L'invenzione

Un collare contro le predazioni: «I primi test sono incoraggianti»

La situazione sugli alpeggi resta tesa – Il biologo Federico Tettamanti e il chimico Davide Staedler hanno messo a punto un sistema per proteggere le greggi dal lupo: «Non vogliamo alimentare false speranze» – Francia e Confederazione pronte a investire
Alpe Rompiago. © CdT/Chiara Zocchetti
Francesco Pellegrinelli
26.07.2023 06:00

La conferma arriva qualche ora dopo il nostro incontro sull’Alpe Rompiago, in Capriasca. Lo Stato francese finanzierà un progetto pilota nel dipartimento del Lot. Gli ultimi dettagli verranno discussi sul posto il 1. agosto durante un incontro con il prefetto di Parigi e i contadini della regione. Il test partirà il 15 agosto e interesserà un gregge di 300 pecore.

Federico Tettamanti e Davide Staedler sono un fiume in piena. Entrambi biologi - il primo specializzato in etologia, il secondo in chimica -, da due anni lavorano a un progetto innovativo che potrebbe aiutare gli alpigiani a convivere con il lupo. «L’idea è di creare una barriera olfattiva affinché il lupo non si avvicini alla preda. Per farlo usiamo una sostanza chimica naturale, i feromoni, che inseriamo in un apposito collare che viene applicato al collo dell’animale che si vuole proteggere».

A 1.275 metri di quota, lungo la strada forestale che porta al Monte Bar, Federico e Davide incontrano l’alpigiano e gestore dell’agriturismo Alpe Rompiago, Maurizio Minoletti. «Dobbiamo mettere un collare a un montone e riportare in laboratorio le vecchie dosi di feromoni. Vanno analizzate per capire la loro durata», spiega Staedler. «A casa dico che oggi il mio hobby preferito è andare in giro sulle Alpi a cambiare feromoni». Federico ride. «Ho messo da parte il mio spirito imprenditoriale per seguire l’impronta romantica del mio socio», aggiunge Davide. Il riferimento è sulla redditività dell’intera operazione: «Al momento è un progetto autofinanziato».

© CdT/Chiara Zocchetti
© CdT/Chiara Zocchetti

L’interesse è grande

L’interesse però non manca. I Grigioni sono pronti a testare il sistema su un gregge di 400 pecore acquistando 200 collari grazie alla partecipazione finanziaria dell’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM). «Per noi è una bellissima notizia, perché significa che la Confederazione crede nel progetto». Anche in Italia qualcosa si sta muovendo. «In Trentino abbiamo avviato le discussioni con le autorità regionali, mentre in Veneto un privato ha acquistato venti collari per tornare a occupare un alpe che aveva dovuto abbandonare a causa del lupo. In Francia, se tutto va per il verso giusto, l’anno prossimo introdurremo il sistema su larga scala». E in Ticino? «Dovevamo testarlo su due aziende, poi la notizia è girata. Oggi abbiamo 400 animali muniti di collare in 16 alpeggi diversi». L’Alpe Rompiago, appunto, è uno di questi.

Il grido di allarme

«Ci sono alpigiani che ci chiamano e dicono che siamo la loro ultima speranza», spiega Federico. Ogni attività economica presenta rischi imprenditoriali, ma quella dell’alpigiano, nel giro di pochi anni, è radicalmente cambiata a causa del lupo. A pagare lo scotto maggiore sono i piccoli allevatori che non possono permettersi un pastore. «In Ticino sono la grande maggioranza», aggiunge Tettamanti che ammette: «La situazione è tesa».

Lo scorso anno, le tensioni in Ticino sono sfociate in un gesto plateale. Un gruppo di allevatori ha scaricato davanti Palazzo delle Orsoline le carcasse di alcuni animali predati dal lupo. «Come è andata a finire? L’alpigiano ha preso una multa e ha dovuto pulire la piazza», commenta amareggiato Minoletti. «Che cosa è cambiato? Nulla. Quest’anno ci sono state due grosse predazioni, a Indemini e a Bosco Gurin, ma parlare di abbattimento in Ticino è ancora un tabù». Poi la stoccata finale. «A settembre mollo. Basta capre, basta formaggio». Minoletti cercherà di vendere il gregge puntando esclusivamente sulla ristorazione. Una rinuncia dettata soprattutto dal lupo. «Negli ultimi sette anni abbiamo perso più di 50 animali. Gli uffici cantonali preposti non fanno nulla. Il tempo di reazione mi sembra estremamente lento. Troppo lento».

© CdT/Chiara Zocchetti
© CdT/Chiara Zocchetti

Perché un collare?

«Quando ho immaginato il progetto - racconta Federico - cercavo una soluzione che potesse rispondere al problema dei piccoli alpeggi, dove gli animali per tradizione vengono lasciati liberi di pascolare incustoditi giorno e notte». Sono attività essenziali al mantenimento del territorio, aggiunge il biologo, ma la presenza del lupo rende questa pratica sempre più difficile. «Da una parte vogliamo che i nostri alpeggi siano mantenuti in ordine e conservati, dall’altra non ci rendiamo conto che la convivenza con il lupo sta diventando sempre più complicata». Di qui, appunto, la necessità di una soluzione che potesse seguire l’animale anche fuori da un perimetro preciso. «Abbiamo immaginato che i feromoni facessero al caso nostro e che l’idea di un collare fosse la soluzione innovativa», aggiunge Tettamanti. «Con il nostro progetto non vogliamo però alimentare false illusioni», rilancia dal canto suo Staedler. «Non garantiamo di azzerare le predazioni, ma di limitare gli attacchi». La cautela che accompagna i due ricercatori ticinesi - che fin qui avevano preferito non pubblicizzare la loro scoperta - sembra però trovare solide conferme nei primi test: «I riscontri sono positivi», osserva ancora Staedler. «Al momento l’evidenza suggerisce che il sistema funziona. A oggi, nessun animale munito di collare è stato attaccato dal lupo. E, in caso di attacco, nessuna bestia che aveva il collare è stata predata».

© CdT/Chiara Zocchetti
© CdT/Chiara Zocchetti

I primi test

Il primo test è stato condotto nel 2022 in Austria, al Tierpark di Buchenberg dove un branco di lupi è stato nutrito con 200 chilogrammi di carne per alcune settimane. «Successivamente, abbiamo posto accanto alla carne un collare con i feromoni e immediatamente i lupi hanno cessato di avvicinarvisi», spiega Staedler. Al primo esperimento in cattività è poi seguito un secondo in natura su un gregge di 50 pecore munite di 25 collari. Il test, tuttora in corso, è stato esteso a circa 400 pecore. «Come detto i risultati sono incoraggianti. Alcune predazioni si sono verificate, ma il lupo non si è mai scagliato contro un animale munito di collare. L’evidenza mostra quindi che, molto probabilmente, occorre un collare per ogni capo del gregge».

© CdT/Chiara Zocchetti
© CdT/Chiara Zocchetti

«I feromoni agiscono come una barriera»

La miscela di feromoni è avvolta in un sacchetto di plastica. Se si avvicina l’involucro al naso e si respira si sente un odore acre simile al tartufo. «Quando facciamo gli ordini, i colleghi ci maledicono per la puzza», spiega Staedler. È lui il chimico della squadra. «L’idea però è di Federico», precisa Davide. «Mi ha contattato un giorno dicendomi che se avessi trovato le molecole giuste in grado di comunicare l’elemento territoriale a un potenziale predatore, avrebbe potuto funzionare». Con il suo laboratorio basato a Losanna, Staedler rappresenta con la collega Fiorella Lucarini la parte più legata alla ricerca: «I feromoni sono molecole organiche relativamente piccole e volatili che gli animali percepiscono tramite il loro olfatto e che successivamente trasmettono al cervello tramite un segnale neurale. Così abbiamo selezionato tre molecole con una struttura chimica simile ai feromoni del lupo, con l’obiettivo di dissuadere il grande predatore dall’attaccare una preda».

© CdT/Chiara Zocchetti
© CdT/Chiara Zocchetti

Ma come funziona questo processo cognitivo che porta un lupo a non attaccare una preda munita di collare? «I feromoni sono sostanze chimiche prodotte dagli animali», aggiunge Tettamanti. «Queste sostanze vengono rilasciate nell’ambiente e possono influenzare il comportamento di altri individui della stessa specie». I feromoni svolgono quindi un ruolo cruciale nelle interazioni degli animali e possono essere utilizzati per marcare un territorio, attrarre sessualmente un partner o identificare i membri di una stessa famiglia. L’impiego principale dei feromoni oggi avviene soprattutto nell’industria degli insetticidi. Gli esempi più comuni sono le trappole feromoniche, che sfruttano specifici feromoni sintetizzati simili a quelli prodotti dalle femmine degli insetti nocivi. Nel caso della trappola feromonica, spiega Tettamanti, la sostanza chimica viene rilasciata nella zona interessata, attirando i maschi dell’insetto. Poiché i maschi vengono attirati nella trappola, si riduce la possibilità di accoppiamento e riproduzione. In questo modo, le trappole feromoniche aiutano a interrompere il ciclo riproduttivo degli insetti dannosi e a controllare la loro popolazione senza l’uso massiccio di pesticidi chimici. Nei mammiferi, prosegue Tettamanti, questa tecnica è ancora poco utilizzata. «La nostra idea è stata di utilizzare il feromone del lupo per dissuadere un altro lupo dalla predazione. In questo senso, agisce come frontiera. Si comunica al cervello del predatore che quella preda e quel territorio non gli appartengono». Il sistema è stato brevettato a inizio 2023, ma la vera barriera contro la concorrenza - conclude Staedler - è il rapporto di fiducia che è stato instaurato con gli alpigiani. «Se vendessimo semplicemente il collare online, il progetto non sarebbe mai partito». A fare la differenza è stato il lato umano. «Grazie a Federico e alle ore passate con gli allevatori, il progetto si è fatto strada da sé».

© CdT/Chiara Zocchetti
© CdT/Chiara Zocchetti
In questo articolo: