Telelavoro per i frontalieri: sfuma l’accordo transitorio
Dal primo febbraio niente più accordo amichevole sul telelavoro dei frontalieri. La decisione - comunicata dalla Segreteria di Stato per le questioni finanziarie a dicembre - è stata confermata a inizio settimana alle parti sociali ticinesi. «Non ci sarà nessun accordo transitorio come sollecitato dalle parti sociali a inizio mese», ha commentato Michele Rossi, delegato per le relazioni esterne della Camera di Commercio ticinese (Cc-Ti). «La segreteria di Stato ha comunicato che non sarà possibile avere un nuovo accordo amichevole sul telelavoro entro la fine di gennaio, confermando il timore che dal primo febbraio i giorni di telelavoro effettuati dai frontalieri saranno imponibili fiscalmente in Italia», aggiunge Andrea Puglia, responsabile del settore frontalieri di OCST.
L’accordo amichevole sul telelavoro era stato sottoscritto con la controparte italiana nel 2020, in piena pandemia, e permetteva ai lavoratori italiani di lavorare da casa, senza incorrere in complicazioni fiscali. «I giorni di telelavoro venivano considerati come giorni di lavoro in Svizzera», spiega Puglia. Come tali non venivano tassati dall’erario italiano. Ora, invece, dal primo febbraio, le cose cambiano. E non solo per i lavoratori.
Cosa cambia
Dal primo febbraio, dunque, si tornerà al regime ordinario, pre-COVID. «Abbiamo informato le aziende sui cambiamenti», chiosa Rossi. «Le aziende devono sapere che il dipendente frontaliere diventa soggetto fiscale italiano anche per un singolo giorno di telelavoro». Inoltre - prosegue Rossi - potrebbe esserci un’altra conseguenza: «A determinate condizioni, le aziende potrebbero ritrovarsi, a loro volta, soggetto fiscale italiano». Il fisco italiano potrebbe infatti ritenere che le persone lasciate in telelavoro possano costituire «una stabile organizzazione» e quindi procedere con una tassazione a carico delle aziende. Per evitare complicazioni, molte attività - è facile immaginare - vieteranno il telelavoro.
La buona notizia (a metà)
La lettera della Segreteria di Stato (SFI) tuttavia contiene anche una parziale buona notizia: «Il Governo federale ha espresso la chiara volontà di negoziare un nuovo accordo amichevole sul telelavoro con l’Italia». Accordo che dovrà necessariamente essere pronto entro fine anno, considerato che nel 2024 entrerà in vigore il nuovo accordo fiscale sui frontalieri che contemplerà, a sua volta, un testo sul telelavoro: «Il nostro auspicio, spiega Puglia, è che si arrivi - quando entrerà in vigore l’accordo sulla tassazione dei frontalieri - ad avere già pronto un accordo amichevole sul telelavoro». Di fatto, comunque, ci sarà un periodo di vuoto tra il 1.febbraio 2023 e il nuovo testo amichevole sul telelavoro. Ma sarà possibile raggiungere un tale accordo prima dell’entrata in vigore dell’accordo fiscale previsto per il 1. gennaio 2024? «Credo di sì», commenta Puglia. «Ed è estremamente necessario per fornire ai lavoratori italiani e alle aziende ticinesi un quadro giuridico chiaro».
L’auspicio delle parti sociali è che questo accordo amichevole sia anche retroattivo al 1.febbraio, per evitare ogni complicazione di natura fiscale. «Come partenariato sociale abbiamo fatto questa richiesta. Ora, attendiamo una risposta da parte italiana», commenta Puglia. «Se non fosse il caso, andremmo incontro a un lungo periodo di incertezze. Il frontaliere dovrebbe infatti fare la dichiarazione in Italia del reddito prodotto in telelavoro e, in linea teorica, potrebbe avere la facoltà di chiedere in Ticino il rimborso per quella parte di imposta pagata alla fonte ma “lavorata” in Italia». Di quindi, appunto, la necessità di un accordo applicato retroattivamente, «per evitare un panorama estremamente confuso», conclude Puglia.
Preoccupati anche i sindacati italiani
Con una nota diffusa oggi, Cgil Cisl Uil hanno espresso la loro forte preoccupazione per la disdetta dell’accordo amichevole sul lavoro a distanza dei lavoratori frontalieri a partire dal 1.febbraio 2023. «Le conseguenze di un tale provvedimento, oltre ad avere immediati effetti diretti sull’organizzazione, determinerà che l’imposizione fiscale nel Paese di residenza faccia venir meno lo status di frontaliere secondo le normative vigenti, con il conseguente incremento della tassazione sul salario», si legge sulla nota. «Riteniamo sia urgente che i Governi aprano una celere discussione che permetta intervenire in maniera strutturale sul tema del lavoro a distanza».