Confine

Trota marmorata a rischio: ecco come nel Varesotto si cerca di salvare il pesce dell'anno

All’incubatoio ittico «La Madonnina», a Maccagno con Pino e Veddasca, si compiono le attività di spremitura, fecondazione e incubazione: «I pesci, ovviamente, arrivano anche in acque svizzere»
Andrea Camurani
04.01.2024 11:00

È stata definita «ambasciatrice della biodiversità» poiché emblema di qualcosa di unico e al contempo di estremamente fragile: la trota marmorata è in difficoltà per via della forte antropizzazione degli habitat naturali che mettono a rischio la sopravvivenza della grande trota dei laghi e dei fiumi prealpini dove da sempre questo predatore d’acqua dolce che può arrivare a pesare diversi chili vive confondendosi nei greti d’acqua corrente come nei fondali cristallini dei laghi.

Allarmi lanciati dalla Federazione di pesca svizzera, e che suonano anche oltre confine, tanto che da anni è attivo l’incubatoio ittico «La Madonnina», con le grandi vasche a ridosso della montagna che si trovano sulla riva Nord del torrente Giona, a Maccagno con Pino e Veddasca, dove si compie qualcosa che da tempo somiglia ad un rito, vale a dire la «spremitura» dei pesci: migliaia di uova che vengono poi fatte dischiudere e fecondate per far nascere gli avannotti della «regina». Si tratta di pesci di pochi centimetri rilasciati per lo più a inizio primavera, e dallo scorso anno addirittura fatti nascere direttamente nei torrenti delle vallate prealpine lombarde, specialmente del Varesotto grazie alla tecnica del «cocooning», cioè la creazione di nidi artificiali fra pietre che formano nel letto del fiume che offre una percentuale di sopravvivenza di gran lunga superiore a quelle in ambiente artificiale: una sorta di «tana» realizzata con materiale reperibile sul posto e al 100% naturale.

Certo, è questione di scienza. Ma anche di braccia: questo lavoro comprende sacrifici, a volte levatacce prima del lavoro per fare il «giro» all’incubatoio, gestito dall’ASD (associazione sportiva dilettantistica ndr) Pescatori Alto Verbano, realtà composta di appassionati di pesca, ma prima ancora di amanti della natura. Le attività di spremitura, fecondazione e incubazione andranno avanti fino a febbraio inoltrato anche se per ora gli ultimi dati a relativi al lavoro dell’incubatoio ittico di Maccagno segnano per la trota marmorata 115.000 uova fecondate e messe a dimora in incubatoio, frutto delle prime tre spremiture e che si dovranno sommare a quelle che si protrarranno fino al termine della stagione riproduttiva. Salmo marmoratus (il nome scientifico del pesce) è stata valutata per l’Italia come in pericolo critico di estinzione, e con popolazioni in decremento secondo l’Unione mondiale per la conservazione della natura, e risulta una specie protetta a livello comunitario dalla «direttiva Habitat». È su questi presupposti che l’incubatoio ittico svolge un ruolo fondamentale per la conservazione della specie.

«Siamo di fronte ad un animale in via di estinzione, lo dice l’Unione europea», spiega Rolando Saccucci, presidente della ASD Pescatori Alto Verbano che gestisce con i suoi volontari - a titolo completamente gratuito - l’incubatoio di Maccagno. «I pesci allevati e immessi sono autoctoni, e rientrano nel ceppo della “marmorata del Toce”, quindi non risulta ibridata con la trota Fario. I ripopolamenti, attraverso la semina di avannotti ma sempre più spesso col sistema del cocooning avvengono in acque italiane, ma alcuni esemplari sono stati dotati di trasmettitori acustici nel corso di alcuni studi “Cnr-Irsa“ (Istituto di ricerca sulle acque ndr) di Verbania e hanno dimostrato una grande mobilità delle marmorate, che ovviamente arrivano anche in acque svizzere». Una strada letteralmente in salita, legata alla conservazione di questi pesci tipici della fascia prealpina e messi a rischio dagli sbarramenti dei corsi d’acqua: «La marmorata vive nel lago, ma si riproduce nei fiumi, e se non trova scale di risalita la sua riproduzione è a rischio: non siamo di fronte a salmoni, in grado di saltare anche diversi metri per superare gli sbarramenti naturali dei fiumi», aggiunge Saccucci. Ma esiste un’altra insidia per la conservazione della marmorata di casa nostra. Ed è ben più grave, poiché si chiama riscaldamento globale. «Le marmorate sono animali che si riproducono nel periodo invernale con una temperatura delle acque al massimo di 9-10 gradi. Con le temperature sempre più alte delle acque di fiumi e laghi, le schiuse sono a grave rischio. Per questo due anni fa Regione Lombardia ha finanziato un impianto di refrigerazione che permette nel nostro incubatoio di tenere l’acqua a sei-sette gradi centigradi». Una temperatura ideale per garantire la riproduzione di questi pesci, così da cercare di combatterne l’estinzione, seppur a costo di grandi fatiche.