi la nuova strategia che il DATEC intende adottare, basata su un approccio integrato tra programmi stradali, ferroviari e di agglomerazione. In sostanza, nei prossimi mesi - grazie anche alle indicazioni che l’ETH fornirà - l’obiettivo è fissare alcune priorità e rimandare a un secondo tempo la realizzazione dei progetti non considerati urgenti. «Occorre fare un passo indietro», ha in effetti chiarito Christa Hostettler, direttrice dell’Ufficio federale dei trasporti. Soprattutto perché le cifre in gioco sono rilevanti. E visto che invece le risorse sono limitate, «non sarà possibile realizzare nei prossimi 20 anni tutto quanto ci piacerebbe». Saranno quindi sottoposti a un riesame una serie di progetti già approvati, ma che non hanno ancora ricevuto il via libera per la realizzazione. La pianificazione dei singoli progetti, è stato chiarito, proseguirà, in modo che possano essere comunque implementati rapidamente quando otterranno il via libera.

«Il sovraccarico rimane»

Per quanto riguarda invece la rete viaria, il direttore dell’Ufficio federale delle strade (USTRA) Jürg Röthlisberger ha spiegato che i sei progetti da 5 miliardi di franchi respinti dal voto popolare di novembre rimangono per ora nel cassetto. «Ma i problemi legati al sovraccarico della rete autostradale rimangono». Nel frattempo, si andrà avanti come già stabilito con l’ampliamento a sei corsie della tratta autostradale Luterbach-Härkingen e con la circonvallazione di Le Locle. Altri 20 progetti non ancora vincolanti da una decisione parlamentare, invece, verranno nuovamente valutati.

Il direttore del DATEC ha quindi ribadito che il progetto denominato «Trasporti ’45» intende perseguire una pianificazione «moderna e globale», che riguardi insomma tutti i vettori di trasporto. Per quanto riguarda il rapporto commissionato all’ETH, a guidare il progetto sarà Ulrich Weidmann, professore di sistemi di trasporto presso l’Istituto per la pianificazione del traffico e per i sistemi di trasporto, che si coordinerà con l’Ufficio federale delle strade, l’Ufficio federale dei trasporti e l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale. Potrà contare però anche sul sostegno di un gruppo di accompagnamento, in cui sono rappresentati i presidenti delle Commissioni dei trasporti e delle telecomunicazioni delle Camere federali, i Cantoni e le FFS. A questo gruppo si aggiunge poi un comitato consultivo in cui sono rappresentate varie associazioni del settore dei trasporti nonché l’Unione delle Città svizzere e l’Associazione dei Comuni.

«Ma non si aumenti il traffico»

«Condivido la decisione di Rösti di prendersi del tempo per una valutazione approfondita, rivedendo anche le priorità», dice il consigliere nazionale del PS Bruno Storni. «Del resto, la bocciatura in novembre dei sei progetti di ampliamento dimostra chiaramente che la popolazione non vuole un aumento del traffico». Ma alla luce di una revisione generale, anche i progetti ticinesi del Potenziamento Lugano-Mendrisio (PoLuMe) e il collegamento veloce A2-A13 rischiano di non vedere la luce. «Per quanto riguarda il progetto del Sottoceneri, osserva Storni, «se lo fermassero sarebbe meglio: anche perché la popolazione non lo vuole. Non a caso nella regione i no, lo scorso novembre, hanno toccato quasi il 65%». Discorso diverso, invece, per l’A2-A13: «Se il progetto rimane quello che non prevede un aumento di capacità, da parte della popolazione c’è consenso. Il tracciato al vaglio di Berna è in effetti il frutto di una condivisione di intenti tra tutti gli attori sul territorio e non presenta particolari criticità. In più, non si tratta di un potenziamento, ma di una sistemazione viaria del Piano». Insomma, secondo il consigliere nazionale, al momento ad avere più chance è il progetto del Locarnese. «In totale, parliamo di due opere che verrebbero a costare 3,5 miliardi. È difficile, se non illusorio, pensare che nel prossimo Messaggio per le strade nazionali e il traffico d’agglomerato possa trovare spazio un simile credito solo per il Ticino. Visto che l’idea è di concentrarsi sulle reali priorità, penso che il collegamento A2-A13 abbia più speranze». L’importante, sottolinea Storni, «è che si punti a ottenere un miglioramento della qualità di vita per gli abitanti, ma che non comporti un aumento del traffico. Già oggi, infatti, la galleria Mappo-Morettina è vicina alla saturazione». Per la ferrovia, invece, «si tratta di capire come l’aumento dei costi influenzerà il prossimo pacchetto per il potenziamento, previsto per il 2026». Nel 2019, ricorda Storni, è stato approvato il pacchetto precedente, con un credito di 12 miliardi. A questi, lo scorso anno, ne sono stati aggiunti dalle Camere altri 2,8. Nel frattempo, però, è anche emerso che il costo per il potenziamento richiede altri 14 miliardi. Soldi che, spiega Storni, sono una diretta conseguenza del potenziamento dell’offerta: «Il raddoppio della capacità su molte linee ha reso necessario svolgere altri lavori, come l’adeguamento delle stazioni, la posa dei binari supplementari o la costruzione di impianti di ricovero».

«Bene il modello integrato»

Il modello «integrato» proposto da Rösti sembra convincere anche il consigliere nazionale del PLR Simone Gianini, secondo il quale un «approccio sistemico, che tenga conto della mobilità come elemento unico e non più suddiviso in compartimenti stagni, è la via giusta». In più, prosegue, «è anche corretto fare un passo indietro e prendersi del tempo per riflettere dopo la bocciatura di novembre, facendo valutare anche da un ente esterno l’impatto dei vari progetti, stradali e ferroviari, sulla mobilità in generale». Detto ciò, però, «da ticinese mi si accende anche una spia di allerta per i grandi progetti del nostro cantone, che non devono essere depriorizzati o accantonati». Secondo il consigliere nazionale, infatti, «è fondamentale che il ragionamento scientifico non si concentri solo sui cantoni dell’Altopiano, dimenticando le zone più periferiche e l’unità nazionale». Per Gianini, sia il PoLuMe («anche se da migliorare»), sia l’A2-A13 devono restare una priorità: «Anche dal punto di vista scientifico, restano necessari, se il requisito da soddisfare è il bisogno di mobilità, oggi intasata». In più, «con un approccio integrato, che contempli un potenziamento ferroviario accanto a quello autostradale, anche il PoLuMe potrebbe avere nuova linfa e aumentare il grado di consenso tra la popolazione».