Previdenza

Un anno da dimenticare per l’IPCT

La cassa pensioni dello Stato chiude l’esercizio con un rendimento netto del -9,16% – Il grado di copertura passa dal 69,6% al 62,6% – Pesano l’andamento dei mercati azionari, l’inflazione e l’aumento dei tassi – Attesa per il messaggio sulle misure di compensazione
© CdT/Chiara Zocchetti
Giona Carcano
06.07.2023 20:01

«Il peggior risultato dalla grande crisi finanziaria del 2008». Nel suo rapporto d’esercizio, l’Istituto di previdenza del Cantone Ticino (IPCT) non ci gira attorno: il 2022 è stato un anno da dimenticare per la cassa pensione dei dipendenti dello Stato, così come per  gli altri istituti di previdenza svizzeri. A pesare sono state le «performance» molto negative dei mercati azionari e obbligazionari, che hanno trascinato verso il basso i rendimenti delle casse. La causa del panico sui mercati? La guerra in Ucraina, il ritorno dell’inflazione e il conseguente aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali. Il tutto in un contesto di timori di una recessione nei Paesi occidentali.

«Quasi un unicum»

Nel dettaglio, l’IPCT ha generato un rendimento netto del -9,16%, a fronte di un 2021 concluso a +5,20%. A risentirne è stato quindi il grado di copertura, crollato di 7 punti percentuali (dal 69,6% di fine 2021 al 62,6% di fine 2022). «Ci si allontana così dal grado di copertura del 67,7% previsto dal piano di finanziamento », commenta l’Istituto. Tuttavia, nonostante la performance negativa, l’obiettivo legislativo cantonale di raggiungere entro il 2052 un grado di copertura pari all’85% non è in pericolo.

In generale, come ricordato nel rapporto, l’IPCT non è il solo istituto ad aver visto scendere in modo significativo il rendimento netto: secondo UBS, la media delle casse pensioni è stata del -9,58%.

«Sia i mercati azionari, sia quelli obbligazionari hanno subito perdite importanti», commenta, da noi contattato, il direttore dell’IPCT Daniele Rotanzi. «Il 2022 è stato un anno eccezionale: di solito, infatti, i portafogli delle casse pensioni sono diversificati proprio per permettere di compensare eventuali perdite. Purtroppo, lo scorso anno entrambi i comparti principali (azioni e obbligazioni) sono scesi fortemente, ciò che rappresenta quasi un unicum nell’ultimo trentennio». Tuttavia, se il costo del denaro dovesse mantenersi in territorio positivo anche in futuro, sono da attendersi dei benefici per le casse pensioni. Ancora Rotanzi: «Se da una parte l’aumento dei tassi ha avuto un impatto negativo sul corto termine determinando un’importante contrazione del valore dei titoli obbligazionari nel corso del 2022, dall’altra, sul medio-lungo termine, le prospettive di rendimento degli istituti di previdenza migliorano, ciò che può avere un effetto positivo sia sui gradi di copertura sia sul livello dei tassi di conversione».

Nessun allarmismo

La riduzione del rendimento è un fattore di preoccupazione per l’IPCT, tuttavia non bisogna allarmarsi troppo. «Le casse pensioni hanno una visione di lungo termine e oscillazioni dei rendimenti nel corto termine sono normali», spiega il direttore. «Nel 2019, ad esempio, avevamo fatto segnare un rendimento del +10%. E da inizio anno, siamo a un rendimento del +3,6% circa». A fare testo è la media pluriennale. «Se guardiamo alla media degli ultimi 10 anni, l’IPCT presenta un rendimento superiore al 3%. Un valore che rientra nelle attese». Discorso simile anche per il grado di copertura degli assicurati attivi, sceso al 7,2% (25% a fine 2021). In questo caso, come evidenziato nel rapporto, se l’indicatore dovesse scendere sotto la soglia dello 0% si imporrebbero misure immediate previste dalla legge federale, come l’abbassamento dell’interesse attribuito sugli averi di vecchiaia al di sotto del tasso minimo LPP. «È un dato da monitorare, ma anche in questo caso l’ottica è di medio-lungo termine», chiarisce Rotanzi. «La discesa osservata nel 2022 di questo indicatore, alla pari  dei rendimenti, non è dovuta a un problema di finanziamento, bensì a un anno particolarmente difficile sui mercati». 

La convenzione prevede che l’IPCT retribuisca il Cantone con un interesse pari a quello sopportato dello Stato per l’emissione di obbligazioni. Tuttavia, oggi la situazione è cambiata
Daniele Rotanzi, direttore dell'IPCT

Ora tocca al Governo

Per l’IPCT è un periodo intenso, anche sul piano politico. Nelle prossime settimane, ad esempio, è previsto l’arrivo del messaggio da parte del Consiglio di Stato sulle tanto discusse misure di compensazione.  Dopo diversi «round» di trattative (e alcune manifestazioni di piazza), a fine maggio sindacati e Governo avevano infatti trovato un accordo. L’intesa mira a compensare il taglio delle rendite già deciso dall’istituto, il quale prevede l’abbassamento del tasso di conversione dal 6,17% al 5,25%  entro il 2031. «Parallelamente – viene sottolineato nel rapporto d’esercizio –, sono state decise le misure di compensazione, sia di competenza del Cantone sia della cassa, volte a mitigare in maniera sostanziale gli effetti avversi dell’abbassamento dei tassi di conversione sulle future rendite». La misura di compensazione principale «è di competenza del Cantone e consiste in un aumento dei contributi di risparmio (a carico di assicurati e datore di lavoro) che permetta di mantenere invariato l’obbiettivo di rendita (pari attualmente a circa il 47,5% dell’ultimo stipendio assicurato)». Da parte sua, l’IPCT contribuirà attingendo da accantonamenti già predisposti allo scopo.

I 700 milioni sono bloccati

Un altro punto sensibile riguarda infine il risanamento della cassa pensione. Come noto, anziché versare un contributo a fondo perso di 500 milioni di franchi (come proposto dal Governo), il Gran Consiglio ha optato per costituire riserve di contributi per 700 milioni di franchi tramite emissione di obbligazioni. Tuttavia, la prima asta (giugno 2022) non è andata a buon fine. Ma da allora, le condizioni finanziarie sono peggiorate a tal punto da non permettere una nuova asta. Nel rapporto d’esercizio, l’IPCT evidenzia il rischio di investimento posto a carico dell’IPCT a seguito di quella decisione parlamentare, auspicando che i termini della convenzione vangano ridiscussi «al fine di meglio suddividere i rischi tra Stato e IPCT». «Quando è stata adottata questa variante, inflazione e aumento dei tassi di interesse erano completamente assenti dal contesto economico-finanziario», rileva Rotanzi. «La convenzione prevede che l’IPCT retribuisca il Cantone con un interesse pari a quello sopportato dello Stato per l’emissione di obbligazioni. Tuttavia, oggi la situazione è cambiata. Per indebitarsi a 30 anni, il Cantone deve prevedere costi non più dello 0,5%, bensì di oltre il 2%. Se i tassi dovessero tornare poco oltre lo 0 come nel 2021, cosa al momento altamente improbabile, la cassa potrebbe sostenere l’investimento. Altrimenti, come è il caso attualmente, no. Il rischio sarebbe troppo elevato». Al momento, dunque, i 700 milioni in obbligazioni dedicati al risanamento rimangono in attesa di un miglioramento dei tassi di interesse o di un nuovo accordo fra Stato e IPCT.