«Sui migranti Como è troppo sola, ma col Ticino ho ottimi rapporti»

Le immagini dell’area davanti alla stazione di Como trasformata in un accampamento, con centinaia di migranti in attesa di varcare il confine sono rimaste nella memoria. È stato in seguito aperto un centro di accoglienza a poca distanza, gestito dalla Croce Rossa. Anche quella struttura è stata poi chiusa e non rimpiazzata. Oggi com’è la situazione migranti a Como?
«A Como non ci sono più gli assembramenti di migranti che ci eravamo abituati a vedere qualche anno fa. Indubbiamente però sono ancora presenti, anche se suddivisi in più spazi e strutture. Non c’è un’indicazione numerica aggiornata, anche perché è una responsabilità della prefettura e il Comune non ha voce in capitolo».
Il Comune si occupa direttamente però dei minori stranieri non accompagnati. Recentemente hanno fatto discutere gruppi di ragazzini accampati davanti alla questura in attesa di una sistemazione.
«Per i minori stranieri non accompagnati posso dire senza possibilità di smentita che Como è la capitale nazionale. Il Comune è arrivato ad avere in carico circa 350 minori. In rapporto al numero di abitanti, si tratta di un dato anche tre volte superiore alla media di altre città, a partire da Milano. Nello stesso momento, Varese ne ospitava 30 e Lecco una decina, per fare qualche esempio. Abbiamo gestito la situazione e già questo è un grande risultato, ma per gli uffici è uno stress inimmaginabile».
Ha detto che Il Comune di Como è stato lasciato solo.
«Siamo arrivati al limite massimo, di più non potevamo fare. Ho chiesto che anche le amministrazioni confinanti contribuissero a farsi carico della situazione. Ora comunque sono contento dell’imminente entrata in vigore della normativa varata dal Parlamento che alleggerirà le competenze dei Comuni per la prima accoglienza in favore delle prefetture, che dipendono direttamente dal ministero. Questo garantirà una maggiore efficacia e rapidità del processo decisionale».
Non ci sono più grandi assembramenti di migranti a Como, ma sono numerose le segnalazioni di presenze di immigrati, spesso in strutture abbandonate pubbliche e private. Ci sono anche problemi di sicurezza, come è emerso in occasione, ad esempio di recenti incendi. C’è stata purtroppo anche una vittima. Lei ha bocciato l’idea di un dormitorio aperto tutto l’anno, perché?
«I migranti e i senzatetto dormono ovunque, è un dato di fatto, capita. Non è una situazione su cui si possa fare molto. Il dormitorio però non è un tema per quanto mi riguarda. Le strutture disponibili in città hanno una capienza adeguata e aprire un dormitorio a Como vorrebbe dire attrarre di fatto utenti. Anche solo per stare con persone della stessa provenienza, arriverebbero a gruppi».
Quali soluzioni propone allora?
«Per gli irregolari a mio avviso la soluzione non può essere un dormitorio. Per quanto mi riguarda sostengo il federalismo dell’accoglienza, cioè una distribuzione equa in base al numero di abitanti. Como paga un prezzo enorme perché dalla Provincia e dagli altri Comuni non ci sono aiuti. Non c’è collaborazione. Anche in una recente riunione in prefettura a Como ho chiesto aiuto, ma a parte parole non ho visto risposte concrete. Non sarebbe un problema l’accoglienza se ci fosse maggiore collaborazione».
Como è in contatto con le autorità ticinesi per gestire al meglio un problema che è inevitabilmente transfrontaliero?
Ho una profonda stima delle istituzioni svizzere e c’è un ottimo rapporto di collaborazione. Sono in costante contatto con il sindaco di Chiasso e con altri enti e istituzioni e abbiamo scambi fattivi e concreti, ad esempio sui temi urbanistici. Per i migranti però, l’interlocutore è il prefetto ed è corretto rispettare i ruoli e i compiti di ciascuno. La normativa non ci permette neppure di intervenire su questo fronte con un Paese estero».
Una situazione particolarmente delicata e problematica è quella dei treni, sia a livello di reati sia per il trasporto di persone che passano illegalmente in confine. In che misura, a Como, si riesce ad effettuare controlli e prevenire o reprimere situazioni di illegalità?
«L’attenzione è alta ma, ancora una volta, non è una mia competenza. Sono attività che fanno capo alle forze dell’ordine, a partire dalla Polfer. I Comuni non hanno margini di movimento. Abbiamo la polizia locale che fa tutti i controlli che competono ai nostri agenti sul territorio comunale. Come cittadino mi piacerebbe vedere un maggiore controllo sull’immigrazione, che è da considerare illegittima se esce dai canoni consentiti. E’ un’assurdità, ma lo dico da cittadino, che persone senza documenti circolino liberamente su un territorio sul quale non dovrebbero essere presenti».
Si è lamentato per la mancanza di collaborazione, fa riferimento anche alla Svizzera?
«Non ho problemi con la Svizzera e non ci sono fratture. Quando parlo di collaborazione faccio riferimento all’Italia. E’ una competenza nazionale e come amministratore pubblico devo parlare con l’Italia e dal mio Paese devo avere le risposte».