Il punto

Tentata rapina in centro a Lugano: il ricorso alle armi è un fatto molto raro

Spetterà all'inchiesta stabilire la dinamica dei fatti, ma il secondo colpo esploso dall'agente oggi in via Pessina è probabilmente partito per sbaglio durante una colluttazione con uno dei rapinatori
© Rescue Media

Pausa pranzo decisamente movimentata, oggi, in pieno centro a Lugano. In via Pessina, verso le 11.40, è andata in scena una rapina nella gioielleria Taleda finita con il fermo delle quattro persone coinvolte e nessun ferito. Un esito favorevole e per niente scontato, vista la dinamica dell’accaduto. Un agente della Polizia di Lugano ha infatti esploso due colpi di pistola in due distinti momenti durante il concitato intervento. Stando alle prime ricostruzioni, uno sparo ha colpito la porta della gioielleria ad altezza maniglia e da lì è rimbalzato finendo contro il muro interno del negozio, ad alcuni metri dall’ingresso. Il secondo è invece probabilmente partito poco dopo, per sbaglio, durante una colluttazione fra uno dei rapinatori e l’agente stesso. Stando a testimoni, il proiettile è poi stato rinvenuto sulla pubblica via una decina di metri più in là. Lo scontro fisico è avvenuto in via Pessina mentre erano presenti decine di persone ed è stato ripreso da più angolazioni. Alcuni passanti sono anche intervenuti in aiuto dell’agente, dandogli una grossa mano a immobilizzare il ladro. Una volta bloccato a terra il malvivente, è partito un applauso spontaneo.

La fuga tentata

Le informazioni ufficiali, al momento, sono stringate. Parlano dei quattro fermi, dei due colpi esplosi, di nessun ferito e di poco altro. Fra filmati e testimonianze da noi raccolte sul posto a intervento ancora in corso e nelle ore successive, è però possibile con ragionevole certezza dare qualche dettaglio in più. A partire dal fatto che i rapinatori sono stati colti in castagna dai due agenti in bicicletta, un uomo e una donna, per caso. Probabilmente sapremo solo in sede processuale perché i quattro abbiano deciso di agire in pieno giorno in una delle zone più trafficate della città, fra lavoratori e turisti, ma l’idea gli si è ritorta contro. Come riferitoci da più persone, all’arrivo dei poliziotti i ladri, probabilmente armati, stavano arraffando a piene mani i gioielli esposti in vetrina. Appena resisi conto della cosa, i due agenti hanno immediatamente lasciato le bici ed estratto le armi, intimando ai rapinatori di arrendersi. È in questa prima fase della rapina che uno di loro, tenendo in mano un sacchetto con la refurtiva, sarebbe riuscito a darsi alla fuga – verrà poi fermato poco dopo in zona cattedrale – e che sarebbe partito il primo colpo nel negozio. Dopodiché – siamo alla seconda fase, ripresa da diversi filmati – i due agenti hanno puntato le pistole verso l’interno della gioielleria e uno di loro ha intimato ai rapinatori di mettersi a terra, prima in italiano poi in inglese, cosa che fa supporre che chi ha tentato la rapina non fosse italofono. Malgrado le pistole puntate, un uomo ha tentato la fuga, ma è stato ostacolato dall’agente fuori dal negozio. Ne è seguita una colluttazione in cui il poliziotto ha combattuto corpo a corpo con la pistola in mano, che ha usato anche come corpo contundente. È durante questo scontro che, secondo le prime ricostruzioni, è partito il secondo colpo, che fortunatamente non ha colpito né i due in lotta né le numerose persone che si trovavano in zona in quel momento. Nel mentre la collega ha continuato a tenere sotto tiro i due rapinatori rimasti nel negozio e sul posto sono arrivati altri poliziotti.

Gli applausi dei presenti

In pochi minuti gli agenti giunti in supporto hanno provveduto a portare in centrale i fermati e a stabilire un perimetro per i rilievi della Scientifica. Nel tardo pomeriggio erano ancora in corso i primi interrogatori dei testimoni e degli impiegati della gioielleria. Decisive saranno verosimilmente anche le immagini della videosorveglianza del negozio. Testimoni hanno riferito di aver visto degli agenti mettere un sacchetto sulla mano del collega che ha sparato, probabilmente per aiutare a verificare la presenza di residui di polvere da sparo (cosa che va fatta nel giro di poche ore). L’operato dell’agente, benché applaudito dai presenti e sui social media, sarà probabilmente oggetto di accertamenti da parte delle autorità, se non altro per verificare se il suo agire fosse conforme alle regole di ingaggio. A questo proposito, la nota diramata da Polizia cantonale e Polizia di Lugano recita che «in due momenti distinti si è reso necessario (corsivo nostro) l’uso dell’arma di servizio».

«Sono riconoscente»

«Oggi la polizia di Lugano, con i suoi due agenti in prima linea, ha dimostrato quanto sia essenziale avere personale pronto e ben formato per intervenire in una situazione delicata», ha commentato la capodicastero Sicurezza Karin Valenzano Rossi. «Un grande ringraziamento ai due agenti, che prontamente sono intervenuti permettendo di sventare così la rapina, ma anche ai cittadini che hanno dato con coraggio il loro supporto. Oggi sono una capodicastero molto riconoscente».

Il precedente

La Taleda era già stata presa di mira una decina di anni fa da due rapinatori su mandato di un cittadino serbo residente in ex Jugoslavia. Anche in quel caso c’era stato un colpo di pistola. Lo aveva sparato, in aria, un agente di sicurezza privato. Il Consiglio di Stato, rispondendo a un’interrogazione, definì quella decisione incorretta rispetto alle tecniche in uso nella Polizia cantonale in quanto «potenzialmente pericolosa per terzi».

Il ricorso alle armi è un fatto molto raro: il precedente di Chiasso

Come detto, spetterà all’inchiesta stabilire la dinamica dei fatti e, soprattutto, le circostanze che hanno portato agli spari. Cifre alla mano, il ricorso all’arma di servizio da parte degli agenti è un fatto raro: nel 2023 in Svizzera le armi da fuoco sono infatti state impiegate in due occasioni. È il numero più basso degli ultimi quattordici anni. Una persona è rimasta gravemente ferita. Lo si evince dai dati resi noti a maggio dalla Conferenza dei comandanti delle polizie cantonali (CCPCS), secondo cui da diversi anni il numero d’interventi con armi da fuoco si mantiene a un livello contenuto. Il loro impiego, aveva precisato la CCPS, avviene sempre in base al principio della proporzionalità: l’uso di armi da fuoco è consentito solo se non è disponibile alcun altro mezzo più blando o più adatto. In Ticino, l’ultimo caso rilevante risale all’estate di quattro anni fa: nella notte tra il 20 e il 21 agosto, un richiedente l’asilo aveva forzato due posti di blocco e tentato di investire un agente, che si era visto costretto a sparare con l’arma d’ordinanza verso la macchina. Nei suoi confronti era stata aperta un’inchiesta, coordinata – come da prassi quando sono coinvolti membri delle forze dell’ordine – dal procuratore generale Andrea Pagani e sfociata in un decreto di abbandono nel settembre del 2021.
In questo articolo: