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Tre partenze e una vendita illustre, Corso San Gottardo perde pezzi

Entro fine anno tre professionisti lasceranno il salotto buono di Chiasso, mentre il bar City cederà la propria attività – Carlo Coen: «Esiste un problema e serve una presa di coscienza collettiva di politica, cittadini e commercianti, altrimenti si chiude»
© CdT/Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
21.12.2022 06:00

«La domanda non è perché me ne vado, ma perché dovrei rimanere». Tra i commercianti di Corso San Gottardo è iniziata la conta: entro fine mese tre liberi professionisti lasceranno il salotto buono della city. E un quarto cederà la propria attività.

«Quattro partenze in un colpo solo sono tante. Troppe. Anche per chi si ostina a non vedere il problema», commenta con una punta di rabbia Carlo Coen, presidente della Società dei commercianti del Mendrisiotto (SCM). In centro c’è sempre meno gente, alle 18 il Corso è deserto e il malcontento serpeggia tra i commercianti, spiega Coen: «Purtroppo non vedo un grande futuro per le piccole attività, ma credo anche che i residenti abbiano delle responsabilità». Il riferimento di Coen va a chi per ogni piccola spesa (dal caffè al parrucchiere) si sposta a Ponte Chiasso. «Chiassesi che non spendono un franco in città e che poi magari si lamentano perché alle sei di sera è tutto chiuso, senza peraltro conoscere cosa offrono i nostri negozi». E i commercianti - chiediamo - loro non hanno responsabilità? «Certamente. Anche noi dobbiamo imparare a venderci meglio, a cominciare dagli aperitivi che sono un biglietto da visita per tutta la via, uno stimolo e un richiamo». Un po’ come in Italia, spiega Coen. «Non dico d’inverno. Basterebbe il resto dell’anno, quando stare fuori è piacevole». Insomma, il presidente dei commercianti fa mea culpa, anche se non manca di lanciare qualche frecciatina nei confronti della città: «Corso San Gottardo è un bel salotto. Vuoto, però. Da anni dico che manca l’arredo urbano». Il problema, però, è più complesso, e Coen lo sa benissimo: «Aprire un’attività in zona di frontiera è diventato più complicato». Improvvisare un paragone con gli anni d’oro di Chiasso, quando la piazza finanziaria trainava ogni attività, tuttavia non ha più senso. «Eppure, oggi non si può stare con le mani in mano. Noi commercianti dovremmo diversificare l’offerta, conoscere meglio cosa cerca la clientela e utilizzare di più i canali social per promuovere le nostre attività». Ognuno, insomma, ha le sue responsabilità. «Intanto, però, a Chiasso, si chiude. Le ultime quattro partenze non sono un buon segnale», conclude Coen.

Chiasso è stata una scommessa persa, vorrei tornare indietro e non ripetere l'errore che mi ha condotto qui
Sonia Quinzi, titolare della OrthoCare Swiss

«Chiasso è stata una scommessa persa», commenta senza mezzi termini Sonia Quinzi, titolare della OrthoCare Swiss, una delle attività che a fine mese, dopo 7 anni al civico 10, lascerà Corso San Gottardo. «Vorrei tornare indietro e non ripetere l’errore che mi ha condotto qui. Avrei dovuto andarmene via prima». Il problema? «Su quest’ultima parte del Corso non c’è passaggio. Dovrebbe trascorrerci una settimana per capire di cosa parliamo». L’imprenditrice parla di un impoverimento generale, un segnale che non lascia tranquillo chi ha un’attività in zona: «Negli ultimi sei mesi, il numero dei clienti che chiedono di pagare a rate i nostri servizi medici, peraltro coperti dalla cassa malati, è aumentato».

Dal numero civico 10 al 9. La sostanza, però, non cambia: un’altra partenza. Anche questa a fine mese. L’imprenditore Mauro Damian - titolare della NVP International, ditta che si occupa di sanificazione sanitaria - lascerà magazzino e uffici. «Non vedo perché dovrei restare a Chiasso dove i costi sono maggiori e l’offerta cittadina scarseggia su ogni fronte». Da dieci anni attivo sul territorio, l’imprenditore, originario del veneto, importa macchinari per la sanificazione dell’aria. «Lavoriamo con grandi gruppi e Stati, ma quando devo accogliere clienti in ufficio dopo le 17, mi viene male». Insomma, il santo non vale la candela. Restare a Chiasso, sul Corso, non ha grandi vantaggi: «Ho bisogno di un magazzino più grande e accessibile, potrei continuare a mantenere gli uffici dove sono ora ma per chi?», conclude Damian.

Dal civico numero 9 all’8. Al Fakher, il negozio specializzato nella vendita di tabacco e accessori per narghilè, a fine mese, abbasserà la serranda. Sherif è il proprietario. Ha 65 anni: «Sono dispiaciuto, ma ho paura che se vado avanti così accumulo solo debiti». Vorrei lavorare, ci dice, «mi piace lavorare duro, ma la piazza è cambiata, e non in meglio». Il colpo di grazia, Sherif lo ha incassato con l’ultimo drastico aumento della tassa sul tabacco imposta dalla Confederazione: «Il prezzo è schizzato alle stelle. A queste condizioni non posso più lavorare. Piuttosto che i debiti, meglio la chiusura». Prima la pandemia, poi la guerra. «Aggiungiamo che da 5 mesi ho il vetro del negozio rotto, che i proprietari non cambiano. E che, per precauzione, è stata collocata una transenna davanti. Non ci sono prospettive. O si chiude o si vende».

Più sfumata invece la situazione al City bar. «Vendo per motivi personali che non riguardano la pandemia o la crisi, anche se effettivamente, sul Corso i passaggi sono diminuiti. Per un bar però è diverso», ci conclude il titolare.

C’è tutta una parte del Corso che resiste con negozi che offrono articoli di qualità. Chi oggi lascia è perché vende prodotti per i quali non c’è massa critica
Sonia Colombo Regazzoni, responsabile del Dicastero territorio

«Ma il Municipio non ha nulla da rimproverarsi»

«Su Corso San Gottardo ci sono anche attività che lavorano bene», commenta il sindaco di Chiasso, Bruno Arrigoni, il quale tuttavia ammette: «Nell’ultimo anno i passaggi effettivamente sono diminuiti». Il motivo? «La città è stata particolarmente penalizzata dal telelavoro, e ora l’impressione generale è che molte aziende stiano continuando a lavorare in modalità home office». Arrigoni, insomma, riconosce il problema: «Siamo al corrente delle difficoltà dei commercianti. L’intenzione ora è approfondire il discorso con il comitato SCM». Ma è chiaro, conclude Arrigoni: «Ognuno deve fare la sua parte, anche i commercianti».

«Sono dispiaciuta per le partenze, soprattutto per la OrthoCare che offriva servizi ortopedici alla popolazione più anziana. C’è tutta una parte del Corso che tuttavia resiste con negozi che offrono articoli di qualità. Chi oggi lascia è perché vende prodotti per i quali non c’è massa critica», commenta dal canto suo la responsabile del Dicastero territorio, Sonia Colombo Regazzoni. «Concordo sul fatto che svolgere un’attività sul confine oggi è più complicato, ma si tratta di una contingenza che dura da oltre un decennio, e non è certo il Municipio di Chiasso che può invertire la rotta, specie in questo momento congiunturale di forza del franco e con un’offerta maggiore oltreconfine». Se i commercianti dovessero avere idee, le suggeriscano, conclude Regazzoni: «Sia chiaro, però, la Città non trascura nessuno e, nel limite delle sue possibilità, cerca di sostenere tutte attività economiche».

«I commerci in Ticino sono in difficoltà un po’ ovunque, e Chiasso non sfugge dalla situazione», commenta il responsabile del Dicastero sport e tempo libero, Davide Lurati. «Il Comune, tuttavia, negli ultimi sei anni si è impegnato a promuovere innumerevoli eventi con l’obiettivo di attirare gente e creare indotto per esercenti e commercianti», spiega Lurati. «Il Municipio su questo non ha nulla da rimproverarsi. Certo, si può fare di più, ma l’impegno non è mancato». L’ultimo esempio è il capannone per i Mondiali in piazza Municipio, o la collaborazione per il mercatino di Natale, con le 200 bancarelle che lo scorso 8 dicembre hanno attirato diverse centinaia di persone nel capoluogo. Lurati tuttavia non nasconde le difficoltà del settore: «La fortuna e la sfortuna di Chiasso sono legate alla frontiera». Come dire, tentare un rilancio oggi, forse, presenta più rischi che opportunità.

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