Giustizia

Truffa dei garage e clienti-complici

Quattro anni fa esplose il (primo) caso che coinvolse tre attività del Mendrisiotto e due del Luganese - Ad oggi il Ministero pubblico ha emesso un’ottantina di decisioni
Nei garage finito sotto la lente degli inquirenti si simulavano dei sinistri, anche con metodi creativi. © CdT/Chiara Zocchetti
Stefano Lippmann
23.03.2021 06:00

I «blitz» della Polizia giudiziaria, tra il dicembre del 2016 e il febbraio del 2017 avevano scoperchiato, senza dubbio, il proverbiale Vaso di Pandora. Poco più di quattro anni fa balzava infatti agli onori della cronaca quella che fu definita «La truffa dei garage». In poche settimane gli agenti avevano infatti portato alla luce un sistema di raggiro alle compagnie assicurative. Come? Soprattutto attraverso la simulazione e la creazione intenzionale di sinistri. Nei primi mesi l’inchiesta (o meglio delle inchieste, visti i vari filoni aperti) coordinata dal sostituto procuratore generale Andrea Maria Balerna aveva portato al fermo di una decina di persone. Cinque, tra garage, carrozzerie e autoconcessionarie, erano finte al centro del polverone: due nel Luganese (una a Pambio Noranco) e tre nel Mendrisiotto: a Mendrisio, Capolago e Riva San Vitale. In manette erano finiti i titolari e, in alcuni casi, anche dei dipendenti.

Il benestare dei proprietari

A distanza di 4 anni, il lavoro del Ministero pubblico non è ancora terminato. E, va detto, nulla centra con gli ulteriori casi venuti alla luce negli anni seguenti, segnatamente nel gennaio del 2018 con gli arresti avvenuti in una concessionaria di Mendrisio e nel gennaio del 2020, sempre a Mendrisio. Inchieste coordinate dalla procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti. Per la «prima» inchiesta, come detto, si è ancora al lavoro. Ciò nonostante – ci conferma il Ministero pubblico – sono già state emanate un’ottantina di decisioni. Si tratta in larga misura di decreti d’accusa (ma pure decreti d’abbandono e di non luogo a procedere) nei confronti dei clienti dei garage. Diversi sono cresciuti in giudicato, mentre altri sono stati oggetto di opposizione. Emerge, ad ogni modo, che in molteplici episodi i garagisti hanno operato con il benestare dei proprietari delle auto. Per quel che concerne i vari titolari si dovrà ancora attendere un po’. Nello specifico, per quanto riguarda i due garage del Luganese si è in fase di chiusura dell’istruttoria. Per i tre ubicati nel distretto, invece, l’incarto è ancora aperto. Lo è perché si stanno ancora determinando le responsabilità delle posizioni principali come pure in virtù del principio dell’unità della procedura. In parole povere, l’inchiesta sta ricostruendo quanti e quali dei molteplici episodi siano riconducibili ai singoli imputati. Solo una volta appurati i vari reati (con eventuali correità o partecipazioni) si procederà con un unico rinvio a giudizio. E l’elenco, a ben vedere, potrebbe essere molto lungo. Tra le ipotesi di reato a carico degli imputati vi sono la truffa per mestiere e la falsità in documenti.

Graffi uniti, gessi e saliva

Per truffare le compagnie d’assicurazioni erano stati usati diversi metodi, anche «creativi». In uno dei garage al centro dell’inchiesta, c’era un’auto che fungeva da «ariete» per creare i danni. In un altro, grazie a un po’ di gesso, saliva e un’immagine scattata con il telefonino, si riusciva ad annunciare la rottura di un parabrezza (che in realtà era intatto). Una pratica, questa, che funzionava bene perché per un danno al parabrezza le assicurazioni tendevano a non attivare il perito per i controlli. Considerato un danno di circa un migliaio di franchi, infatti, non era economico intervenire con un’ulteriore verifica.