Stress da studio? «Va curata l'arte della lentezza»

Stress, ansia e preoccupazioni abitano la mente di molti studenti universitari in questo periodo. Parliamo della temuta “sessione esami”. In alcuni casi, si arriva addirittura a parlare di burnout. Questo termine, utilizzato riferendosi all’esaurimento nervoso, è ormai fin troppo in auge quando si tratta di definire la condizione che caratterizza gli alunni in questo periodo.
Da quando università ed esami hanno iniziato a convivere, anche l’ansia si è inserita in questo connubio. Tuttavia, negli ultimi anni questa sembra aver assunto una nuova forma, che sempre più richiede l’aiuto di un sostegno psicologico per affrontarla. Ma non solo. Infatti, uno studio dell’Observatoire de la vie étudiante dell’Università di Ginevra ha rilevato che uno studente svizzero su tre utilizza sostanze dopanti per affrontare questo periodo. Oltre alla caffeina, è risultato che l’11% fa uso di Ritalin, medicinale utilizzato abitualmente per curare il 'Disturbo da deficit di attenzione e iperattività' (ADHD), e il 2% di cocaina. Ma a che cosa è dovuto questo cambiamento? Il tema sembra coinvolgere tutta la società. Ce ne parla Graziano Martignoni, medico, già professore al Dipartimento Economia aziendale, sanità e sociale della SUPSI e responsabile dell’Osservatorio per le medical humanities.
Incertezza, Insicurezza, Instabilità e Immediatezza
«L’ansia per gli esami c’è sempre stata - inizia il professore - ma ora manca l’orizzonte. Gli universitari non sono più la classe dirigente. Il mondo è cambiato, ma non definitivamente: siamo ancora uomini del passato, ma esposti alle tempeste del nuovo mondo digitale». Quello evidenziato da Martignoni è, dunque, un problema che va al di là dello stress da esami al quale le generazioni passate sono state abituate. «Io attribuisco questa trasformazione alle quattro I: Incertezza, Insicurezza, Instabilità e Immediatezza - continua -. Il mondo e il cambiamento vanno veloci: non sappiamo cosa ci capiterà domani». Il professore spiega che questa è una roulette russa che colpisce anche chi una laurea l’ha già ottenuta. «Questo, consapevolmente o meno, grava sugli attuali studenti. Devono essere in grado di rispondere alle esigenze della meritocrazia e della competizione, senza che la società dia loro la sicurezza di un futuro stabile - prosegue Martignoni -. La ragione è dovuta proprio al fatto che non abbiamo ancora raggiunto lo stadio finale di tale trasformazione sociale e tecnologica, ma ci troviamo nel mezzo della transizione. La tecnologia è una gran bella cosa, ma non essendo arrivato ancora alla sua stabilità, crea in noi angoscia e ansietà».
Perciò, sembrano essere proprio i futuri adulti coloro che dovranno affrontare un esame ben più impegnativo rispetto quelli universitari. «Questa trasformabilità del mondo ci trova impreparati, e l’ansia generata può portare anche a vere e proprie forme psicopatologiche. Non parliamo più della nevrosi freudiana, ma di un nuovo tipo di ansia presente nei giovani» spiega il dottor Martignoni.


Sostanze dopanti
Questa insicurezza, se ne è parlato in tutte le salse, ha avuto un incremento importante post-pandemia e anche gli universitari ne hanno subito gli effetti. «Non è però tutto da attribuire al Covid - ci tiene a precisare il medico -. Sicuramente le richieste di aiuto sono aumentate, ma tutto ciò è il sintomo di una condizione più globale: la nostra postura esistenziale è diventata instabile».
Questa condizione generale, a detta del professor Martignoni, è una delle cause che spingono uno studente su tre ad assumere sostanze dopanti e a fare uso, e abuso, di farmaci. «Se non sei eccitato non vivi, cadi nella depressione. Non mi riferisco unicamente a quella diagnosticata dagli psichiatri, ma a una perdita di un senso, ovvero di una direzione, di un significato e di un sentimento». Le sostanze menzionate dall’Observatoire de la vie étudiante dell’Università di Ginevra, ovvero il Ritalin e la cocaina, sono tipici stimolanti intellettuali che annientano il sonno, la fame e incrementano la concentrazione. «Sono proprio questo genere di prodotti a rispondere al bisogno di produttività e competizione fisica e intellettuale di questa neo-società tecnologica. Sono sostanze che permettono di vitalizzarci, aiutandoci a sopravvivere alle richieste di questa società, ancora incompiuta, che richiede però prestazioni sempre eccellenti».
I consigli
«La mia speranza? Che i giovani accademici riescano ad uscire da questo funzionalismo per entrare in un tempo dove sia ancora possibile pensare. Studiare, certo, ma con la consapevolezza che oltre alle nozioni impartite ci sia altro da approfondire». L’augurio del professor Martignoni per gli studenti è dunque quello di non lasciarsi catturare dalla velocità degli studi, dall’immediatezza, «ma, parlando in qualità di medico e di professore, di curare l’arte della lentezza. La mia speranza è che si riesca a prendersi del tempo per pensare a che valore si dà a ciò che si studia e a che persona si è e si diventerà». Un discorso, questo, che guarda allo studente e non alla categoria alla quale appartiene. Martignoni sostiene, infatti, che «questo non è un discorso riferito unicamente ai frequentanti di facoltà umanistiche, parlo anche a chi, come ho fatto io, studia medicina; mi rivolgo agli studenti di ingegneria e a quelli di economia. Il mio auspicio - termina - è che tutti riescano a ritagliarsi del tempo per andare a fondo dentro di sé e in ciò che fanno».