Sulla piscina di Carona inizia a salire la tensione

Roberto Badaracco non ci sta. Dopo la consegna della petizione contro la chiusura della piscina di Carona e il presidio annunciato per stasera fuori da Palazzo civico - mentre dentro un gruppo di consiglieri comunali proporrà ai colleghi di votare una risoluzione per una riapertura almeno parziale - il capodicastero precisa e si sfoga.
Parla innanzitutto di «notizie non corrispondenti alla realtà e volutamente distorte» dai promotori della raccolta di firme. «Il Municipio è sempre stato trasparente nei suoi piani: molto meno chi si oppone con tutti i mezzi a un progetto voluto dalla Città e plebiscitato dal Consiglio comunale nel 2023». I messaggi approvati allora erano stati due: il credito di progettazione per la riqualificazione del centro balneare in accordo con il TCS, interessato a realizzare un villaggio glamping nella parte nord del lido, e la variante di Piano regolatore per il passaggio a zona turistico-ricreativa. Contro quest’ultima sono stati presentati tre ricorsi tuttora pendenti «e purtroppo - incalza il vicesindaco - le conseguenze sono palesi: invece di uno stop della piscina solo per due o tre anni, cioè il tempo necessario per ristrutturare completamente l’area e riconsegnarla alla popolazione nuova di zecca, questo modo di fare, voluto da pochi, sta decretandone la chiusura a tempo indeterminato, a scapito di molti. Sarebbe bello che i cittadini di Lugano chiedessero agli oppositori del progetto di accettare la volontà del Legislativo, che rappresenta l’intera popolazione». Ricorrere è un diritto democratico. Badaracco, tuttavia, pensa che le cose avrebbero potuto andare diversamente. «Perché non hanno lanciato un referendum nel 2023, invece di utilizzare mezzucci tanto in voga in Ticino per bloccare progetti innovativi e con ricadute sul territorio? In oltre vent’anni di politica comunale non ho mai vissuto una situazione simile, tanto assurda e paradossale: all’ente pubblico, cui sta a cuore la piscina di Carona e cerca di riaprirla e rilanciarla con un nuovo complesso di elementi, moderna e in grado di creare indotto e migliorare l’attrattività e l’offerta del comparto, viene rinfacciata la responsabilità della sua chiusura. Una sorta di mondo al contrario».
Il capodicastero tiene poi a smentire alcune informazioni circolate nei giorni scorsi. «Prima falsità: il progetto pubblico è distinto da quello privato - il glamping del TCS - e si può iniziare comunque il primo. Niente di più sbagliato. L’abbiamo ripetuto come un mantra: il progetto è unico e inscindibile. Una parte senza l’altra non ha senso di esistere e non giustifica gli investimenti per oltre dieci milioni del Comune. Seconda falsità: mantenere aperta la piscina costerebbe poco all’ente pubblico. Tenere aperto il lido di Carona costerebbe mezzo milione di franchi all’anno, con le spese che cresceranno negli anni e con il concreto rischio di un blocco totale di uno o più impianti per usura, che imporrebbero altri investimenti considerevoli. La situazione finanziaria odierna è conosciuta a tutti: stiamo facendo giravolte per risparmiare in ogni settore e, soprattutto, per evitare investimenti inutili e a fondo perso».
Poi, l’affondo finale: «È da completi irresponsabili mettere inutili cerotti in una struttura che ha fatto il suo tempo. Voi spendereste soldi in qualcosa di vecchio e destinato a morire, quando invece vi sarebbe la possibilità di mettere gli stessi soldi in qualcosa di nuovo ed efficiente? La risposta mi sembra ovvia».