Tre anni all'ex presidente delle Ladies Lugano

Doveva salvare la squadra di hockey delle Ladies Lugano, ma a conti fatti ha solo rischiato di accelerare ciò che poi è accaduto lo scorso aprile: lo stop delle attività. L’uomo a cui la società sportiva (non affiliata all’HC Lugano) si era affidata aveva infatti alle spalle una lunga serie di fallimenti, di cui oggi ha dovuto pagare il conto. La Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta l’ha infatti condannato a tre anni di carcere (11 mesi da scontare) e all’espulsione per otto. Nell’atto d’accusa delle Ladies però non si parla. Ma solo - è la forte impressione - perché è stato fermato prima che potesse fare danni anche lì. Essendo in carcere da ormai un anno, l’uomo, difeso dall’avvocato d’ufficio Alain Susin e da quello di fiducia Samuele Scarpelli (non presente in aula) tornerà a breve a piede libero.
L’imputato è un 45.enne italiano residente nel Luganese e reo confesso, che oggi in aula ha detto che la sua professione era quella di «acquisire società in difficoltà per rilanciarle». «Ma poi - ha aggiunto - ho preso una rotta che mi ha portato a fare tanti sbagli». In effetti l’atto d’accusa stilato dal procuratore generale sostituto Andrea Maria Balerna è corposo: una truffa COVID da 400.000 franchi, alcune a società di leasing e altre a persone a cui aveva promesso investimenti inesistenti; amministrazione infedele aggravata e ripetuta a danni di sei società a lui riconducibili, per un danno al patrimonio di oltre 800.000 franchi; ripetuta bancarotta fraudolenta e frode del pignoramento in relazione al fallimento di tre società e ripetuta cattiva gestione in relazione a cinque società. Vi è poi una sistematica omissione della contabilità, nonché una ripetuta appropriazione indebita di imposte alla fonte e l’occasionale falsità in documenti necessaria a coprire le proprie tracce. In tutto questo diverso denaro è stato dirottato nelle sue tasche, senza che ne avesse diritto. Difficile quantificarlo, ma almeno diverse centinaia di migliaia di franchi.
Ne esce, insomma, il ritratto di un «trafficone» capace di muoversi per anni (i reati sono spalmati su un decennio) ai limiti della (il)legalità. A essergli infine fatali sono stati i crescenti sospetti sui numerosi fallimenti che aveva alle spalle. È possibile che l’accettare una carica un po’meno anonima quale è la presidenza di un club di hockey abbia concentrato maggiormente i riflettori sulla sua figura. In questo senso l’impressione è che con la presidenza delle Ladies avrebbe potuto ottenere credibilità e conseguentemente più facile accesso a linee di credito e possibili nuove vittime.