Tutte le insidie del lago, «Serve maggiore prudenza»

Sabato scorso un 35.enne etiope è stato trovato sul fondo della piscina del lido di Lugano. Martedì un bambino di cinque anni ha rischiato di annegare nella piscina del Centro sportivo di Tenero durante un corso di nuoto. Giovedì, infine, nel giro di un paio di ore hanno perso la vita un 75.enne obvaldese nel lago Maggiore, al largo del lido di Gerra Gambarogno, e un cinquantenne di origine eritrea alla foce del fiume Cassarate a Lugano. Si sarebbe tuffato nel tentativo di aiutare un giovane in difficoltà per poi sparire nelle acque del Ceresio. Dopo il drammatico bilancio degli ultimi giorni, il problema della sicurezza in acqua torna di attualità.
«L’imprevisto dietro l’angolo»
«Difficile trovare un denominatore comune - dice Boris Donda, presidente della commissione «Acque sicure» -. Ogni anno cerchiamo di fare il massimo, ma l’imprevisto è dietro l’angolo e basta un attimo per arrivare alla tragedia». Dal 2007 al 2020 nel nostro cantone ci sono stati 60 annegamenti. Ben 34 solo negli ultimi cinque anni. Lo scorso anno, ricorda Donda, ci sono stati due casi nei fiumi, tre nei lago e uno in piscina. «Quest’anno invece ci preoccupano i due episodi avvenuti nelle piscine. Luoghi nei quali, vista la presenza dei bagnini, non dovrebbero esserci annegamenti. Bisognerà capire cosa è andato storto e dove è possibile migliorare ancora». Normalmente nei mesi successivi a un incidente in acqua, «ci confrontiamo con la Polizia per capire se ci sono margini di miglioramento e in quali ambiti dobbiamo muoverci. Ad esempio, dopo i diversi incidenti che hanno coinvolto i canyonisti, abbiamo messo a punto un nuovo manuale».
Attenzione a bambini e anziani
A qualche settimana dal lancio della campagna «Acque sicure», Donda torna a ribadire che «è la prudenza a fare la differenza». Soprattutto quando si parla di bambini e anziani, le due categorie su cui ha deciso di concentrarsi la campagna e che «purtroppo sono fra le vittime degli ultimi incidenti». I bambini, sottolinea, «devono essere sempre sorvegliati dai genitori, non vanno lasciati soli nemmeno per pochi istanti». Molto spesso, infatti, come ci spiega il presidente della Salvataggio Lugano Franco Zehfrus, «i bambini quando si trovano in difficoltà non emettono alcun grido di allarme. Spariscono sott’acqua in maniera silente. Proprio per questo non vanno persi di vista». Preoccupante, inoltre, anche il numero degli anziani annegati negli ultimi anni. Tragedie che, secondo Donda, sono più numerose in Ticino rispetto al resto della Svizzera. «Tra le persone anziane c’è sempre più l’abitudine di fare una nuotata al mattino presto o alla sera. La maggior parte delle volte da soli. Questo è un problema, perché essere accompagnati da un amico o da un familiare significa poter contare su qualcuno che possa dare immediatamente l’allarme in caso di difficoltà». È sufficiente essere colti da un crampo o da un malore per non riuscire più a tornare a riva. In questo caso, quindi, «chi nuota nelle acque libere dovrebbe avere una piccola boa attaccata e cercare di non nuotare verso il largo, ma mantenendosi paralleli alla riva. In modo che con un paio di bracciate si possa tornare indietro rapidamente».
Il posto e i propri limiti
Quando ci si tuffa in acqua lo sbalzo di temperatura, le correnti e il vento possono rappresentare un pericolo. «È importante bagnarsi gradualmente prima di immergersi completamente e, soprattutto, conoscere il posto in cui ci si trova e conoscere i propri limiti. Dopo una giornata impegnativa, ad esempio, è meglio evitare di fare sforzi eccessivi e magari anche rinunciare a buttarsi in acqua». Non solo: specialmente i turisti, dovrebbero sempre informarsi sul luogo, «chiedendo a chi conosce il posto se ci sono difficoltà o correnti a cui fare attenzione. Basterebbe, banalmente, guardarsi attorno e osservare il comportamento degli altri bagnanti. Solo la prudenza può garantire la sicurezza».
Sicurezza alla foce
Ogni anno, poi, torna il tema della sicurezza alla foce. La Città, ricordiamo, non può impedire la balneazione. La zona è conosciuta per essere un punto di balneazione rischioso, in particolare per chi non è un buon nuotatore. Da un lato la corrente fredda del fiume si mescola all’acqua tiepida del lago Ceresio, aumentando le probabilità di subire crampi o shock termici. Dall’altro, nei pressi dello sbocco il fondale muta in continuazione a causa della forza delle correnti. In pochissimo tempo possono dunque crearsi buche o avvallamenti. Un passo sbagliato e l’acqua diventa subito profonda. L’idea, allora, potrebbe essere di assumere alcuni bagnini. «Dopo alcune valutazioni, non era stato ritenuto necessario presidiare la zona con i bagnini», spiega Donda. «La Città ha però deciso di mettere alcuni cartelloni, invitando alla prudenza. Forse, dopo il caso di giovedì, la questione verrà riesaminata. Di base, però, le persone dovrebbero rendersi conto del pericolo. Usare la testa». Anche Zehfrus invita alla responsabilità individuale. «Spesso è il bagnate che non si accorge dei rischi», dice. «E tanti non sanno nuotare. Avverto troppa leggerezza, ma non si può scherzare con la propria vita o quella degli altri. Mettere alcuni bagnini sul posto? Non servirebbe granché: è difficile lottare contro l’incoscienza di alcune persone. Serve, appunto, maggiore responsabilità da parte dei bagnanti». E ragionare, come sottolinea ancora Donda, anche quando ci si trova di fronte a una persona in difficoltà in acqua. «Se rischia l’annegamento un proprio familiare è chiaro che prevale l’istinto: si pensa solo a tentare di salvarlo, senza badare alla propria condizione. Una volta tratta in salvo la persona in difficoltà, però, spesso si è sfiniti o si accusa un malore, rischiando l’annegamento». Se non si ha esperienza «è meglio chiamare i soccorsi, coinvolgere le altre persone presenti sul posto. Cercando sì di aiutare, ma senza mettere sé stessi in pericolo».